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RIARDO – Oasi FAI – FERRARELLE, il caso che scotta

riardo. Lo scempio attuato nel cuore dell’Oasi Ferrarelle sembra essere un caso troppo scottante. Un faldone con una serie di notizie (forse anche alcune raffiguranti probabili reati) giace da mesi sul tavolo di qualche  magistrato. Eppure le prove di quanto accaduto sono evidentissime. Sulla vicenda c’è stata anche l’inchiesta della Procura di Salerno che però ha solo valutato l’ipotesi di reato relativa alla diffamazione a mezzo stampa. Una diffamazione che le prove raccolte sul posto dalla valorosa Marta Santoro – del Corpo Forestale dello Stato – hanno dimostrto inesistente.  Lo scempio all’oasi Ferrarelle, si è consumato un anno fa circa quando i mezzi meccanici dell’azienda famosa nel mondo per le sue bollicine hanno raso al suolo diverse centinaia di alberi – in gran parte querce – messi a dimora dagli uomini della comunità montanta del Montemaggiore nel periodo dal 2006 al 2008. Tre anni di interventi, tutti a favore dell’azienda Ferrarelle – utilizzando esclusivamente soldi pubblici – senza nulla in cambio per la collettività. La fetta di rimboschimenti cancellato, questa volta, è stata quella che la comunità Montana realizzò come prolungamento naturale del secolare bosco già esistente. Probabilmente, le nuove illuminate menti che stanno gestendo l’oasi – stravolgendola totalmente, hanno ritenuto di poter cancellare, con qualche ora di lavoro di un mezzo meccanico, gli interventi attuati dalla comunità montana del Montemaggiore, durati diversi anni. Per fortuna, in precedenza,  i carabinieri di Pietramelara – guidati dal maresciallo Pasquale Mariano – avevano acqusito grosse quantità di documentazione sull’intera questione dell’Oasi Ferrarelle. Inoltre, gli stessi invesitgatori, avrebbero acquisito importanti testimonianze da parte dei capo-cantieri che all’epoca del rimboschimento attuarono gli interventi per conto della comunità montana del Montemaggiore.  Quello che potrebbe configurarsi è un autentico arricchimento illecito ottenuto dall’azienda del gruppo guidato da Carlo Pontecorvo che ha ricevuto, per anni, gli interventi attuati dalla comunità montana del Montemaggiore, senza tuttavia dare nulla in cambio. Appare infatti impensabile che un ente pubblico attui degli interventi così costosi e prolungati su un suolo privato senza che lo stesso venga sottoposto ad alcun vincolo in favore della collettività.

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