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VAIRANO PATENORA – Ferrara, la vera ricchezza della città: ignorata da tutti. La vergogna di ogni amministratori

VAIRANO PATENORA – L’abbazia della Ferrara e l’affresco nella cappella funeraria di Malgerio Sorel sono la vera ricchezza di Vairano Patenora e del territorio circostante. Una struttura troppo importante con un affresco unico al mondo sono nel degrado assoluto. Fra l’indifferenza generale.
Mentre ogni giorno politici, amministratori e saputelli di turno si cimentano nell’inutile arte delle chiacchiere, monumenti unici al mondo si avviano verso  lo sfracello. Altro che castello, altro che borgo, alctro che Taverna della Catena. La struttura della Ferrara, da sola, potrebbe essere il motore per il turismo, non solo di Vairano, ma dell’intero Alto Casertano.
Invece rappresenta una vergogna per l’amministrazione attuale, guidata dal sindaco Bartolomeo Cantelmo, così come lo è stata per tutte le altre che hanno guidato il municipio di Vairano.  E’ una vergona – lo stato in cui versa quel monumento – anche per chi si dice sicuro di essere proprietario. Una struttura così importante va tutelata che sia essa privata o pubblica. Se è pubblica, allora il comune intervenga immediatamente. Se è privata, allora, intervenga il privato. Tuttavia la certezza che quel bene sia pubblico  sembra ormai assoluta.
Invece da decenni si va avanti recitando una commedia che non porta da nessuna parte, contribuendo solo ad aumentare il degrado e l’abbandono di una struttura che dovrebbe essere il simbolo di un territorio.
Oltre un anno fa, anche l’amministrazione Cantelmo, recitò la sua bella parte – nella solita commedia – convocando una conferenza dei servizi, assicurando sulla stampa (amica) che presto tutto sarebbe stato risolto. Dopo oltre un anno, invece, tutto è fermo, come prima. Anzi non si è stati capaci nemmeno di accettare la donazione di una donna che vorrebbe dare alla collettività vairanese i suoi presunti diritti su quell’area. Come mai?
L’unico che sembra  non aver dimenticato la partita è l’avvocato Domenico Caiazza che già un anno fa, subito dopo il terremoto, lanciò l’allarme per il pericolo crollo per la Cappella funeraria di Malgerio Sorel, struttura di fine 1200 che si trova all’interno dell’abbazia circestense, ormai in rovina, di Santa Maria della Ferrara a Vairano Patenora, e che ospita un affresco rarissimo che ritrae l’immagine di Pietro del Morrone, il monaco passato alla storia come il «Papa del gran rifiuto» Celestino V.
«I sismi del 29 dicembre e del 20 gennaio – denunciava l’archeologo Domenico Caiazza, presidente del Centro Studi Medioevale di Terra di Lavoro – hanno aperto crepe visibili e profonde nei muri dell’immobile dalle quali entra la luce del sole; la cappella rischia in ogni momento il crollo. Bisogna intervenire subito, ma da un lato la Sovrintendenza non mi ha ancora risposto, mentre il Comune di Vairano è corso ai ripari organizzando una conferenza di servizi per il 27 marzo prossimo».  La cappella è una vera chicca medioevale costruita in memoria del feudatario di Alife Sorel che si fece monaco lasciando tutti i beni alla Chiesa. L’unicità dell’affresco che raffigura la sepoltura del nobile cui partecipò anche il futuro Papa Celestino V è data anche dalla presenza di una dedica in «ritmo gotico», una scritta a metà tra poesia e prosa che narra la storia di Sorel.  È del 2010 l’ultimo intervento di messa in sicurezza della cappella, frutto della sinergia fra pubblico e privato; da un lato, la banca Capasso Antonio spa di Alife finanziò con oltre 15mila euro il restauro dell’affresco, mentre il Comune di Vairano Patenora puntellò la struttura rendendola più stabile. Attorno alla cappella, l’Abbazia costruita intorno al 1180 D.C. – in cui dimorò per cinque giorni l’imperatore Federico II e in cui ci fu la predicazione del monaco Gioacchino da Fiore che profetizzò proprio l’avvento di un papa come Celestino V, che da monaco vi studiò 18 anni prima di partire per Roma dove fu ordinato sacerdote – è in parte crollata e ospita gufi e volpi e un rigoglioso bosco. «La cappella è ciò che resta in seguito all’azione degli agenti atmosferici e all’abbandono delle istituzioni», conclude Caiazza.

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