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***ESCLUSIVA*** CITTA’ DEL VATICANO / TOTARI – L’ultimo messaggio di Don Ovidio ai fedeli: “Continuate a lottare per una chiesa unita” – IL VIDEO

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PIAZZA SAN PIETRO  IN VATICANO: GUARDA L’INTERVISTA DI DON OVIDIO

CITTA’ DEL VATICANO/TOTARI (a cura di Francesco Mantovani) – La sua chiesa non è e non sarà mai quella dei preti o dei vescovi, la sua chiesa è e sarà sempre quella del Cristo. Quella chiesa universale che non è solo preghiera, ma che vive nella quotidianità. Che entra nelle case della gente, partendo da quelle dove vivono le sofferenze più profonde gli ammalati, i poveri e gli emarginati, per portare loro una parola di conforto e di speranza. Quella stessa chiesa che vive di cose semplici, umili, che dona il cuore e l’anima prima di tutto agli ultimi. E’ questo il senso dell’appello lanciato da don Ovidio del Rio che da piazza San Pietro in Vaticano ha invitato i fedeli a non smettere mai di lottare per tenere la chiesa unita e viva. Un discorso altissimo che per certi versi ricorda quello pronunciato dalla stessa piazza da Papa Francesco pochi minuti dopo la sua’ascesa al soglio petrino. Non solo per il “buongiorno”, col quale ha esordito il sacerdote di Medellin, che ricorda tanto quel noto “buonasera” con cui Bergoglio si rivolse al popolo di Dio qualche istante dopo la fumata bianca. E neanche per le origini latino americane di entrambi. Ciò che accomuna queste due immense figure è soprattutto la luce che i loro occhi emanano. Una luce forte. Abbagliante. La luce di chi ha dentro di sè la serenità dell’animo declinata nella sua più pura autenticità. Quella stessa bontà d’animo che ti aiuta e ti permette di sopportare il peso di una ingiustizia e che ti consente di accettare sempre e comunque il volere di Dio. Anche se tutto ciò non vuol dire arrendevolezza. Anzi, il prete colombiano, in questi undici anni di ministero sacerdotale in Italia, non ha mai rinunciato a lottare per portare in mezzo alla gente la chiesa universale spogliandola da quell’insopportabile senso di riservatezza che la soffoca e la allontana dai fedeli.
Ha donato al mistero della fede un volto umano, così come fin dal primo giorno di pontificato sta facendo Francesco. Don Ovidio è riuscito a coinvolgere tutti. Dagli anziani ai bambini. Ha riempito di palloncini la chiesa di Totari in occasione delle prime comunioni – come ha riferito lui stesso durante i suoi ultimi due giorni di permanenza a Roma prima di salire sull’aereo e di tornare nella sua patria – perchè quei bimbi potessero ricordare quel giorno come una vera festa. Ha parlato alla gente col linguaggio del cuore. Ha operato senza risparmiarsi. Ha portato la comunione ai sofferenti che non potevano andare in chiesa. Ha avvicinato alla casa di Cristo chi si dichiarava ateo. Ha aperto le porte della struttura canonica alla comunità. E prima di partire per Roma ha ricordato al suo popolo di accogliere come un fratello il prete che verrà (ammesso che il vescovo dopo il “capriccio” riapra la parrocchia al pubblico!) esclamando “i miei amici dovranno essere i suoi amici”. Passeggiando per le strade di Roma, capitale mondiale della cristianità, ha ricordato a chi adesso scrive che provava un senso di dolore pensando a cosa ne sarebbe di Totari senza una parrocchia. Pensava alla sua gente, a quella comunità così piccola, ma nello stesso tempo così grande. Pensava anche al vescovo preoccupandosi per lui e addolorandosi per gli insulti ricevuti nei giorni precedenti. Lo diceva sinceramente  e chi conosce don Ovidio lo sa molto bene. A Totari uno striscione in suo onore recitava: “Don Ovidio non cambiare mai”. E lui certamente non cambierà mai. Perchè il prete colombiano è una di quelle poche persone che sembrano essere dei santi già da vivi. Non sono parole di circostanza o sfoggio di insensata retorica. E’ ciò che di sicuro credono tutti quelli che sono stati conquistati dalla sua umiltà, dalla semplicità del suo vivere, dalla bontà del suo cuore. Un uomo, prima che un prete, capace di entrare nel cuore della gente anche se lo si è conosciuto da pochi giorni, da poche ore. Passeggiando nei vicoletti di Roma dove la luce delle candele dei tavolini posizionati fuori dai tanti ristoranti si riflette sui monumenti che profumano di storia antica, don Ovidio si sforzava a ricordare uno ad uno tutti quelli che “faranno sempre parte del mio cuore”, diceva lui stesso. Anche chi oggi sembra averlo presto dimenticato salendo sul carro dei vincitori per non perdere qualche stupido privilegio terreno. Se c’è una cosa che più resterà impresso nel cuore di chi scrive è il saluto commosso di una cattolica messicana dopo aver scambiato con lui poche parole in lingua spagnola. Così, ci si accorge in fretta che sono questi piccoli gesti a rendere le persone tanto speciali. Fanno capire ancora una volta – se mai ce ne fosse bisogno – che lui è una persona davvero speciale. Un uomo – e un prete – capace di insegnarti i veri valori della vita attraverso parole semplici. Un animo nobile che ora è tornato nella sua Colombia, nella sua amata patria.
Da quel popolo che vive di forti sentimenti e che lo ha accolto all’aeroporto internazionale Josè Maria Cordova (c’era anche la nazionale di calcio della Colombia) con un grande “bienvenido”.
Quel popolo che ora gli starà accanto nel suo infinito cammino di fede così come gli resterà accanto chiunque lo abbia conosciuto qui in Italia. Una nazione nella quale e dalla quale solo apparentemente è entrato e poi uscito dalla porta secondaria. Perchè lui, operando nelle periferie, ha fatto capire a tutti che il sentiero indicato dal Papa non è poi così difficile da percorrere e che quella rivoluzione copernicana può continuare spedita. Basta saper parlare al cuore delle persone e operare senza risaparmiarsi per portare la chiesa di Cristo in mezzo alla gente. Ad iniziare dai più umili. Per questo, don Ovidio è e resterà sempre il “prete degli ultimi”.

PIAZZA SAN PIETRO  IN VATICANO: GUARDA L’INTERVISTA DI DON OVIDIO

 

 

 

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