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PIETRAVAIRANO – Appalti truccati, appello Panarello

PIETRAVAIRANO. Appalti in Comune aggiudicati sempre dalle stesse ditte che pagavano una percentuale agli amministratori divenuti poi soci dei costruttori. La vicenda che vede coinvolto l’ex sindaco di Pietravairano Dario Rotondo, storia di corrotti e corruttori, ha avuto già un primo epilogo, con la sentenza di condanna per l’architetto Giuseppe Panarello, sempre di Pietravairano. Il tecnico finito anch’egli nell’inchiesta che fece scattare le manette per gli ex amministratori è stato condannato con rito abbreviato a scontare una pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione. La sua posizione, all’epoca dell’udienza preliminare, venne stralciata per la scelta del rito che l’imputato fece. Il processo è finito già in Appello e vi è stata già requisitoria da parte del procuratore generale che ha chiesto una condanna a 3 anni ed 8 mesi, una pena lievemente meno afflittiva di quella che invece gli è stata già comminata dal gup del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Le discussioni della difesa sono fissate per il prossimo 5 novembre. Panarello insieme ad altri due colleghi, Giuseppe Di Duca e Valerio Mortellaro, faceva parte di quel sistema che è stato denominato “Diga”, una sorta di misura di prevenzione che i tre si affrettavano a prendere per impedire l’accesso di altre società o ditte negli appalti del comune e dunque proteggere gli affari di quelle uniche ditte che si aggiudicavano gli appalti attraverso un sistema davvero ferraginoso e diabolico.
La “diga” era uno sbarramento attuato dai tre tecnici, tra cui Panerello, per proteggere il sistema che gli amministratori, collusi con gli imprenditori corruttori, avevano attuato per mettere le mani sulla pioggia dei milioni di euro che arrivavano per i lavori pubblici. Per rifare le strade per ristrutturare edifici e scuole comunali per gli impianti di illuminazione e quant’altro pur arrivando le richieste di partecipazione di numerose altre ditte erano sempre quelle di Zagaria e Di Bello ad aggiudicarsi i lavori. Ciò avveniva perché il sistema della diga messo in moto da Panarello impediva l’accesso ad altre imprese reali, mentre per le gare d’appalto facevano passare proposte fittizie, offerte provenienti da società che sono poi risultate inesistenti a seguito dei controlli della GdF.   Il costruttore Vincenzo Rotondo avrebbe voluto entrare anch’egli nella cerchia favorita dagli amministratori per potersi aggiudicare qualche lavoro ma fu messo in disparte. Il sindaco e l’assessore ai lavori pubblici pur avendogli promesso i  lavori in cambio del 5 per cento dell’importo, non lo fecero entrare preferendo ancora una volta Zagaria e Di Bello.  (Maria Giovanna Pellegrino)

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