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Sant’Angelo D’Alife / Riaviscanina – Anniversario della morte del Papa del Gran Rifiuto, le “colpe” di Vairano Patenora

Sant’Angelo D’Alife / Raviscanina – Il 19maggio 2016 si compiono 720 anni dalla morte di Celestino V, il papa del gran rifiuto, l’eremita del Morrone. Il 19 maggio la Chiesa Cattolica ricorda e celebra l’ascesa al cielo di Celestino V, e mentre  in più luoghi celebrazioni e convegni Vairano lascia perire senza muovere ciglio monumenti di inestimabile valore. Spiace constatare che  mentre il Matese continua a tremare per scuotimenti sismici, mentre a Raviscanina si è eretta una statua al Papa santo, in Vairano resta in abbandono e minaccia il  crollo sia la cappella con il suo ritratto sia il più antico monumento gotico del regno di Napoli.
Nel 2005 con la pubblicazione  del libro Il segreto di San Pietro Celestino V , Domenico Caiazza, noto studioso di archeologia e Medioevo,  dimostrò sulla scorta della Bolla di Canonizzazione che lo dice nato in Terra di Lavoro ed in un castello chiamato Sant’Angelo, la nascita in Sant’ Angelo di Ravecanina.  Avendo notato che nelle sue visioni il Santo citava il suo antico Abate e Maestro  vestito con abito bianco, lo studioso ipotizzò che avesse studiato  nell’abbazia cistercense della Ferrara, sita in Vairano Patenora, prima abbazia cistercense nel Reame di Napoli e dunque primo edificio gotico del regno,  distante appena sei chilometri dal luogo di nascita.  Ipotesi confermata dal fatto che nell’ Abbazia nella Cappella dello Siprito Santo, tomba di Malgerio Sorel feudatario normanno fattosi monaco in tarda eta,  il Caiazza riconobbe tra i monaci dipinti attorno al catafalco del defunto  il ritratto realistico del Santo.  Inoltre l’Abbazia  e Celestino V avevano entrambe al massimo grado la devozione allo Spirito Santo, tanto che  la prima, contravvendendo alla regola Cistercense  dedicò allo Spirito Santo tutti i suoi monasteri dipendenti ed in chiamò Fraticelli della Spirito santo i suoi monaci. Data al mentalità etimologica medievale con la elezione a Papa dell’eremità sembrò si realizzasse la profezia di Gioacchino da Fiore sulla venuta di un Papa Angelico che avrebbe purificato papato e chiesa: Pietro, era il suo nome come quello del Principe degli Apostoli, ed era nato in un luogo chiamato S. Angelo, e figlio di un Angelerio degli Angeleri. Poiché l’abbazia è in rovina nel corso di un convegno di studi nel 2005  fu lanciato un appello per il suo consolidamento e restauro.  Fu raccolto unicamente dalla Banca Capasso Antonio Spa che finanziò il restauro dell’affresco medievale che reca anche un rarissimo  ritmo gotico che narra al storia del  feudatario e della sua cappella che è un monumento praticamente unico in Italia. Il restauro dell’affresco fu preceduto dal puntellamento della cappella che mostrava gravi lesioni e proprio tali puntelli l’hanno tenuta in piedi durante i terremoto matesino del 2013, che però accentuò le lesioni. Improvvidamente la Soprintendenza di Caserta, tristamente nota per non  aver impedito lo sfacelo di Carditello, escluse l’aggravamento delle lesioni ad opera del sima e impedì così il finanziamento del restauro. Così nella primavera del 2014 fu lanciato un nuovo appello da Italia Nostra e dal centro Studi sul medioevo per il restauro di cappella ed Abbazia. Il Comune di Vairano il 27 marzo 2014 convocò una conferenza, cui parteciparono Cantro Studi sul medioevo, Italia Nostra e Ordine degli Architetti di Caserta,  che ebbe unico effetto di un sopralluogo di Comune e Soprintendenza alla Cappella che ebbe un rafforzamento dei puntelli interni, mentre quelli esterni erano e sono ormai marci. In sede di conferenza il 27 marzo del 2014 il comune si impegnò ad accertare in modo inequivoco la proprietà della abbazia, che una relazione e documenti catastali del Centro Studi  indicavano come di proprietà comunale ma nonostante ripetuti solleciti solo nell’ottobre 2015 il comune incaricava un geometra di Potenza di indagare. Grazie a questa indagine è, come emerge da una articolata nota del Centro Studi acquisita il 13 maggio al protocollo del Comune  di Vairano che questi è realmente il proprietario dell’abbazia e dei terreni circostanti.  Infatti il perito ha dimostrato che nel 1928 fu incaricato l’ingegnere Marcello Buontempo di verificare i demani del comune di Vairano. Questi redasse un elenco degli occupatori legittimi dei terreni comunali e un altro elenco dei terreni ed occupatori abusivi. Poi ai sensi della legge 1766 del 1927  pubblicò gli elenchi invitando gli occupatori abusivi a restituire i terreni  o fare istanza di legittimazione. Gli occupatori abusivi dell’abbazie terreni limitrofi fecero  domanda di legittimazione e ai sensi di legge divennero da Occupatro Abusivi, occupatori legittimi ed  enfiteuti del Comune di Vairano,  che conservò la nuda proprietà dell’immobile. Quali enfiteuti   essi obbligarono se setssi ed i loro erdi  si obbligarono a migliorare gli immobili e a corrispondere un canone enfiteutico annuale al comune.  Poiché gli immobili non sono mai stati affrancati, e sono stati abbandonati alla rovina, conclude il Caiazza, che il Comune ha il diritto dovere di chiederne la devoluzione, cioè di diventare anche possessore oltre che nudo proprietario. In tal modo potrà attivare progetti di consolidamento e restauro.  L’avvocato  Caiazza chiede anche alla Soprintendenza di applicare finalmente l’art 30 del Codice dei Beni culturali che recita “ i privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali sono tenuto a garantirne la conservazione” visto che l’abbazia è vincolata degli anni 80 del secolo scorso.  Inoltre  ha richiamato il principio di giurisprudenza di recente elaborato ed applicato dalla Procura della Repubblica di Siracusa, che sequestrando il Castello della città e notificando avviso di garanzia al Presidente della Regione, proprietaria dell’immobile”. L’autorità giudiziaria in questo caso ha evidenziato il principio secondo cui “la funzione di vigilanza e tutela di un bene immobile di notevole importanza monumentale non afferisce al profilo di discrezionalità del proprietario, ma piuttosto a ben specifici obblighi giuridici di agire, che si traggono agevolmente dalla disciplina penale, da quella civile e, infine, da quella amministrativa che affida compiti e poteri alla pubblica amministrazione in virtù del fondamentale principio di rango costituzionale di tutela del patrimonio storico e artistico del paesaggio della Nazione”. Infine “i mancati interventi, relativi ai pericolo di crollo della struttura” hanno creato “un grave rischio per l’incolumità pubblica”.

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