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RUVIANO – La bella favola dei tre compari”, presentato il libro di Cesaura

RUVIANO (vincenzo maffeo) – E’ stato presentato al Centro polifunzionale di Alvignanello di Ruviano il libro “La bella favola dei tre compari – piccola storia di paese”. A scriverla è stato Giovanni Casaura, ruvianese di nascita ma residente nel comasco da anni ma sempre con il suo paese nel cuore. Ha scritto saggi, raccolte di poesie, opere teatrali, racconti e romanzi e in molti di essi c’è Ruviano, il suo luogo di origine, dove ha trascorso la sua infanzia e la prima gioventù, non dimenticando episodi e tradizioni di vita quotidiana. Questa volta ha voluto rendere omaggio a suoi compaesani che agli inizi degli anni ‘60 hanno dato lustro a questo piccolo centro dell’alto casertano. Stiamo parlando di Salvatore Russo, Luigi Del Buono e Giuseppe Coppola, tre ragazzi che avevano la passione del ciclismo e che in quegli anni hanno segnato non solo il ciclismo campano ma anche quello nazionale. Le loro imprese agonistiche e non solo, con questo libro, passano dalla memoria alla storia. Era il periodo in cui il ciclismo in Italia aveva molti appassionati e c’era un tifo quasi calcistico e il più delle volte era l’unico sport che veniva seguito dal vivo in quanto, ad esempio, un piccolo centro come Ruviano a volte era interessato dal Giro della Campania e anche dal Giro d’Italia. Sull’onda di questa passione, il padre e lo zio comprarono la bici da corsa a Salvatore Russo che aveva dato prova di volontà e potenza sul velocipede A lui va dato il merito di aver incoraggiato anche il Del Buono e il Coppola di insistere con i genitori per avere una bici da corsa, cosa questa che richieva allora notevoli sforzi finanziari alla famiglia. Con grandi sacrifici e molto scetticismo i genitori fecero questo regalo ai rispettivi figli. Ne furono ampiamente ripagati. Salvatore Russo, sulla bici era una forza della natura, molto potente, ma privo di metodo. Nelle gare, all’inizio ebbe qualche successo ma poi molte delusioni perché non riusciva a dosare la sua potenza e arrivava alla fine o nei momenti salienti a non essere competitivo per mancanza di forze. Questo fatto lo portò, nel giro di poco tempo a ritirarsi. Luigi Del Buono aveva uno scatto irresistibile ma era un po’ stravagante ed indisciplinato  a differenza di Giuseppe Coppola che era potente, metodico e dosava bene le proprie energie. Vedendo questi tre allenarsi assiduamente, un macellaio di Alvignanello, Andrea Testa detto “Crisosse”, profondo conoscitore e appassionato di ciclismo, fondò la G.S. “F.lli Testa” proprio per loro tre. Diventò il loro direttore sportivo e li iscriveva e accompagnava a tutte le gare possibili. All’inizio come Allievi e diventarono campioni campani della categoria, rispettivamente Del Buono nel 1962 e Coppola nel 1963. Poi passarono ai Dilettanti e anche in tale categoria fecero delle epiche imprese in Campania e fuori regione per non parlare a livello nazionale dove il Coppola sfiorò i mondiali Dilettanti di Heerlen in Olanda. Grandi successi e grandi imprese che vengono descritte minuziosamente nel libro in quanto attraverso di esse si evince chiaramente quanta tenacia e spirito di sacrificio animava i due campioni. Infatti non mancano episodi che oggi sembrano grotteschi ma che descrivono molto bene la passione e l’arte dell’arrangiarsi di Coppola e Del Buono che però davano sempre risultati eccellenti. In Campania ormai in quegli anni i due erano i dominatori assoluti delle loro categorie, ma questo non significava per loro avere alle spalle una Società e una disponibilità economica che poteva permettere loro di stare tranquilli sull’organizzazione. Infatti non si possono non menzionare due episodi di altrettante gare, una a Sessa Aurunca e una a Tito in provincia di Potenza, che sono emblematici del loro spirito di sacrificio. A Carano di Sessa c’era un’importante corsa che veniva considerata la cartina di tornasole sullo stato di salute del ciclismo campano tanto che si pronosticava la vittoria di forestieri (cioè di fuori regione). Quel giorno il DS Testa non poteva accompagnarli alla gara e non era tanto semplice trovare un mezzo di locomozione idoneo a trasportarli. Trovarono zì  Michele Mennillo che aveva un‘ Ape per la sua attività di fruttivendolo. Salirono su questo tre ruote, a cascione, uno addosso all’altro perché il conducente portò anche suo figlio e ci dovevano stare anche le bici. Quando arrivarono e furono notati, suscitarono ilarità e sfottò. Non  alla fine però, perché i due vinsero e furono l’orgoglio del ciclismo campano. A Tito invece, molto più lontana, nella stessa situazione dell’episodio precedente, non poterono andare con l’Ape. Cosi decisero di andare fino a Napoli con la bici, prendere il treno fino a Potenza  e da li, sempre con la bici, raggiunsero Tito. Mancò un soffio che arrivassero in ritardo. Ma i due si fecero valere e vinsero la corsa. Grandi soddisfazioni ebbero anche a livello nazionale nella categoria dilettanti. Luigi Del Buono, per motivi personali, descritti nel libro, poco dopo parti per gli Stati Uniti, dove vive ancora oggi ma non ha perso la sua passione per la bici. Coppola proseguì da solo il suo cammino dilettantistico e mieteva successi uno dietro l’altro tanto che fu chiamato a livello nazionale a rappresentare con altri l’Italia in Austria dove si classificò undicesimo ma primo degli italiani. La sua carriera sembrava a strada spianata ma la mancanza di una grossa società alle spalle e una federazione campana di ciclismo di poco peso a livello nazionale, come dice il protagonista nel libro, al momento della scelta della squadra per mondiali dilettanti, fece si che il nome di Coppola fosse accantonato e non partì con la rosa dei partecipanti. Questa grossa delusione lo segnò principalmente perché era consapevole di aver fatto il suo dovere e di aver avuto i risultati che lo portavano ai vertici della classifica dei ciclisti dilettanti italiani. Allora decise di mollare e sposarsi con Carmela Vecchierelli e partire per il Canada. Poi ritornò, lavorando, ha fondato una piccola azienda familiare che adesso è condotta dai figli ma sempre con la supervisione del padre.

Questo libro, oltre a raccontare storie vissute è molto attuale per la situazione che il nostro paese sta attraversando. Ci dice che i giovani, anche quelli che venivano da famiglie umili e di piccoli centri del sud, avevano un sogno, una speranza e tanto spirito di sacrificio per raggiungere i propri obiettivi. Anche l’autore si staccò dalle sue radici emigrando al nord. L’Italia del boom economico era questo. Oggi questi sogni, ai giovani gli sono stati tolti ma una cosa possono ancora fare, come i  nostri campioni, non arrendersi davanti alle difficoltà e credere in se stessi tirando fuori il meglio di se con sacrificio e dedizione. Cosi saranno loro gli artefici dell’Italia futura.

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