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IL CASO – PD: premia chi perde e sacrifica chi vince, bravo per la politica dei salotti romani, incapace di capire i bisogni della gente

IL CASO – Il Pd promuove e non elegge. Premia chi non studia e soprattutto non si raccorda con i territori. Da anni sopravvive con astuzie e bacchette ciò che lo vede in Italia, nel governo dei migliori con la furia fiscale e giudiziaria che da sempre lo connota. In Campania cede lo scettro a De Luca che massacra il Pd a vantaggio di quelle forza terze, che libere da leve di gestione, starebbero tranquillamente a destra anche nella destra più retriva e qualunquista. E a queste forze si appella Stefano Graziano per costruire spunti di governo e non di politica. Sa bene il nostro di non conseguire preferenze, più volte ha perso nelle competizioni territoriali, più volte da giovane democristiano dava garanzie di risultato ai suoi danti causa salvo a contare manciate di voti che indispettivano quanti seriamente impegnati nella produzione di attività politica, militanza e quindi consensi. La sua casa politica è ovunque ci sia il governo dei processi. Conosce le strategie romane e rifiuta il contatto con chi quotidianamente si sporca le mani per assolvere ai bisogni delle proprie terre. Intesse amicizie e frequenta salotti, rifiuta le sezioni ed il confronto spesso. Trova puntuali compensazioni quantitative alle sue sconfitte. Nell’ultima tornata elettorale malgrado il supporto del governo regionale ha perso lui facendo perdere per una serie di atti di arroganza il secondo seggio al partito in provincia di Caserta. Ricorre alla corte di De Luca per acquisire un incarico ben retribuito nel sottogoverno regionale. Si muove e si agita fino a conquistare il cuore del giovane Piero, rampollo di famiglia del principe ereditario di Salerno. Si dice che i figli siano amici in quel di Roma e le mogli a loro volta amiche. Lo si designa allora per l’incarico di segretario regionale della Campania sull’asse Roma Salerno. Accade il subbuglio in un partito reso esanime di numeri dall’azione devastante del Presidente De Luca che guarda a Roma con l’occhio del Pd e fa in Campania tutt’altro se non contrario alla forza che da voce al giovane deputato. Il partito perde tutti i numeri e l’assemblea  regionale si scioglie. Letta perde la serenità di renziana memoria e nomina Boccia commissario regionale in Campania. Una sconfitta per De Luca che pensava di poter lucrare una dimensione di mediazione con Roma. Ora Boccia dovrà prendere le misure a De Luca, costruendo un Pd lettiano. Ma la politica ha regole ben diverse dagli atti di strapotere dall’una parte e dall’altra. E così mentre il De Luca senior dovrà trovarsi un ruolo per il dopo 2025, per il giovane Piero si profila un ritorno a Roma con la zavorra Campania. A dimostrazione che la camicia era su misura per il governatore salernitano è che lo sconfitto Graziano, ritorna in sella con un incarico da vice responsabile enti locali che stando al dinamismo di Boccia sarà solo un ruolo sulla carta, forse utile per lucrare uno scranno blindato a Roma. Si perché senza blindatura già è difficile per il Pd affermarsi, pensate a chi ci arriva provato da una sequenza di sconfitte elettorali. Ma questo è il Pd, un partito autoreferenziale e chiuso sul Nazareno, di cosa accade altrove, della sanità campana, dell’uso e della distribuzione non equa dei fondi assegnati alla regione, del lavoro che non c’è, della mattanza delle bufale e delle aziende di allevamento, a nessuno importa. Si sta dunque chiudendo l’organigramma della prossima competizione dove, sentendo l’olezzo della prossima sconfitta, c’è chi invita al tutti dentro … destra sinistra e manca purché si vinca. Tutto questo renderà sereno Letta ma, per la politica di chi si sente già vincente come il centrodestra unito, difficilmente accadrà. Intanto il Pd si carica l’onere morale e politico storico di aver governato anche questa fase senza aver prodotto alcun beneficio per uno stato sociale che vede ascriversi tra le categorie a rischio povertà, anche la cosiddetta classe media. Commercianti e piccoli imprenditori stanno soccombendo sotto il peso delle tasse e la gente maledice quel ristoro di 200 euro che non basterà neanche a pagarsi il fitto di un ombrellone per 4 giornate di mare. Ormai è chiaro che un salotto vale mille sezioni e che una ambizione personale sacrifica gli interessi generali, a questo punto l’astensionismo non è una tendenza popolare ma una conseguenza di decisioni assurde e scollegate dalla realtà.

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