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Caiazzo – Il padre denuncia la figlia per appropriazione indebita, 50enne assolta in Appello

Caiazzo – La signora Rosanna Matarazzo veniva chiamata nell’anno 2016, innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, per rispondere del reato di appropriazione indebita, a seguito di una denuncia querela sporta da un suo familiare. L’accusa si fondava sulla circostanza del l’incasso di due buoni fruttiferi riscossi dalla stessa senza aver ricevuto provato consenso da parte del familiare cointestatario. Svolto il processo di primo grado veniva affermata la penale responsabilità dell’imputata senza il riconoscimento di alcuna attenuante generica, nonostante fosse incensurata. Matarazzo, attraverso il difensore di fiducia – l’avvocato Alessandra Cerreto – dopo la sentenza di primo grado ha deciso di proporre appello. Fissata l’udienza di discussione innanzi alla Corte d’Appello di Napoli, Terza sezione, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto la conferma della sentenza di condanna di primo grado, passata la parola alla difesa, senza esitazioni, l’avvocato Cerreto, con fermezza ed autorevolezza, ha esordito di aver avuto la certezza che gli atti di causa meritassero di essere conosciuti dal collegio. In primo luogo, in ordine all’appropriazione indebita presumibilmente agita, nei confronti dell’imputata, risultava l’assenza di circostanze e modalità provate in maniera precisa. Un programma contrattuale di buoni postali che preveda pari facoltà di rimborso e sia stato regolarmente sottoscritto da entrambe le parti, non può convertire in reato, l’esercizio del rimborso del titolo compiuto da uno dei contraenti. L’appropriazione indebita richiede la coscienza e la volontà di appropriarsi del danaro o della cosa mobile altrui, posseduta ad un titolo qualsiasi, sapendo di agire senza diritto, per trarne per sé o per altri un’illegittima utilità. Non solo. Il difensore ha invocato la causa di non punibilità ai sensi dell’art. 649 c.p. rilevabile in ogni grado di giudizio. Trattasi di una norma che entro ambiti ben definiti tutela l’integrità della famiglia rispetto al danno che il processo e l’applicazione della pena potrebbero comportare tra stretti familiari. La Corte ha accolto le asserzioni del difensore e in riforma della sentenza di primo grado ha assolto l’imputata – Rosanna Matarazzo – con formula piena dal reato a lei ascritto, in quanto non punibile

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