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CELLOLE – RIFIUTI, IL TAR HA DECISIO: LEGITTIMA LA DECISIONE DI USCIRE DAL CUB

CELLOLE – La decisione dell’amministrazione di lasciare il Consorzio Unico dei Rifiuti è giusta. Lo ha confermato il Tar ha on la sentenza sul ricorso numero di registro generale 4144 del 2012, proposto dal CONSORZIO UNICO DI BACINO DELLE PROVINCE DI NAPOLI E CASERTA, contro il  COMUNE DI CELLOLE,  e nei confronti del 0CONSORZIO CITE (Consorzio Interprovinciale Trasporti Ambientali) S.c.a.r.l. Il Cub chiedeva l’annullamento  dell’ordinanza sindacale n. 20 del 21 giugno 2012, con la quale il Comune di Cellole ha disposto di sciogliersi da ogni vincolo contrattuale con il Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta (d’ora in seguito anche “CUB”) e di affidare il servizio di igiene urbana al Consorzio CITE per la durata di tre mesi a decorrere dal 23 giugno 2012 e fino al 22 settembre 2012;

b) della determinazione del responsabile dell’area ambiente del Comune di Cellole n. 36 dell’8 giugno 2012, con la quale si disponeva l’affidamento del servizio di igiene urbana in favore del CUB per tutto l’anno 2012;

c) di ogni altro atto antecedente, connesso e/o conseguente, ove e per quanto lesivo degli interessi del ricorrente;

Inoltre il ricorrente chiedeva la cancellazione della deliberazione del Consiglio Comunale di Cellole n. 26 del 1° agosto 2012, con la quale si è preso atto e si è approvata l’ordinanza sindacale n. 20 del 21 giugno 2012, facendo propri i contenuti in essa riportati;

dell’ordinanza sindacale n. 43 del 20 settembre 2012, con la quale il Comune di Cellole ha statuito di prorogare, in favore del Consorzio CITE, l’affidamento del servizio di igiene urbana fino al 31 dicembre 2012;

Il Comune di Cellole affidava la gestione del servizio di igiene urbana al Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta sin dall’istituzione di quest’ultimo avvenuta nel luglio 2008, reiterando da ultimo l’affidamento per tutto il 2012 con la determinazione del responsabile dell’area ambiente n. 36 dell’8 giugno 2012.

A seguito di problematiche relative alla corretta esecuzione del servizio il Comune, con ordinanza sindacale n. 20 del 21 giugno 2012, decideva di risolvere il rapporto contrattuale con il CUB e di affidare temporaneamente il servizio al Consorzio CITE.

Con deliberazione di Consiglio Comunale n. 26 del 1° agosto 2012, provvedeva a ratificare la predetta ordinanza sindacale facendo propri i contenuti della stessa.

Successivamente, con ordinanza sindacale n. 43 del 20 settembre 2012 statuiva di prorogare l’affidamento in favore del Consorzio CITE fino al 31 dicembre 2012.

Il Collegio ritiene di prescindere dallo scrutinio delle eccezioni di rito formulate dalle difese del Comune e del Consorzio CITE, giacchè il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, si presenta infondato nel merito.

La difesa comunale rileva prioritariamente che il Consorzio ricorrente non ha prodotto il contratto intercorso con il Comune di Cellole, deducendo che tale circostanza comporterebbe l’infondatezza del ricorso per inesistenza della relativa fonte contrattuale.

Al riguardo, va invero rilevato che nessuna delle parti in giudizio ha prodotto atti negoziali regolanti il rapporto. Nondimeno è incontroverso che un rapporto per lo svolgimento del servizio in questione fosse comunque in essere tra il CUB ed il Comune, per cui non vi è spazio per una reiezione pregiudiziale delle domande.

Piuttosto è da ritenere che non esistano atti negoziali rilevanti ai fini della decisione delle questioni controverse, che vanno risolte allo stato degli atti depositati in giudizio, essendo da escludere l’acquisizione d’ufficio di elementi di prova che siano nella disponibilità delle parti, sulle quali incombe, ai sensi dell’art. 64 c.p.a., l’onere di provare i fatti posti a fondamento delle rispettive domande ed eccezioni.

Si profilano inammissibili tutte le censure rivolte avverso la determinazione comunale n. 36 dell’8 giugno 2012 e l’ordinanza sindacale n. 20 del 21 giugno 2012 per i seguenti dirimenti motivi: a) la prima è evidentemente un atto ampliativo della sfera giuridica del ricorrente, con conseguente carenza di interesse alla sua contestazione; b) la seconda è stata chiaramente sostituita in tutta la sua portata effettuale dalla deliberazione di Consiglio Comunale n. 26 del 1° agosto 2012, con la quale è stata ratificata la decisione di risolvere il rapporto contrattuale intrattenuto con il CUB, con conseguente sopravvenuta carenza di interesse alla sua impugnativa.

della compagine consortile;

– non sussisterebbe inadempimento del CUB; le lamentate disfunzioni sarebbero effetto del mancato versamento da parte dei Comuni di quanto dovuto, nonché di inefficienze della Regione Campania;

– mancherebbe una preventiva diffida alla risoluzione per inadempimento, ai sensi degli artt. 1453 e ss. c.c.;

– la risoluzione del rapporto contrattuale con il CUB non rientrerebbe tra i poteri del Consiglio Comunale, “trattandosi di un atto di competenza della Giunta, unico organo competente a disporre la risoluzione del contratto per paventato inadempimento”;

– il Consiglio Comunale avrebbe ratificato un provvedimento espressione di “un potere conferito esclusivamente al Sindaco in qualità di organo monocratico, che non opera nemmeno nella sua veste di organo eletto direttamente dai cittadini, ma nella diversa veste di ufficiale di Governo, ovvero di terminazione periferica dell’esecutivo nazionale”.

3.1. Le prefate doglianze meritano di essere tutte disattese per le ragioni di seguito esplicitate.

Giova in primo luogo premettere che la delibera e la determinazione impugnate non riguardano e non comportano la cessazione della partecipazione al CUB, ma si limitano piuttosto a risolvere il rapporto relativo allo svolgimento del servizio di igiene urbana.

Pertanto risultano inammissibili le censure riguardanti la permanenza del Comune resistente nella compagine consortile.

Sono estranee alla materia del contendere, nonché alla giurisdizione del giudice amministrativo, le questioni relative al pagamento delle relative quote e degli altri corrispettivi.

3.2. In ogni caso, per un’opportuna ricognizione del quadro normativo di riferimento, va rilevato che, successivamente all’art. 4 del decreto-legge n. 61 del 2007, recante l’obbligo dei comuni della regione Campania di avvalersi dei consorzi costituiti ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale n. 10 del 1993, l’art. 32-bis della legge regionale n. 4 del 2007, aggiunto dall’art. 1, co. 1, lett. r), della legge regionale n. 4 del 2008, ha sancito la cessazione delle funzioni dei consorzi obbligatori per lo smaltimento dei rifiuti ed il trasferimento delle stesse alle province, che subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi.

La modifica introdotta dall’art. 1, co. 69, della legge regionale n. 2 del 2010, in base alla quale la cessazione ed il conseguente trasferimento delle funzioni erano stati procrastinati al momento dell’avvenuto trasferimento dei servizi al nuovo soggetto gestore, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dal giudice delle leggi (cfr. Corte Cost., 3 marzo 2011 n. 69).

Al riguardo la Corte ha precisato che la norma regionale determina lo slittamento temporale dell’effettivo passaggio delle funzioni amministrative in tema di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Campania, incidendo sul sistema transitorio, e modifica la competenza relativa alla gestione dell’attività di smaltimento dei rifiuti, individuando in modo eccentrico rispetto alla legge statale l’ente pubblico responsabile dell’intera attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti, in contrasto con la disciplina statale, dettata dall’art. 11 del decreto-legge n. 195 del 2009 e, quindi, in violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente.

Orbene, l’art. 11, co. 8, del decreto-legge n. 90 del 2008 aveva stabilito che, nelle more della costituzione delle società provinciali di cui all’articolo 20 della legge regionale n. 4 del 2007, come modificato dall’articolo 1 della legge regionale n. 4 del 2008, i consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta, istituiti con legge regionale n. 10 del 1993, erano sciolti e riuniti in un unico consorzio, con esercizio separato delle funzioni su base provinciale a decorrere dal 27 novembre 2010 secondo quanto previsto dall’art. 2 del decreto-legge n. 196 del 2010.

In base all’art. 4, co. 1, del decreto-legge n. 172 del 2008, è stato demandato ai comuni della provincia di Caserta che si avvalgono del CUB, di avviare in forma singola o associata le procedure per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti urbani fino alla costituzione delle società provinciali, purché il relativo bacino di utenza sia di almeno quindicimila abitanti.

Il citato art. 11, co. 2 e 2-ter, del decreto-legge n. 195 del 2009 ha poi disposto che, per evitare soluzioni di continuità rispetto agli atti compiuti nella fase emergenziale, le amministrazioni provinciali, anche per il tramite delle relative società, subentrano nei contratti in corso con soggetti privati che attualmente svolgono in tutto o in parte le attività di raccolta, di trasporto, di trattamento, di smaltimento o di recupero dei rifiuti, o in alternativa possono affidare il servizio in via di somma urgenza ovvero possono eccezionalmente prorogare i contratti in cui sono subentrate; ciò fermo restando che, transitoriamente, le sole attività di raccolta, di spazzamento, di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite secondo le attuali modalità e forme procedimentali dai comuni fino e non oltre il 31 dicembre 2010, termine differito al 31 dicembre 2011 dall’art. 1-bis del decreto-legge n. 196 del 2010, al 31dicembre 2012 ex art. 13 del decreto-legge n. 216 del 2011, e da ultimo al 31 dicembre 2013 dall’art. 1 del decreto-legge n. 1 del 2013.

Pertanto, in definitiva, per norma statale inderogabile, fino e non oltre il 31 dicembre 2013, il Comune in questione può continuare ad avvalersi, per il servizio di igiene urbana, delle attuali modalità e forme procedimentali e cioè del CUB, che ancorché sciolto prosegue lo svolgimento del servizio di igiene urbana, in via del tutto eccezionale e transitoria.

La disposizione in esame presuppone ovviamente che il servizio venga svolto regolarmente, per cui non esclude che, nel caso di incapacità del CUB ad espletare le funzioni di competenza, il Comune abbia la potestà di affidare il servizio, avvalendosi delle modalità e delle forme procedimentali ordinarie previste dalla legge. Infatti lo scopo delle disposizioni in esame è quello di disciplinare il regime transitorio con misure straordinarie per evitare soluzioni di continuità nello svolgimento del servizio, non certo per imporre che la situazione eccezionale comporti l’interruzione del servizio.

Tant’è che l’art. 1 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3804 del 2009 contempla espressamente misure sostitutive contingibili ed urgenti in caso di accertata criticità nello svolgimento del servizio da parte del predetto Consorzio, al fine di assicurare la indispensabile tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani nei territori posti sotto la rispettiva amministrazione.

Il Comune resistente ha contestato più volte al Consorzio ricorrente il mancato svolgimento del servizio, con particolare riguardo alle località turistiche di Baia Domizia e Baia Felice, come emerge dallo stesso tenore motivazionale dell’ordinanza sindacale n. 20/2012.

A fronte delle puntuali contestazioni del Comune, non risulta che il CUB abbia fornito riscontro, per cui le giustificazioni allegate sull’argomento con i motivi di ricorso per un verso si palesano tardive, generiche e non provate, e per altro verso non escludono la sostanziale incapacità del Consorzio stesso a svolgere le proprie funzioni, secondo quanto lamentato dal Comune.

Alla luce di quanto precede, va riconosciuto che il Consorzio è stato più volte diffidato ad adempiere, che l’inadempimento del Consorzio non risulta, sotto il profilo oggettivo, di scarsa rilevanza avuto riguardo all’interesse del Comune e che, sotto il profilo soggettivo, il debitore inadempiente non ha provato che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 dicembre 2012, n. 6297).

Nella specie l’atto di risoluzione contrattuale si accompagna ad una scelta in ordine all’organizzazione del pubblico servizio di igiene urbana nonché alle forme e modalità di affidamento del medesimo. Pertanto, la relativa deliberazione rientra pienamente nell’ambito delle attribuzioni riservate al Consiglio Comunale quale organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, ai sensi dell’art. 42, co. 2, lett. e), del d.lgs. n. 267 del 2000.

Parimenti, non si ravvisa alcuna anomalia nell’intervenuta ratifica da parte del Consiglio Comunale, atteso che le ordinanze contingibili ed urgenti in materia di emergenze sanitarie e di igiene pubblica – tra le quali rientra a buon diritto l’ordinanza sindacale n. 20/2012 – sono emanate dal Sindaco in qualità di rappresentante della comunità locale, e cioè di capo dell’amministrazione comunale, e non di ufficiale di governo (cfr. art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, letto in relazione alla diversa disposizione contenuta nel successivo art. 54, comma 4).

Posto che la decisione dell’amministrazione comunale di risolvere il rapporto contrattuale con il CUB è immune dai vizi dedotti, si palesano di conseguenza inammissibili per carenza di interesse le rimanenti censure, articolate nei motivi aggiunti, con cui si intende infirmare l’ordinanza sindacale n. 43/2012 di proroga dell’affidamento in favore del Consorzio CITE, non potendo evidentemente il CUB più ambire al mantenimento della gestione del servizio di igiene urbana.

Le considerazioni che precedono valgono anche ad escludere l’ingiustizia del danno lamentato dal Consorzio ricorrente come presupposto necessario per il riconoscimento della responsabilità del Comune resistente, con conseguente infondatezza della domanda risarcitoria.

In conclusione, resistendo gli atti impugnati a tutte le pretese vantate in termini sia impugnatori sia risarcitori, il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, merita di essere respinto per infondatezza.

Attese le peculiarità della complessa vicenda e delle questioni trattate, si ravvisano giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.

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