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PIGNATARO MAGGIORE – Bancarotta, sotto processo i fratelli Borrelli

PIGNATARO  MAGGIORE – Bancarotta fraudolenta per oltre due milioni e mezzo di euro. Alla sbarra i fratelli Vito e Pietro Borrelli, noti imprenditori commerciali di Pignataro Maggiore nel settore dell’abbigliamento, finiti sotto processo insieme ad Antonio Izzo, commerciante, che rilevò la società dei Borelli investendo dieci mila euro e fallendo subito dopo. Izzo dai Borrelli ereditò una società sull’orlo del tracollo già piena di debiti. Davanti ai giudici della sezione penale presieduta dal dottor Ciocia del tribunale di Santa Maria Capua Vetere l’altro ieri è stato sentito il consulente che ha curato la pratica del fallimento e che ha accertato l’enorme passivo che vi era nei documenti contabili.
Una consulenza molto articolata fatta dall’avvocato Simeone in quanto buona parte dei libri contabili, secondo la denuncia che era stata fatta dai Borrelli, era stata derubata insieme ai computer che erano nell’ufficio del deposito a Pignataro. Il passivo dai dati accertati dal consulente, sentito dai giudici, era nei confronti di numerose ditte fornitrice del nord Italia e dell’Europa.
La società incriminata è la Swingle per la quale la procura ha chiesto ed ottenuto il processo per i Borrelli, nota famiglia di imprenditori con numerosi negozi di abbigliamento tra Pignataro e Vairano. Per la Procura l’accusa è di aver sottratto beni per un valore di due milioni e mezzo al fallimento che dovevano servire a pagare i creditori. Ciò che fu trovato fu solo un ammasso di vestiti messi alla rinfusa all’interno di un deposito dove vi erano anche degli uffici preposti alla vendita. Dopo la dichiarazione del fallimento il curatore ha potuto ricavare ben poca cosa per saldare i debiti. I Borrelli inoltre erano riusciti a fare le operazioni commerciale per aprire nuovi punti vendita ottenendo finanziamenti bancari grazie a delle fidejussioni per dei beni immobili appartenenti alla madre.  Palazzi che sono stati già aggrediti dagli istituti di credito sui quali il curatore fallimentare non ha potuto mettere mano. Il consulente ha avuto solo la possibilità di rivendere ad un prezzo irrisorio, cinque euro a capo, l’abbigliamento che venne recuperato proprio all’interno del capannone oltre ad un’auto della società e ad un muletto. Nulla è stato potuto ricavare dai conti correnti che  erano stati chiusi ad un anno di distanza dal fallimento.  Il curatore ha però sottolineato il fatto che Izzo in questa vicenda del fallimento non avrebbe avuto alcun ruolo egli è stato solo un incauto imprenditore che ha fatto un cattivo investimento, perché al momento del suo ingresso nella ditta Borrelli, questi avevano già contratto debiti elevati. Ciò è stato possibile ricostruirlo solo dopo quando i creditori hanno presentato fatture per la merce inviata ai Borrelli e mai pagata. Una vicenda complicata che ha fatto finire nei guai i Borrelli che continuano a gestire negozi di abbigliamento in diversi paesi dell’Agro Caleno sotto diverse diciture. Il processo è stato poi rinviato al prossimo 22 maggio, all’esito dell’interrogatorio del consulente Simeone, che ha sottolineato il fatto che la merce fatta ritrovare era di scarsissimo valore economico.  Per la difesa sono stati impegnati gli avvocati Pasquale Iovino e Rocco Trombetta.
maria grazia pellegrino

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un commento

  1. l’esito del processo e’ stata l’assoluzione a formula piena per i fratelli Borrelli.