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CASERTA – Chiesa di San Pietro in Cattedra, una succursale del Comune di Caserta che amministra i beni pubblici

CASERTA (di Nando Silvestri) – Quanti casertani ricordano quell’ obbrobrioso e lurido obelisco a forma di corno piazzato dinanzi alla reggia vanvitelliana qualche tempo fa? Sicuramente tanti, forse troppi. Se ne è parlato addirittura a Verona e nel resto della penisola in modo assai poco lusinghiero per la città di Caserta. Quello che invece è sfuggito ai cittadini di Terra di Lavoro è stato il messaggio sottile, infelice e silenzioso divulgato così dall’ amministrazione comunale coram populo: “di Caserta non ce ne frega un corno”. Ecco la sintesi hegeliana degli orientamenti governativi locali condivisi e tacitamente supportati anche dalla chiesa. Difatti, taluni sacerdoti della città sono stati prescelti oculatamente dalle maestranze per legittimare in qualche modo lo stato di decadenza dilagante, per sfruttarlo ed affrancarlo da qualsiasi responsabilità politica. Tra i preti succitati emerge certamente per originalità e creatività la figura di frate Angelo Piscopo del rione Tescione, recentemente passato agli onori della cronaca locale per il placet ricevuto dai signori Del Gaudio e Corvino. Frate Angelo, intransigente e inflessibile messaggero dei valori cattolici ed apostolici, si è distinto tra l’altro per aver avallato lo stravolgimento della definizione di “bene pubblico” precisata perentoriamente dai manuali universitari di scienza delle finanze. Le panchine, che tempo addietro corredavano il marciapiede adiacente alla chiesa di San Pietro in Cattedra, offrivano ristoro ai numerosi passanti, viandanti, anziani, donne e bambini che si incamminavano verso il vicino ospedale civile di Caserta e dintorni, rientrando perciò a pieno titolo nella definizione di bene pubblico. Tuttavia le sedute succitate, pur essendo un bene collettivo, ovvero un bene condivisibile, indivisibile e non escludibile, sono state coattivamente prelevate e sequestrate alla comunità intera, per essere forzosamente “custodite” nelle aree di pertinenza della locale chiesa di San Pietro in Cattedra. Lo rivelano molteplici testimoni oculari e documentazioni fotografiche. Tenuto conto del disinteresse cronico delle istituzioni comunali nei confronti dei quartieri popolari della città, è un dato di fatto  ineccepibile che taluni cittadini come il sig Dau dell’attivo Comitato Civico Rione Tescione si siano invece autotassati per ripristinare autonomamente l’uso di altre panchine come quelle della vicina piazza Cavour, precedentemente dismesse, nel pubblico interesse. Poco importa se il signor Dau “andrà all’inferno”, come ha ventilato frate Angelo, fulminato forse dal dantesco misticismo di chi si illude di poter giudicare la provvidenziale autodeterminazione dei fedeli liberi. Sta di fatto che i beni pubblici non si toccano e chiunque ne disponga direttamente o indirettamente a proprio uso e consumo, anche se indossa abiti religiosi, commette un gesto improprio e disdicevole, condannabile tanto dalla religione cattolica quanto dalla società civile. Le istituzioni alle quali è stata sporta regolare denuncia devono farsene carico e risponderne per restaurare l’equilibrio violato, evitando di costituire inutili eccezioni, riserve e prebende di sorta, come sta già accadendo. E’ lecito pensare che la denuncia in oggetto e quelle che verranno possano aiutare il difficile compito del sindaco in un momento così delicato come quello attuale. Lo pensano anche i bambini della scuola elementare di piazza Cavour, i loro genitori e gli innumerevoli anziani che popolano il rione Tescione quando, camminando, rischiano di cadere e ferirsi gravemente nelle profonde ed estese fratture presenti sull’asfalto da anni per via dell’incuria madornale di vigili e amministratori tutti. 

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