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CASERTA – IOVINE si pente, altri tre camorristi seguono il suo esempio. Verranno svelati alcuni “misteri” dell’Alto Casertano e del Matese?

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NAPOLI — Il pentimento di Antonio Iovine, uno dei capi supremi della camorra, apre la speranza per la soluzione di numerosi “misteri” che “resistono” ancora nell’area dell’Alto Casertano e del Matese. Si tratterà di svelare, quindi, l’esistenza di rapporti che legavano una parte degli amministratori della cosa pubblica con i clan. «Sono disponibile a fornire qualsiasi chiarimento sulle vicende di cui in qualche modo posso essere a conoscenza»: è il 3 agosto 2011, mancano pochi minuti alle 13 e nella sala del carcere di Rebibbia fa un gran caldo. Antonio Iovine, arrestato nove mesi prima dopo una latitanza durata 15 anni, ha appena finito di rispondere alle domande del pm Antonello Ardituro, ma prima che il verbale venga chiuso fa cenno al magistrato di rimanere seduto ancora qualche minuto. Detta una frase breve e apparentemente banale: invece segnerà l’inizio di un percorso sfociato, tre anni dopo, nella sua decisione di collaborare con la giustizia. Il pm lo capisce al volo. Quel giorno di agosto, tra Iovine e Ardituro, comincia una trattativa complessa, una schermaglia prolungata. Il boss sta pensando di pentirsi: è preoccupato per il figlio Oreste e vorrebbe garantirgli un futuro decente. Il pm, come il collega Cesare Sirignano, è interessato a svelare i segreti del clan dei casalesi, soprattutto ad arrivare ai colletti bianchi, agli insospettabili, ai politici. Un punto d’incontro è possibile, ma la strada per arrivarci è stretta. Piccole aperture. Iovine ne aveva già fatte: proprio quel 3 agosto 2011, per esempio, prima di verbalizzare la «disponibilità a fornire qualsiasi chiarimento», aveva detto cose importanti, in particolare sull’uomo che lo aveva ospitato nell’ultimo periodo di latitanza; anche in questo caso, sul verbale si legge: «Spontaneamente». «Ritengo — dice Iovine — che Marco Borrata mi abbia aiutato per sdebitarsi nei miei confronti, in quanti tanti anni fa gli diedi un grosso aiuto e in particolare poiché egli stava avendo una brutta discussione con persone di Casale che si trovavano con lui a Modena, discussione che rischiava di portare delle brutte conseguenze per Borrata; io intervenni per tutelare la sua incolumità fisica. Del resto Borrata è una persona che conosce altri miei familiari e con lui c’è un rapporto di frequentazione. Posso dire che al momento dell’intervento per il mio arresto, io ero lì lì per andare via da quella casa». Il percorso intrapreso dal boss si interrompe in ottobre, quando il figlio, Oreste, viene arrestato assieme ad altre quattro persone per estorsione, spaccio di sostanze stupefacenti ed associazione per delinquere. Antonio Iovine, a quel punto, si irrigidisce, sembra ripensarci. Ma già poche settimane dopo, il 4 dicembre, durante l’udienza del processo per le minacce a Roberto Saviano e Rosaria Capacchione, il capoclan dà nuovi segnali di apertura al pm che lo interroga in videoconferenza. Rispondendo a una domanda su come sbarcasse il lunario durante la latitanza, Iovine rivela: «Uscivo dal posto che mi trovavo e molto probabilmente incontravo mio padre, gli chiedevo: come possiamo fare, mi serve questo, mi serve quello». Ammette: «Sono un po’ generico, lo so che sono un po’ generico, ma vi lascio diciamo capire qual è la mia difficoltà. Perché ogni cosa che dico in questo momento posso portare delle complicanze a persone che non c’entrano niente per la mia storia». Come a dire: facciamo in modo che i miei cari si trovino al sicuro, poi darò tutti i dettagli sulla mia latitanza. Non a caso, il pm risponde: «Ho capito, mi rendo conto». Ma non verranno solo da Antonio Iovine notizie importanti sugli affari e gli amici dei casalesi. Stanno già collaborando con i magistrati Attilio Pellegrino e Massimiliano Caterino, nel recente passato stretti collaboratori di Michele Zagaria, mentre anche Raffaele Bidognetti, figlio di primo letto di Francesco, ha lasciato intendere che potrebbe intraprendere lo stesso cammino. Anche sul conto di Giuseppe Setola, il killer che per mesi terrorizzò il Casertano, sono circolate voci di pentimento, ma fino a poche settimane fa lui ha minacciato in aula il pm Sirignano. Se queste collaborazioni, oltre a quella di Iovine, dovessero proseguire senza intoppi, la storia del clan dei casalesi probabilmente arriverebbe a una svolta importante. (CorMez)

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2 commenti

  1. Come sempre non succederà nulla.La legge non esiste nelle nostre zone se non per i poveracci e comunissimi mortali.La politica continuerà a coprire le sue malefatte.

  2. Non penso! I politici sono al sono al sicuro. Qualcuno che conta poco pagherà qualcosa.