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PIEDIMONTE MATESE / ALIFE / RAVISCANINA – Usura ed estorsione, imprenditori alla sbarra. I testimoni: erano tutti debiti per regolari forniture

processo

PIEDIMONTE MATESE / ALIFE  / RAVISCANINA – Usura ed estorsione, alla sbarra commercianti e un casalese che mandarono in rovina titolare del ristorante “I quattro venti” sito a Raviscanina, per un prestito di oltre centomila euro che avrebbe dovuto essere saldato con un finanziamento. Nell’udienza che si è svolta ieri alcni testmoni hanno però evidenzaito che le somme di denaro incassare erano dovute per normali forniture. Nella prossima udienza saranno ascoltat altri testi. Una giornata importante, quindi, quella di ieri che ha segnato alcni punti in favore degli imputati, la cui posizione, ora, appena meno pesante.  Il processo è a carico di Michelangelo Gentile di Alife, titolare della pescheria “La Sirena”; Luigi Robbio di Piedimonte Matese, fornitore del ristoratore e Renato Corvino di Casal di Principe. I giudici della prima sezione penale, collegio C, presieduta dal dottor Guglielmo del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, hanno ammesso i vari mezzi di prova e l’elenco dei numerosi testimoni che dovranno essere sentiti a partire dalla prossima udienza fissata  fra qualche giorno.  Per la difesa sono impegnati gli avvocati Mirella Baldascino, Michele Mozzi, Gennaro Ciero e Giuseppe Stellato.  I fatti del processo vanno dal 2004 fino al 2007, fino al momento in cui Giovanni Russo, proprietario del ristorante, sentitosi minacciato e temendo per sé e per la sua famiglia si decise a denunciare i fatti. Russo in giudizio si è costituito parte civile ed è assistito dall’avvocato Goffredo Grasso. Gentile venne fermato dai carabinieri nel momento in cui si presentò da Russo minacciandolo di morte se non avesse rispettato i pagamenti.  La misura cautelare scattò anche per gli altri due imputati. A Russo ormai non restava più nulla da perdere. L’unico bene, il ristorante che serviva per il sostentamento della sua famiglia era andato in malora per un finanziamento che non era arrivato. Russo aveva deciso di ampliare la sua attività investendo tutti i suoi soldi nella ristrutturazione dei locali. Aveva chiesto per fare questi lavori un finanziamento alla Regione ma la sua richiesta non andò subito in porto.  Per far fronte alle spese si era rivolto a dei conoscenti per farsi prestare del danaro. Gentile e Robbio erano dei suoi fornitori i quali non fecero problemi ad andare incontro alle richieste di Russo. Solo che i soldi in prestito avevano un tasso da strozzo. Per un assegno post-dato di 20mila euro egli ne poté incassare solo 11mila, il restante serviva per gli interessi che lievitavano mensilmente. Per far fronte al primo debito Russo chiese altri soldi fino ad arrivare un prestito di oltre 110mila euro.  Russo impegnò tutte le sue risorse per cercare di uscire da quella drammatica situazione ma si era indebitato al punto da perdere la sua attività. Dalle indagini è emerso che a  mettere a disposizione i capitali a Russo sarebbe stato proprio Corvino attraverso Gentile e Robbio.

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