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NAPOLI – La città sotto la città, le meraviglie sepolte di Napoli

Napoli/Marzano Appio (di Nicolina Moretta) – Tempo addietro mi trovavo a Napoli, io mio marito e due miei cugini svizzeri: Toni e Brigit. Volevamo erudirli sulle bellezze di Napoli e volevamo portarli proprio a visitare la bellezza più nascosta: Napoli Sotterranea. Correvamo tutti dietro a mio marito; Enzo cammina sempre velocemente, anche quando non ha un appuntamento. Quando d’un tratto mi resi conto di trovarmi in un luogo “ magico “: capii che stavo attraversando San Gregorio Armeno. Incantata da tutti i pastori che i negozianti esponevano fin sulla strada,ma potei darvi solo un’occhiata furtiva. Il rammarico di non potermi fermare, m’indusse ad un’altra riflessione:- Ma io non sono mai stata a San Gregorio Armeno! E nemmeno ho visitato mai Napoli Sotterranea! Vogliamo che gli altri conoscano le nostre ricchezze, quando noi siamo i primi a non conoscerle?Arrivati a Piazza San Gaetano, pagato il biglietto di dieci euro a testa, fummo affidati ad una Guida: Franco Capuano, che fu così bravo, ma tanto bravo, che la permanenza di un’ora e mezzo nelle viscere di Napoli, ci sembrò della durata di dieci minuti.

La città nascosta: (racconto di Francesco Capuano).
Tra l’800 eil 780 a.c., Calcidiesi dell’Eubea s’insediarono sulla più grande isola del golfo, Pithecusae che letteralmente significa abitata dalle scimmie, oggi l’isola risponde al nome di Ischia. La colonizzazione di quelle terre è la più antica in Italia, successivamente, si spostarono e approdarono sulla costa flegrea dove fondarono la cittadina di Kimea (Cuma), e poi quella di Dicerchia (oggi Pozzuoli). Altri colonizzatori si spinsero nell’insenatura del golfo di Napoli e approdarono sull’isolotto di Megaris (Megaride), dove oggi si può ammirare la magnifica fortezza di Castel dell’Ovo, qui costruirono un porticciolo e lungo il costone di Monte Echia (Pizzofalcone) un villaggio. Circa un secolo dopo nel 680 a.c. i greci Kyme allargarono il porticciolo Megaris e crearono una vera cittadina che chiamarono Parthenope in onore di una mitica sirena, Nella mitologia classica si narra che la stessa Parthenope, dopo essere stata sconfitta da Ulisse si uccise con le sue sorelle Ligea e Leucosia lanciandosi da una rupe nel mare sottostante, ma il dio del mare non volle privare gli uomini di questa bellissima creatura e fece adagiare il suo corpo proprio sulla spiaggia dell’isolotto. La piccola comunità di Parthenope, priva di difese efficaci,subì numerosi attacchi degli Etruschi,che, interessati a conquistare Cuma si spinsero fino all’area costiera partenopea (524 a.c), per cui la cittadina visse un periodo di decadenza, finchè i greci che avevano tenuto saldamente Cuma sconfissero gli Etruschi in una memorabile battaglia navale grazie all’aiuto della flotta Siracusana. Successivamente i cumani ricostruirono la cittadina che prese il nome di Palepolis, dopo la conquista di Cuma da parte dei Sanniti, nel 438 a.c. Profughi cumani fondarono poco distante dall’insediamento di Palepolis, più a oriente (oggi centro storico), Neapolis (città nuova); di lì a poco le due città si fusero dandosi forza vicendevolmente: furono costruite porte d’accesso, alte e possenti mura di difesa, che dissuasero addiruttura Annibale che nel 216 a.c. Nella II^ guerra punica tentò di assediarla.Ma le possenti muranon valsero proteggere Neapolis dall’attacco del console romano Quinto Publio Filone nel 327 a.c. Un trattato di pace il fodeus neapolitanum garantì la libertà con la clausola di fornire uomini e armi in caso di guerra. Nell’89 a.c. Neapolis divenne un municipio romano, ormai era una città latina, sebbene il greco rimanesse l’idioma più diffuso e per molti secoli ancora restò una città bilingue, con una fortissima influenza della cultura greca. Le tantissime cavee, create per la costruzione della città divennero per centinaia di anni un immenso acquedotto. Con migliaia di condotti e cisterne. Ogni quartiere aveva nei sotterranei una cisterna e tantissimi pozzi, e qui nasce la leggenda del munaciello, personaggi fantasmorici, i quali si introducevano nelle case, se indispettiti facevano sparire oggetti se invece mossi a pietà, nelle case più povere appariva denaro, dunque erano considerati anche delle anime sacre.   Qualche volta attentavano alla virtù delle abitanti, con buona pace del padrone di casa in quanto, appunto, anima sacra…, ma questa è un’altra storia riconducibile alla maestria di E. De Filippo nell’esilarante commedia “Questi fantasmi”.   Nel 1885 dopo aver servito la città per oltre 2500 anni l’acquedotto fu dismesso causa di una tragica epidemia di colera, dovuta l”imprevidente costruzione di una rete fognaria sopra lo stesso acquedotto. Divenne allora una discarica di materiale di risulta. Immaginiamo per un momento di tornare nei terribili anni della guerra. Nel 1940 queste immense cavità abbandonate oramai da decine di anni, furono adibite a capientissimi rifugi antiaerei.
E’ passato tanto tempo ormai della disastrosa guerra è scomparso il cadenzato passo delle truppe d’occupazione e il loro accento gutturale, il lacerante urolo dell’allarme aereo, gli scoppi delle bombe, la risposta della contraaerea.
Ma fortunatamente qualcosa è rimasto grazie all’infaticabile Dott.Vincenzo Albertini e la costante consulenza del Cav.Francesco Capuano, è stato creato un salone attiguo all’ingreso della Napolisotterranea per conservare e mostrare ai visitatori documenti e cimeli relativi a quel tragico periodo, per non dimenticare cosa fosse la città in quei giorni.Scomparse come inghiottite nella nebbia del tempo, le truppe alleate: americani, inglesi marocchini i piccoli sciuscià (shoe shine- lustra scarpe) le note del boogie-boogie e infine quell’aria di finta allegria che festeggiava la fine del conflitto. L’opera dell’Associazione Cultaurale Napolisotterranea, continua a tutt’oggi: la scoperta dei resti dell’antico Grande Teatrum Neapolitanum dove si esibì anche l’imperatore “Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus” passato alla storia come Claudio Nerone è meta continua di turisti. C’è ancora un’ultima cosa anche se fantasiosa, molte volte mi è capitato di scendere da solo nei sotterranei e molte volte mi sono sentito osservato. Forse perchè ripenso alla leggenda del barone di Chiaiano, secondo un’antica storia popolare, un ricchissimo nobile vissuto nella frazione di Chiaiano ( nei pressi del colle di Capodimonte), nel 1600 circa, per sfuggire alla grave epidemia di peste che aveva colpito la città volendo uscire dalla stessa, si intrusse in un cunicolo dell’acquedotto sottostante alla sua abitazione, portando con sé tutti i suoi averi. Da allora in poi nessuno ne ha saputo più nulla, siritiene che sia rimasto sepolto da un crollo o forse vittima dello stesso male da cui voleve fuggire, o forse sia perso nei meandri dell’antico acquedotto e pare che oggi vaghi alla ricerca dell’uscita.

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