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PIEDIMONTE MATESE – Concessioni edilizie, sanatorie e oneri, il comune bocciato dal Tar

PIEDIMONTE MATESE –  Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) boccia il municipio di Piedimonte Matese. Tutto scritto nella sentenza sul ricorso numero di registro generale 1601 del 2010, proposto da: Le Terre dell’Angelo s.r.l., contro  il municipio piedimontese per l’annullamento dell’accertamento di conformità e compatibilità paesaggistica relativo ai lavori di costruzione di un fabbricato per uso abitazione eseguiti in difformità rispetto al permesso di costruire.  In data 6 agosto 2004 la società “Le Terre dell’Angelo” conseguiva il permesso di costruire prot. n. 2375 per la ristrutturazione ed adeguamento di un fabbricato da destinare a civile abitazione sito in località San Pietro nel Comune di Piedimonte Matese.

In difformità da quanto previsto nel predetto titolo abilitativo, la ricorrente provvedeva alla ricostruzione di un nuovo edificio in posizione diversa e con volume inferiore (mc. 1633 a fronte dei mc. 1699 assentiti) giustificando la variazione progettuale con la inidoneità sotto il profilo geologico del sito originario.  In data 19 maggio 2008 presentava domanda di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 per il completamento del nuovo manufatto da effettuarsi previa demolizione del pregresso fabbricato originariamente assentito. L’intervento ricadeva in area sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e ricompresa nel Piano Territoriale Paesistico del Matese approvato con D.M. 4 settembre 2000. Il nuovo progetto edilizio otteneva il parere favore della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Caserta e Benevento e veniva autorizzato dal Comune con permesso di costruire n. 555 del 4 marzo 2010.  Con tale atto venivano determinati gli oneri economici dovuti dalla ricorrente, complessivamente quantificati in euro 48.371,36 di cui:

a) euro 35.123,74 per l’oblazione ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001;

b) euro 7.746,00 per la sanzione pecuniaria ex art. 167 del D.Lgs. 42/2004 secondo i criteri fissati dal regolamento approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 34 del 26 novembre 2008;

c) euro 5.501,62 per il contributo di costruzione di cui all’art. 16 del D.P.R. 380/2001, quantificato secondo le modalità stabilite con delibera del Consiglio Comunale n. 316 del 1 dicembre 1988, di cui euro 1.404,97 per oneri di urbanizzazione ed euro 4.096,65 per quota costo di costruzione.

Pur non condividendo la determinazione del quantum, la società provvedeva al pagamento dell’importo liquidato dal Comune, riservandosi la facoltà di agire per la restituzione dell’indebito.  Con il gravame in trattazione la ricorrente contesta il calcolo degli oneri economici effettuato dal Comune e, in sintesi, espone che:

I) il valore unitario da utilizzare per la determinazione della sanzione pecuniaria ex art. 167 D.Lgs. 42/2004 (profitto consistente nel valore venale del bene prima e dopo la trasgressione) sarebbe quello della struttura assentita con permesso di costruire n. 2375/2004 – poiché è in rapporto a tale progetto che si registra la difformità – e non quello relativo ad epoca antecedente;

II) quanto all’oblazione ex art. 36 D.P.R. 380/2001, l’ente avrebbe erroneamente valutato la tipologia di abuso (totale e non parziale difformità) e non avrebbe decurtazione gli oneri già versati per il ritiro del permesso di costruire n. 2375/2004.  L’esponente insiste affinché vengano rideterminati sanzione pecuniaria ed oblazione e, per l’effetto, chiede che il Comune venga condannato alla restituzione della somma indebitamente percepita che quantifica in euro 24.120,50 – pari alla differenza tra la somma corrisposta dalla società (euro 48.371,36) e quella che sarebbe stata dovuta secondo la prospettazione attorea (euro 24.250,86) – oltre interessi legali a far data dalla domanda giudiziale.

Resiste in giudizio l’amministrazione comunale che, in limine, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione della nota comunale prot. 2920 del 4 novembre 2009, notificata al legale rappresentante della ricorrente in data 9 novembre 2009 (recante quantificazione degli importi dovuti a titolo di oblazione, sanzione pecuniaria e contributo di costruzione) oltre che per l’acquiescenza della società desumibile dal pagamento del quantum e dal ritiro del titolo edilizio in sanatoria.  Il Comune deduce inoltre l’inammissibilità del gravame, siccome notificato ad un inesistente “commissario p.t.” e non, piuttosto, al Sindaco pro tempore. Sempre in rito, espone che gli oneri economici sono stati determinati in base alle inoppugnate deliberazioni consiliari n. 34 del 26 novembre 2008 (con la quale è stato approvato il regolamento per la determinazione della sanzione di cui all’art. 167 D.Lgs. 42/2004) e n. 316 del 1 dicembre 1988 (recante modalità per la determinazione del contributo di costruzione).  Nel merito, l’amministrazione replica alle censure di parte ricorrente ed evidenzia come il ragionamento di parte ricorrente si fondi su un assunto erroneo. Ciò in quanto, osserva l’ente, il permesso di costruire n. 2375/2004 non avrebbe alcuna attinenza con il nuovo titolo edilizio in sanatoria n. 555/2010 che ha originato la quantificazione di cui si controverte, considerato che quest’ultimo riguarda un fabbricato distinto rispetto a quello originariamente assentito ed ubicato in una diversa area di sedime. Quindi, prosegue la parte resistente, il Comune avrebbe correttamente applicato il regime degli oneri previsto per la sanatoria di costruzioni realizzate in difetto di titolo abilitativo (piuttosto che in parziale difformità). Con ordinanza n. 180 dell’8 gennaio 2013 il T.A.R. ha disposto verificazione ai sensi dell’art. 66 cod. proc. amm. incaricando il Dirigente p.t. dell’Ufficio Tecnico della Provincia di Caserta con facoltà di delega ad un funzionario del proprio ufficio, al fine di accertare la corretta applicazione da parte dell’intimata amministrazione locale dei criteri di determinazione degli oneri economici specificati nell’impugnato provvedimento.  Con memoria depositata il 13 maggio 2013 il Comune riferisce che l’immobile de quo è stato alienato dalla società ricorrente alla “Di Pietro s.a.s. di Di Pietro Ruggero & C.” ed assume che sarebbe venuta meno la legittimazione ad agire in capo alla ricorrente: eccepisce pertanto l’improcedibilità del gravame e, in subordine, invoca l’interruzione del giudizio ai sensi dell’art. 79 cod. proc. amm. e dell’art. 299 cod. proc. civ..

Il verificatore arch. Salvatore Merola, funzionario del Settore Edilizia della Provincia di Caserta all’uopo delegato, ha depositato la propria relazione conclusiva in data 22 ottobre 2013 e successiva integrazione in data 29 ottobre 2013. Alla pubblica udienza del 6 novembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione. In via preliminare, sono destituite di giuridico fondamento le eccezioni in rito sollevate dalla difesa dell’amministrazione comunale.  In argomento, deve rammentarsi che le controversie concernenti la determinazione, liquidazione e corresponsione degli oneri concessori sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, lett. f), del cod. proc. amm., trattandosi di atti e provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia, concernenti tutti gli aspetti dell’uso del territorio (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 9 maggio 2012 n. 2136). Quanto alla presunta inammissibilità del gravame, si osserva che ogni questione inerente l’esistenza e l’entità del debito comunque connesso a contributi urbanistici involge posizioni di diritto soggettivo, sottratte agli ordinari termini decadenziali del giudizio impugnatorio pur in presenza di atti amministrativi, presentandosi come un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario, attivabile nel normale termine di prescrizione (Consiglio di Stato, Sez. V, 27 settembre 2004 n. 6281; 21 aprile 2006 n. 2258; 9 febbraio 2001 n. 584).  Pertanto non rileva l’omessa impugnazione della nota comunale prot. n. 319/2010 e delle deliberazioni consiliari n. 34/2008 e n. 316/1988 trattandosi, come si è visto, di giudizio sul rapporto e non sulla legittimità degli atti emanati dall’intimata amministrazione.  Anche l’eccezione di inammissibilità per intervenuta acquiescenza va respinta. Difatti, il pagamento dei contributi connessi al rilascio del titolo concessorio non costituisce di per sé acquiescenza sulla debenza delle relative somme considerato, sotto un primo profilo, che la società formulava specifica riserva provvedendo alla liquidazione “salvo ripetizione” ed inoltre che il pagamento di queste ultime non denota l’univoca intenzione di rinunciare a contestare la loro liquidazione, né a richiederne il rimborso, in tutto o in parte (T.A.R. Lombardia, Milano, 14 aprile 2004 n. 1463; T.A.R. Umbria, 9 maggio 2013 n. 277).

La notifica del ricorso effettuata al “commissario p.t.” non dà luogo ad inammissibilità del medesimo trattandosi, con tutta evidenza, di mero errore materiale inidoneo ad inficiare la corretta instaurazione del rapporto processuale, tenuto anche conto che il gravame è stato ritualmente consegnato all’intimata amministrazione locale, come risulta dalla relata di notifica. Infine, l’alienazione del fabbricato de quo non esclude la legittimazione processuale e l’interesse a ricorrere della società istante la quale, come si è visto, ricorre in giudizio al fine di ottenere la parziale restituzione delle somme versate che assume indebitamente corrisposte al Comune. Nel merito, il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.  La controversia in esame ha ad oggetto la corretta determinazione dell’oblazione e della sanzione pecuniaria conseguenti alla realizzazione di un fabbricato sanato ai sensi, rispettivamente, dell’art. 36 D.P.R. 380/2001 e dell’art. 167 D.Lgs. 42/2004.  In base all’art. 36 secondo comma D.P.R. 380/2001 il rilascio dell’accertamento di conformità è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’art. 16 del T.U. Edilizia: nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

A sua volta, l’art. 16 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (riprendendo analoga previsione contenuta nell’art. 3 della L. 28 gennaio 1977 n. 10) stabilisce che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione.  Il contributo per oneri di urbanizzazione è determinato, a norma dell’art. 16 quarto comma del citato decreto, in rapporto all’incidenza delle opere di urbanizzazione, sulla base delle tabelle parametriche regionali che sono definite tenendosi conto dell’andamento demografico, delle caratteristiche geografiche dei Comuni, delle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici e dei rapporti minimi inderogabili di edificabilità. Il contributo afferente al costo di costruzione, invece, a norma dell’art. 16 nono comma, è determinato in rapporto alle caratteristiche e alle tipologie delle costruzioni, nonché alle loro destinazioni ed ubicazioni. In giurisprudenza (T.A.R. Toscana, 11 agosto 2004 n. 3181; T.A.R. Campania, Salerno, 23 maggio 2003 n. 548) si è osservato che il contributo per gli oneri di urbanizzazione ha funzione recuperatoria delle spese sostenute dalla collettività comunale in relazione alla trasformazione del territorio assentita al singolo, mentre il contributo per il costo di costruzione, che è rapportato alle caratteristiche ed alla tipologia delle costruzioni, e non è alternativo ad altro valore di genere diverso, afferisce alla mera attività costruttiva in sé valutata.  L’obbligazione contributiva per costo di costruzione, dunque, è acausale ed appare soffermarsi sulla produzione di ricchezza connessa all’utilizzazione edificatoria del territorio ed alle potenzialità economiche che ne derivano, e, pertanto, ha natura essenzialmente paratributaria, risultando così il relativo contributo in ogni caso dovuto.  L’obbligazione per oneri di urbanizzazione, invece, appare causale ed ha natura di corrispettivo di diritto pubblico di natura non tributaria, dovuto dal titolare della concessione edilizia per la partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione connessi all’edificazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae.

Viceversa, l’art. 167 D.Lgs. 42/2004 prevede la sanzione della rimessione in pristino per i manufatti realizzati in difetto di autorizzazione paesaggistica salva la facoltà per l’avente diritto di richiedere l’accertamento ex post della compatibilità ai sensi del quarto comma della richiamata disposizione in casi tassativamente previsti (es. lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati). Il quinto comma prevede che, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una sanzione pecuniaria così determinata “somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima…”. Ciò posto, nella relazione conclusiva il verificatore ha proceduto a calcolare sia l’oblazione dovuta ex art. 36 D.P.R. 380/2001 che la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 167 del D.Lgs. 42/2004.

In dettaglio, ha proceduto come segue:

I) Misura dell’oblazione ai sensi del T.U. Edilizia:

a) quantificazione del contributo di costruzione ex art. 16 T.U. Edilizia (da raddoppiare per individuare la misura dell’oblazione) come somma tra: a) il costo della costruzione, calcolata in relazione alla superficie complessiva, pari ad euro 13.522,17; b) gli oneri di urbanizzazione, rapportati al volume dell’edificio, che ammontano ad euro 4.030,17;

b) la somma di tali importi è pari ad euro 17.552,34, al quale occorre sottrarre gli oneri di urbanizzazione già versati dalla concessionaria in relazione al permesso di costruire n. 555/2010 (euro 2.446,66): la differenza ammonta ad euro 15.105,68;

c) ai sensi dell’art. 36 del T.U. Edilizia, l’oblazione è pari quindi ad euro 30.211,36 (doppio del contributo di costruzione come sopra determinato);

II) sanzione pecuniaria di cui all’art. 167 D.Lgs. 42/2004:

a) determinazione della sanzione massima in base all’incremento di valore del bene (regolamento approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 34 del 26 novembre 2008): euro 5.164,00;

c) ulteriore sanzione da applicare “per opere di ristrutturazione edilizia, ampliamenti e nuove costruzioni” ex art. 9 del medesimo regolamento comunale, pari alla metà di quella prevista dall’art. 5: euro 2.582,00;

d) totale delle sanzioni dovute ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. 42/2004: euro 7.746,00;

III) somma dell’oblazione (30.211,36) e della sanzione pecuniaria (euro 7.746,00): euro 37.957,36.

Il Collegio ritiene di condividere le conclusioni alle quali è pervenuto il verificatore: per l’effetto, il Comune va condannato alla restituzione dell’importo di euro 10.414,00, pari alla differenza tra quanto percepito (euro 48.371,36) e la somma effettivamente dovuta, come determinata dal verificatore (euro 37.957,36).

Su tale somma andranno altresì corrisposti gli interessi legali a far data dalla domanda giudiziale fino al soddisfo.

L’accoglimento parziale del ricorso giustifica l’integrale compensazione delle spese ed onorari di giudizio.

Quanto al compenso del verificatore, ritiene la Sezione che esso vada liquidato complessivamente in euro 1.500,00 (millecinquecento/00) al netto di imposte e contributi di legge, al quale occorre aggiungere le spese documentate per l’espletamento dell’incarico (euro 28,80: cfr. fattura allegata alla relazione). Tale importo va posto a carico di entrambe le parti processuali nella misura di euro 764,40 (settecentosessantaquattro/40) ciascuna.

Quindi, il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei sensi indicati in motivazione. Compensa integralmente tra le parti costituite le spese ed onorari di giudizio. Liquida il compenso del verificatore arch. Salvatore Merola in euro 1.528,80 (millecinquecentoventotto/80) al netto di imposte e contributi di legge e ripartisce il medesimo tra le parti processuali in pari misura (euro 764,40 ciascuna).

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