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IL CASO -Graziano e il pallone del Partito Democratico: “chi l’ha rubato?”

IL CASO – L’analisi di Stefano Graziano dopo la mancata elezione a segretario regionale del Partito Democratico: “io boicottato da chi avrebbe perso, ora il partito deve aprirsi al civismo”. Un risentimento ed un programma di insussistenza interna che non giova a chi ne è stato artefice e garante fino all’altro ieri. Passando in rassegna alcune affermazioni, emergono stati di riflessione che farebbe bene il partito nazionale a far sue.
“Boicottato da chi avrebbe perso”, ha per caso la palla di cristallo?. “Mi ero messo a disposizione per il bene del partito”, il bene del partito è una enunciazione di principio, qui il malessere e il conseguente ristoro, sono un fatto più che personale.  “Qualcuno ha deciso di portarsi via il pallone ed ha fatto sciogliere l’assemblea”, dimentica che il pallone non era suo e che qualcuno ha solo impedito che se lo portasse a casa lui. Sulla mancata elezione a segretario regionale traspare troppo livore, una analisi di soggetto sempre a galla ma mai capace di nuotare con le proprie energie. Prima la delusione poi la nomina di Letta che ricompensa dell’amarezza. Troppe definizioni negative accompagnano un ruolo che dovrebbe essere di garanzia e di rispetto di tutti, una dimensione che si conferma personalistica; “Mi è dispiaciuto che qualcuno, capito che avrebbe perso (seconda volta che lo dice) ha preferito portarsi il pallone per non farci giocare”, la verità è che non si può giocare sul campo di altri, senza appassionare il pubblico, fuori forma e senza allenamento, pretendendo che il pallone degli altri finisca nella porta di questi; “Sono deluso per alcune personalità che invece di svolgere una funzione positiva hanno preferito scappare”, ma dimentica le regole della democrazia, statuti e regolamenti, militanza e territorio sono zavorre e carta straccia per chi in chiave autoreferenziale parla di se stesso come soluzione a tutti i problemi; “Sarebbe stato più giusto confrontarsi”,  il confronto lo si fa in chiave reciproca e non lo si cerca quando l’arbitro ha inviato le squadre negli spogliatoi; “Ora bisogna pensare a come battere le destre e rivolgerci a “quelli” che non vanno a votare che sono sempre di più”, come si batte la destra se la si invita dentro? e come ci si rivolge a “quelli” che non ti conoscono ma sanno ormai quanto sia forzata e precaria la democrazia nel partito che si professa custode di valori scritti e mai più applicati?; “Aprire alla società civile”, termine inflazionato e mal praticabile con una metodica di cooptazione verticistica distaccata dalla gente e dalle infinite problematiche che l’affligge; “Contratto alla tedesca”, interessi e non programmi, in cui il governo è spesso sopraffazione dei bisogni, il termine contratto accentua pratiche e dinamiche commerciali che poco hanno a che vedere con le aspettative e processi democratici. Poi c’è da difendere non solo Letta ma anche il governatore De Luca, e qui la faccenda si fa complicata: “Letta e De Luca, per ragioni diverse, hanno entrambi ragione”, come dire: “non si nega la ragione a nessuno”. E vallo a difendere De Luca sui fondi sanitari quando dice che la Campania ha un disequilibrio di riparto con le altre regioni italiane, tacendo che l’Asl di Salerno sopravanza in totale tutte le rimanenti Asl dei quattro restanti capoluoghi di provincia e di tutte le aziende ospedaliere della regione ( tra cui Cardarelli, Monaldi, Policlinico, Asl Na1ecc.), in questo quadro Caserta, Avellino e Benevento scompaiono sul presente e sul futuro.  E vallo a difendere sul fatto che De Luca vuole il terzo mandato. “Questo un tema nazionale come ha chiarito Letta”, qui il pallone all’improvviso finisce sugli spalti con la pratica dilatoria di uno spettacolare tiro alla Viva il Parroco.

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