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LA POVERTA’ – L’Italia è il Paese con più poveri d’Europa: oltre 10 milioni di persone “in stato di deprivazione”. Peggio anche della Romania

Altro  che ripresa, altro che luce in fondo al tunnel, altro che proclami. La fotografia reale del Paese dice ben altro e racconta di milioni di cittadini in povertà, in forte difficoltà. Ma del resto aspettarsi dai politici (soprattutto da quelli della nostra nazione) analisi reali sulla vita quotidiana è impossibile. Secondo l’Istat,  in Europa  nessuno ha un numero così alto di abitanti che non si possono permettere almeno 5 cose necessarie per una vita dignitosa. In Romania sono 9,8 milioni.
Sono, in Italia,  10,5 milioni i cittadini che hanno difficoltà a fare un pasto proteico ogni due giorni, sostenere spese impreviste, riscaldare la casa, pagare in tempo l’affitto e comprarsi un paio di scarpe per stagione e abiti decorosi. Gli italiani in questa condizione rappresentano il 14% del totale Ue. Roma è al primo posto, davanti a Romania e Francia, anche se in termini percentuali risulta undicesima tra i 28 Stati membri. In aumento anche i poveri assoluti.  – chi non è in grado di acquistare nemmeno beni e servizi essenziali –  che passano da 1,66 milioni del 2006 a  4,7 milioni. Fra loro ci sono 1,3 milioni di bambini. Il nuovo Reddito di inclusione, un assegno variabile tra 187 e 485 euro che può essere richiesto ai Comuni dai nuclei in difficoltà, è un passo avanti ma non basta: i fondi stanziati dal governo bastano per circa 1,8 milioni di persone, un terzo di chi ne avrebbe bisogno. Nel frattempo, sempre stando ai dati Istat, ben 18 milioni di italiani si sono ritrovati “a rischio povertà o esclusione”. Si tratta del 30% della popolazione, in salita rispetto al 2015 mentre a livello Ue la percentuale è diminuita dal 23,8 al 23,5%. E’ l’effetto, secondo l’istituto di statistica, di un aumento della disuguaglianza: il quinto più ricco della popolazione ha visto crescere i propri redditi molto più di quelli della parte più povera. Il rischio povertà in Italia è “molto superiore”, ha segnalato l’Istat, “a quelli registrati in Francia (18,2%), Germania (19,7%) e Gran Bretagna (22,2%) e di poco più alto rispetto a quello della Spagna (27,9%)”.

 

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