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BAIA E LATINA – Lo scrittore Pietro Boccia ci parla del suo ultimo libro: “La buona scuola”un analisi critica alla legge 107/2015.

(di Alessandro Staffiero) – Originario di Baia e Latina, il professore Pietro Boccia, laureato in filosofia e sociologia oltre che ex insegnate ormai in pensione,  giornalista, formatore di docenti, è un attivissimo scrittore. Sono più di 50 le sue pubblicazioni che spaziano tra manuali tecnici rivolti ad insegnati e dirigenti, a libri di testo, di sociologia, psicologia ed altro. Il suo ultimo lavoro s’intitola “La Buona Scuola”, analisi critica e commento della legge 107/2015″. Nell’introduzione al testo che parte dal racconto storico della scuola dall’800 ai giorni nostri, l’autore scrive: “Alla scuola italiana, che è stata, negli ultimi anni, tradita e snaturata dalle forze economiche e politiche dominanti, deve essere restituita la funzione sociale. Non si può, attraverso la scuola, tutelare l’interesse pubblico, conseguendolo con riferimento alle prestazioni. In tal modo tale interesse si smonta e si sostituisce con la commercializzazione di un servizio.“…..”È con i ministri Lombardi e Berlinguer che la scuola, snaturandosi, viene immaginata come un’azienda. Spingere la pubblica istruzione, da un diritto di ognuno ad acquisire gli strumenti per saper ‘leggere il mondo’, a muoversi in maniera adeguata in una società complessa e controllata dalle leggi violente del profitto e del mercato, a diventare una merce da piazzare e vendere sul mercato, ha certamente, da un lato, il significato di appiattimento della scuola, che è, invece, un bene comune e sociale, e, dall’altro, quello di produrre, nello stesso tempo, violenza sulla didattica attraverso i distruttivi meccanismi aziendali, incardinati sulla competizione, sulle gerarchie, sul conflitto permanente e sulla stortura che produce il denaro.” Una analisi, la sua ricca di spunti di riflessione e con una disarmante e nutrita serie di nozioni che sicuramente coinvolgerà il lettore e stimolerà la riflessione su questo tema così complesso e attuale. Lo abbiamo raggiunto nel suo studio circondato da libri e con la sua estrema gentilezza e disponibilità ha risposto alle nostre domande. Di seguito l’intervista.

  • La buona scuola è una disamina della omonima legge approvata dal Governo, a chi è rivolto il testo?

Quando si scrive un libro, l’autore spera che venga letto e discusso dalla maggior parte del pubblico. Il testo in questione, esaminando criticamente la legge n.107/205, è, comunque, diretto da un lato ai legislatori e agli studiosi e dall’altro, trattandosi di una legge vigente e operante, a chi è direttamente coinvolto, vale a dire studenti, genitori, dirigenti e docenti.

  • Molti contestano la riforma e ne mettono in dubbio la riuscita. Malgrado le finalità che servano per migliorare il sistema lei cosa ne pensa?

Una riforma di un’istituzione con un’elevata funzione sociale, com’è la scuola, non può, specialmente quando è pensata, come suggerisce l’Unione europea, per una crescita intelligente e inclusiva delle future generazioni, essere imposta da un gruppo di potere. Solitamente, quando le cose sono imposte, si ha (la storia insegna), come punto di riferimento il passato prossimo e remoto. L’arroganza, in tutti i campi, è, poi, sintesi di superficialità e d’incompetenza. Una proposta di riforma di una certa rilevanza, in una società democratica, prima viene esaurientemente discussa e solo dopo il legislatore, operando un’oculata sintesi, decide e approva. In tal modo si poteva costruire una scuola altamente formativa per tutti, laica e pubblica, pronta a indicare alle nuove generazioni un’idea di società aconfessionale, solidale, plurale, aperta al mondo, accogliente e inclusiva.

  • Uno dei punti duramente contestati della riforma è il potere che si dà al dirigente scolastico, in particolare alla scelta dei docenti che avverrebbe non più per graduatoria bensì direttamente. Lei cosa ne pensa?

Tra il disegno di legge e la legge n. 107/2015, com’è uscita dal Parlamento il 13 luglio 2015, c’è molta differenza. Il disegno di legge, sulla scia della proposta di legge dell’on. Aprea, prevedeva la chiamata diretta e insindacabile del dirigente. Con il comma 79 della legge n. 107 il dirigente scolastico propone gli incarichi triennali ai docenti che devono essere operati (comma 80) con criteri pubblici e trasparenti. “La trasparenza e la pubblicità dei criteri adottati, degli incarichi conferiti e dei curricula dei docenti sono – è scritto sempre al comma 80 – assicurate attraverso la pubblicazione nel sito internet dell’istituzione scolastica”. Con la legge 107, anzi, il ruolo del dirigente scolastico si è fortemente svalutato rispetto al D.Lgs. n. 165/2001, alla legge n. 15/2009, e al famoso D.Lgs. n. 150/2009, cosiddetto decreto “Brunetta”. Con il D.Lgs. n. 165/2001 il potere e la responsabilità dei dirigenti scolastici viaggiavano in perfetto equilibrio; con il D.Lgs. n. 150/2009 il rapporto di equilibrio tra l’una e l’altro si rompeva a favore del notevole potere che ogni dirigente scolastico assumeva nei confronti dei dipendenti; con la legge n. 107/2015 della “Buona Scuola” il dirigente scolastico diventa un leader educativo, dedicando maggiore attenzione all’organizzazione della vita scolastica. Egli, perdendo, così, potere rispetto alla legislazione precedente, viene caricato di sproporzionata responsabilità, cui sarà difficile far fronte senza incorrere nelle grinfie dei contenziosi giudiziari di tipo amministrativo e penale.

  • Nella sua Carriera di scrittore ci sono oltre 50 testi, vari manuali per gli addetti ai lavori, libri per studenti e pubblicazioni di sociologia e psicologia.  Qual’è il libro che ancora non è riuscito a scrivere?

Devo confessare che ancora non sono riuscito a pensare di scrivere un libro che non mi sia stato commissionato da una Casa editrice. Scrivo e lavoro con famosi editori (Liguori, Zanichelli, Simone, Psiconline, Maggioli, Edises e Anicia) che programmano pubblicazioni e cercano sul mercato autori, cui commissionare il lavoro. Ho lavorato sempre in questo modo. Sarebbe, comunque, interessante scrivere un libro in cui venga prospettato ai giovani l’importanza di ritrovare l’equilibrio tra gli ideali, che la globalizzazione ha fatto smarrire, e la cultura.

  • In base alla sua esperienza di sociologo e  di esperto di psicologia e quindi di contatto diretto con gli studenti, cosa suggerirebbe loro per riuscire a muoversi in questa scuola del XXI secolo?

La scuola del XXI secolo, soggetta a operare nella società globale, deve essere aperta a tutti e inclusiva. Essa deve aspirare a un presente proporzionato ai sogni delle nuove generazioni e immaginare un futuro possibile. Ai giovani studenti suggerirei, nel XXI secolo, di considerare importanti sia gli ideali sia le conoscenze. Farei capire che le società libere e democratiche si costituiscono su modelli di conoscenze e ruotano intorno agli ideali che gli uomini sanno elaborare. Anzi, le conoscenze e gli ideali possono trasformarsi in meccanismi propulsori, per costruire una società, eretta non solo sulla convivenza democratica, ma anche sulla consapevolezza che la diversità etnica e culturale, quando non supera la soglia di contaminazione, diventa, per tutti, una ricchezza e una risorsa per la crescita individuale e per la maturazione sociale. Ognuno avrebbe, così, l’opportunità di condividere o di fondare ideali e di acquisire sempre maggiori conoscenze. Le une e gli altri sono le basi per convivere, con equilibrio, nella complessa società di oggi, conflittuale e soggetta a veloci trasformazioni. Gli ideali sono punti di riferimento e tracciano la rotta alla quale tendere; le conoscenze, ottenute attraverso l’applicazione allo studio e l’esperienza, sono, a loro volta, la strada maestra, non solo per trasformare, gradualmente, in meglio ma anche per migliorare, in maniera continua, l’intero corpo sociale. I primi non devono porsi in contrapposizione alle seconde; gli ideali, quando non si avvalgono delle conoscenze, generano mostri. Nel Medioevo, ad esempio, gli uomini erano attaccati a saldi ideali (solidarietà, carità cristiana, amore per il prossimo), ma non possedevano delle valide conoscenze (le cause delle malattie contagiose non erano, pertanto, scientificamente conosciute e, giacché nei momenti di difficoltà ognuno cercava di stare con gli altri, si diffondevano per contatto). Le conoscenze, quando non hanno, come punto di riferimento, gli ideali, portano ad accogliere psicologicamente altre forme di mostruosità. Nel Novecento, ad esempio, la Germania ha prodotto il Nazismo e l’URSS ha reso possibile il “comunismo reale”. Quello tedesco era un popolo di filosofi, di scienziati e di artisti, ma ha concepito, giacché aveva smarrito gli ideali della libertà, della pace, della solidarietà tra i popoli, della giustizia sociale e della consapevolezza che l’uomo fosse un essere limitato e, quindi, non in possesso di verità da imporre agli altri, una delle più drammatiche tragedie della storia, vale a dire i “lager”. Pure il popolo sovietico, non riuscendo, attraverso il leninismo e lo stalinismo, a riportare a sintesi gli ideali (mancava l’ideale di libertà) e le conoscenze, ha, a sua volta, realizzato i gulag.

  • Il capo del Governo, Renzi,  ha dichiarato di essere aperto alle richieste di modifica,  cosa gli suggerirebbe?

La scuola di un Paese non può essere funzionale alla società. Sono state le scuole, nella storia dell’umanità, a essere punto di riferimento e a far progredire le società. La scuola-azienda, come prefigurata dai ministri Lombardi e Berlinguer, concepita dall’Aprea e realizzata da Renzi, rappresenta la fine dell’educazione e dell’istruzione di un popolo.

  • Uscendo dal tema trattato dal suo testo ma restando nell’ambito sociale ed in particolare agli ultimi fatti di cronaca che riguardano gli attentati in Francia, ci piacerebbe conoscere una sua visione della vicenda.

Con la lotta del sindacato, dei socialisti e dei popolari, nella seconda metà dell’Ottocento e nel Novecento, sono stati acquisiti diritti e sono state costruite, in 150 anni di lotte e di sacrifici, istituzioni con funzioni sociali, per alleviare il bisogno e la povertà. Dopo la caduta del muro di Berlino, termina la terza guerra mondiale (guerra fredda); il capitalismo finanziario e totalitario ha via libera ed è riuscito, convertendo anche le sinistre (comunisti e socialisti) al suo credo, a distruggere i diritti di ciascuno e di tutti, demolendo anche le istituzioni con funzioni sociali. Agli inizi degli anni Novanta inizia, con una nuova guerra, la voracità del capitalismo finanziario e totalitario nei confronti dei Paesi, possessori dell’oro nero, e di altri popoli. Oggi, l’Occidente, purtroppo governato da politici insignificanti, deve fare i conti con il terrorismo, che, in parte, ha prodotto. Per combattere il fenomeno del terrorismo non ci si può muovere isolatamente ma attraverso le organizzazioni internazionali. E’ l’Onu che dovrebbe avere un ruolo determinante e salvaguardare così ogni Stato membro dalle rappresaglie.

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