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ROMA – Coltivare l’orto, presto potrebbe essere vietato. Almeno in Francia

ROMA – PRESTO COLTIVARSI L’ORTO POTREBBE ESSERE VIETATO.  Coltivarsi l’orto sarà vietato. A meno che non si metta mano al portafogli per pagare una multa, che poi è un’ulteriore tassa. Come si chiamerà questa tassa, almeno in Francia?  Tenetevi forte: ‘contribuzione volontaria obbligatoria’, che già così è una presa per il culo. Ma pagare chi? Ovviamente i gestori dello Stato e anche chi detiene il controllo delle sementi, o per dirla in termini legali (la legge è sempre bastardamente sottile e cavillosa, nonché antiumana) chi ne detiene il ‘diritto di proprietà intellettuale’. A detenere questo presunto diritto su un prodotto offertoci dalla natura sono le multinazionali del seme, ogni Stato ha concesso loro questo ulteriore privilegio. E’ il sistema, bellezza! E’ la legge! In Francia gli agricoltori sono già sul piede di guerra, il governo che hanno scelto (ma un altro sarebbe stato uguale) ha già sul tavolo i fogli e i bolli, e nel mondo c’è una protesta in corso contro l’appropriazione indebita dei semi naturali da parte dell’establishment globale e contro le multinazionali degli OGM. E qui si pensa sempre a perpetuare il sistema, partiti ed elezioni. Ma sveglia! Autogestione, non deleghe!

Rino Manda

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3 commenti

  1. Senti sto cercando riscontri della notizia sui giornali europei perché vorrei fare un articolo ma non trovo nulla, mi dici la fonte per favore o un link

    Grazie Gian Carlo

  2. Eco(R)esistenza questo il riferimento

  3. Valentino Traversa

    Incuriosito da una notizia che aveva tutti i crismi per essere un prodotto della trasformazione indotta tramite social network, mi sono preso la briga di fare una ricerca un po’ più approfondita, 😉

    L’origine sembra essere un articolo francese, che potete leggere, come immagine, qui:

    http://ecologyandchurches.wordpress.com/2012/08/30/le-mauvais-grain-des-contributions-volontaires-obligatoires/

    Il problema è che, già nell’articolo, si fa una confusione tra due cose diverse accumunate dall’avere lo stesso acronimo: COV.

    Le due sono il “contributions volontaires obligatoires” e il “certificat d’obtention vegetale”, solo che sono cose assolutamente diverse e distinte.

    Il primo, a qunto pare, è un ossimoro solo apparente, in quanto è nato in seguito ad una richiesta di autotassazione da parte delle industrie francesi del legname [difficile crederlo in Italia, eh!], che hanno proposto di autotassarsi per creare, con i proventi conseguenti, contributi a favore della biodiversità, dell’agricoltura biologica e così via – chiaramente un’operazione finalizzata al miglioramento della propria immagine.

    Il secondo non è altro che una sorta di copyright sulle varietà di sementi, cosa che è sempre esistita, in verità, ma che è tornata alla ribalta dopo il processo francese all’associazione Kakopelli [il nome deriva da un’antica divinità della fertilità, che suona il flauto come nel casl di Pan], rea di commercializzare sementi tradizionali non registrate all’albo nazionale.

    In pratica la burocratica nazione francese si poneva il problema: come faccio a stabilire se l’azienda in questione sta vendendo delle sementi della giusta varietà richiesta dall’acquirente, se la varietà non è registrata e non posso dire quali debbano essere le sue caratteristiche?

    La registrazione delle varietà, che avviene tramite questo ufficio europeo http://www.cpvo.europa.eu/ è in realtà non molto costosa – circa 900 euro a varietà, più 200 euro all’anno per il mantenimento del brevetto – tuttavia un’associazione che svolge un’azione no-profit come Kakopelli non può certo affrontare una spesa del genere per il suo intero catalogo, che ammonta a migliaia di varietà, tanto più che, se anche lo facesse, chiunque potrebbe impugnare l’azione portando le prove che la varietà registrata non è stata prodotta adesso, ma esisteva da sempre in coltura tradizionale, dunque non è brevettabile.

    La soluzione, naturalmente, è l’istituzione di un catalogo nazionale delle varietà tradizionali, con le varie caratteristiche, non sottoponibile a copyright – presumo ci si arriverà, grazie anche alla pressione dell’opinione pubblica.

    Per concludere la desamina, tutto questo non c’entra assolutamente nulla con chi si coltiva l’orto, si scambia sementi o le usa per autopropagazione, c’entrerebbe invece se qualcuno quelle sementi volesse rivenderle sul mercato – al momento in Francia non è possibile.