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CASERTA – L’odissea del piccolo Lorenzo, l’ospedale di Brescia nega le cure. Ricovero impossibile anche dopo tre ordinanze del tribunale Choc a Caserta. Il papà: «mio figlio a rischio»

 

Ricovero impossibile anche dopo tre ordinanze del tribunale Choc a Caserta. Il papà: «mio figlio a rischio»

CASERTA — Il piccolo Lorenzo non ha avuto la stessa fortuna di Desirée; e in questo caso parlare di ‘‘fortuna” è una forzatura, ci si rende conto; non c’è nulla di cui essere contenti. Lorenzo ha 3 anni, vive a Caserta, ed è affetto da leucodistrofia di Canavan, una patologia neurodegenerativa, il cui nome sconosciuto già mette i brividi. Desirée, invece, è della Val di Non, ha anche lei 3 anni ed è colpita da atrofia muscolare spinale. Un destino baro li ha accomunati, gli uomini hanno deciso chi «sì» e chi «no». Chi può accedere a cure che leniscano la malattia — è il caso di Desirée — e un barlume di speranza offrono, chi — come Lorenzo — a tali cure non arriva. Anche se con sé ha tre ‘‘ordini” del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. La terapia è la più innovativa, anche se tutt’ora contestata, in pratica presso gli ‘‘Spedali riuniti” di Brescia: il protocollo Stamina, che pare abbia dato risultati positivi. «I genitori di Lorenzo — dicono gli avvocati Armida Cudillo e Renata Puoti, che assistono la famiglia del bimbo — oltre a dover affrontare la malattia che di per sé non è di facile gestione, si devono preoccupare anche di una serie di questioni giudiziarie, mediche e politiche per ottenere l’accesso alla terapia con le cellule staminali, l’unica al momento in grado di dargli una speranza di vita migliore». Il metodo ‘‘Stamina”, dapprima avviato, poi bloccato, infine rimesso in carreggiata da una legge del 2013 approntata dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, diventa operativo. Così — come già accaduto in altre parti d’Italia, anche per la già citata Desirée — i genitori di Lorenzo hanno dovuto ricorrere ad un tribunale per ottenere l’ammissione del piccolo alle cure. «Il giudice Riccardo Vito Cervelli della sezione Lavoro del Tribunale sammaritano — spiegano i legali — ha ordinato il 2 maggio scorso agli ‘‘Spedali civili” di Brescia di somministrare a Lorenzo il trattamento basato su infusione di cellule staminali di tipo mesenchimale di cui al protocollo Stamina. Pensate alla gioia dei suoi genitori, Francesco e Gabriella (ne taciamo il cognome per non rendere individuabile il bambino). Ma così non è stato. Visto che gli ‘‘Spedali” avevano avanzato immediato ricorso».  La guerra di carte bollate ricominciava tra notti insonni e discussioni, fino a quando l’intero incartamento non è arrivato sul tavolo di un altro giudice. Fortunatamente, il 24 giugno scorso il Collegio del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (composto dai magistrati Gaudiano, Grammatica e Tesone) confermava l’ordinanza impugnata rigettando il reclamo. Ciò nonostante Lorenzo si vede collocato in una lista di attesa fantasma che da mesi non scorre più. E’ a seguito di tale circostanza che gli avvocati Cudillo e Puoti decidono di incardinare un ulteriore ricorso per ottenere dal magistrato di prime cure le modalità di attuazione del provvedimento cautelare. Riuscendo in una manovra che è unica in Italia. Così il 16 luglio scorso, il giudice sammaritano Riccardo Vito Cervelli, sulla scorta delle informazioni cliniche sommarie fornite dagli ‘‘Spedali civili” di Brescia, ordinava ad essi «di convocare per la settimana tra il 16 ed il 23 settembre i genitori di Lorenzo (…) al fine di determinare le date entro le quali debba essere effettuato il prelievo delle cellule staminali, la visita del paziente e le successive infusioni delle cellule stesse ed in generale tutte le attività necessarie per la corretta effettuazione ed esecuzione del trattamento sanitario». Il 24 di settembre l’avvocato Cudillo, il papà di Lorenzo e l’ufficiale giudiziario (anche con un certificato del medico curante del piccolo, che testimonia il persistente «pericolo di vita») si presentano a Brescia, pure accompagnati dai carabinieri. Per tutta risposta sono rispediti indietro, i medici del nosocomio bresciano dicono loro che non sono in grado di fornire una data per l’inizio degli esami necessari alla terapia. Ai genitori di Lorenzo non resta che l’amarezza. «La storia — affermano Francesco e Gabriella — non può finire qui, non deve, se non altro perché non si tratta di soldi, di lavoro o lotta politica, ma della sopravvivenza stessa di tanti sfortunati e del piccolo Lorenzo che è messa a rischio da un sistema marcio e corrotto». (Patrizio Mannu)

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