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TEANO – Truffa milionaria, 250milioni spariti già a marzo

teano. I 250 milioni di euro che oggi si sono volatilizzati portandosi dietro lo statunitense Robert Da Ponte e il suo mediatore trevigiano, erano spariti forse già da marzo. Ad affermarlo sono gli stessi mediatori e faccendieri finiti agli arresti a seguito della maxi inchiesta della Procura e del Ros dei carabinieri di Firenze.Carte anonime. Il «sistema Da Ponte», quello che intercettava i soldi di decine di persone che cercavano di investire i loro capitali in operazioni finanziarie altamente redditizie e lontane dal fisco, si basava su un sistema semplice, quanto irregolare. I clienti che venivano agganciati dai vari mediatori (tra cui il trevigiano oggi ricercato in Montenegro) venivano indotti ad effettuare dei versamenti di contante che finivano sui conti svizzeri della fantomatica società guidata dal finanziere statunitense. Al versamento seguiva – in gran parte dei casi – la consegna di una carta di credito prepagata anonima sulla quale venivano accreditati ogni due mesi gli interessi maturati dai capitali investiti nelle operazioni di Da Ponte. Lui, come gli altri suoi intermediari, avvaloravano tutte le operazioni di «raccolta abusiva dei capitali attraverso una struttura associativa» spiegano i carabinieri del Ros, «denominata Rothinvest, e che non era accreditata a lavorare sul territorio Italiano». Una società farsa quindi, almeno in Italia, e parte di un gioco rischioso che in base alle intercettazioni era già incappato nei controlli delle banche elvetiche.  L’ombra del riciclaggio. L’inchiesta sul maxi buco da 250 milioni di euro sembra non avere fine, e aprire nuovi canali d’indagine ad ogni passo degli inquirenti. Le intercettazioni fatte a fine maggio sulle utenze telefoniche degli arrestati fanno emergere infatti, oltre alle loro preoccupazioni per la sparizione del denaro e «del capo», tutta una serie di indizi utili a ricostruire chi fossero i finanziatori di Da Ponte, da dove arrivassero i soldi e quindi perché, questi, avessero i loro chiari interessi nell’eludere il fisco. Dalle intercettazioni risulta infatti che la stessa Confederazione Elvetica avesse chiuso diversi conti che venivano utilizzati da Da Ponte per far girare i capitali che riceveva e investiva per la natura sospetta delle operazioni. A dare la segnalazione alle banche svizzere erano state le autorità investigative spagnole che indagavano sull’ipotesi di riciclaggio. Cosa riguardavano le operazioni contestate?Compravendita di materie prime. Quali? «Oro e petrolio», segno che lo statunitense giocava pesante, e aveva probabilmente a che fare con persone abituate a tanto.  «I soldi ci sono davvero?». È il dubbio che ad un certo punto assale gli stessi membri dell’organizzazione criminale. Già, perchè fino ad oggi tutti hanno incassato i soldi trasferendololi nella disponibilità del caso, ma nessuno è mai andato a controllare se i capitali, alla fine, c’erano ed erano assicurati. Ed è per questo che quando i broker di Da Ponte  sentono puzza di bruciato, si affrettano verso Zurigo sperando di avere dalla Rothschild (la banca, quella vera) l’assicurazione che i soldi verranno restituiti o quantomeno sono assicurati. «Robert c’ha disponibilità.. può fare quello che gli pare.. però se un nostro cliente viene a chiedere indietro i soldi depositati a Zurigo.. Rothschield me li garantisce o no? Questo mi interessa».

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