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SAN FELICE A CANCELLO – Pizzo tra Nola e San Felice a Cancello, 23 anni e mezzo di carcere agli esattori

San Felice a Cancello (Maria Giovanna Pellegrino) – Pizzo tra Nola e San Felice a Cancello, il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione presieduta dal dottor Luigi Picardi, ha comminato, questa mattina, complessivamente ventitrè anni e mezzo di carcere agli esattori che avevano passato al setaccio imprenditori e commercianti costretti a pagare il pizzo ai referenti del clan Russo attraverso il boss Michele Marotta. Il processo arrivava dal tribunale di Nola e per competenza territoriale è finito presso quello di Santa Maria Capua Vetere. Quattro gli imputati condannati: Salvatore Aloia al quale sono stati inflitti cinque anni ed otto mesi di reclusione: Ottavio Colalonga al quale sono stati inflitti sei anni di reclusione: Vincenzo De Simone che ha ricevuto una condanna a cinque anni e otto mesi e Sebastiano Sapio condannato a sei anni di carcere. Assolti invece i fratelli Antonio e Gennaro Esposito, ritenuti i fedelissimi di Marotta.  Ad istruire il processo è stato il pubblico ministero Ganfranco Scarfò della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, il quale nella sua dettagliata ricostruzione dei fatti aveva invocato pene pesantissime per i sei imputati finiti alla sbarra. Infatti, per ognuno di loro aveva chiesto quattordici anni di carcere. I fatti contestati risalgono al 2003. Un solo episodio è del 2010 e, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sono stati consumati proprio a San Felice a Cancello. La cittadina si trova a confine con Polvica dove le attività economiche ed imprenditoriali, molto fiorenti, erano finite sotto il controllo del clan Russo e poi dei Mino di Giugliano. Questi ultimi ebbero una vera e propria fiammata di potere, nel periodo tra il 2002 ed il 2003, mettendo da parte Marotta ed aggredendo con le loro richieste estorsive i territori del nolano e di San Felice a Cancello. Per l’istruttoria hanno fatto da pilastro le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Salvatore Di Martino e quelle di Umberto Panico. La zona tra San Felice e Polvica faceva gola ai clan napoletani, in particolare ai Moccia, per la presenza di numerosi insediamenti industriali e commerciali, come la zona Asi, l’interporto, il Cis, per non parlare delle cave estrattive. Attraverso giochi di alleanze, i referenti locali, quali lo stesso Marotta, riuscirono a taglieggiare numerose vittime che si videro costrette, per un periodo di tempo, a pagare a  due padroni: da una parte i Russo ai quali si contrapposero poi i Mino. Una parte dell’odierno processo è ancora in corso presso il tribunale di Torre Annunziata, un’altra si è conclusa questa mattina a Santa Maria Capua Vetere.

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