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PIETRAVAIRANO – Tangenti, condanna confermata per Panarello

PIETRAVAIRANO. La corte di Appello di Napoli conferma la condanna a 4 anni contro l’ingegnere Giuseppe Panarello. La sentenza è stata emessa dai giudici partenopei poche ore fa. La Corte d’Appello non ha ritenuto giusto applicare lo sconto chiesto dalla Procura che voleva ridurre la pena dai 4 anni – inflitti nel giudizio di primo grado – a 3 anni e 8 messi. I giudici del Tribunale di Napoli hanno ritenuto invece necessario confermare la sentenza espressa in primo grado. Ora il professionista pietravairanese può fare ricorso in Cassazione con la speranza di ribaltare le sentenze subite finora.
Panarello è stato l’unico di tutte le persone finite nell’inchieste a scegliere una formula processuale più breve ottenendo anche un forte sconto di pena.  La sua posizione, all’epoca dell’udienza preliminare, venne stralciata per la scelta del rito che l’imputato fece. Panarello insieme ad altri due colleghi, Giuseppe Di Duca e Valerio Mortellaro, faceva parte di quel sistema che è stato denominato “Diga”, una sorta di misura di prevenzione che i tre si affrettavano a prendere per impedire l’accesso di altre società o ditte negli appalti del comune e dunque proteggere gli affari di quelle uniche ditte che si aggiudicavano gli appalti attraverso un sistema davvero ferraginoso e diabolico. La “diga”, secondo l’accusa, era uno sbarramento attuato dai tre tecnici, tra cui Panerello, per proteggere il sistema che gli amministratori, collusi con gli imprenditori corruttori, avevano attuato per mettere le mani sulla pioggia dei milioni di euro che arrivavano per i lavori pubblici. Per rifare le strade per ristrutturare edifici e scuole comunali per gli impianti di illuminazione e quant’altro pur arrivando le richieste di partecipazione di numerose altre ditte erano sempre quelle di Zagaria e Di Bello ad aggiudicarsi i lavori. Ciò avveniva con un sistema illegale messo in moto dai sodali che di fatto impediva l’accesso ad altre imprese reali, mentre per le gare d’appalto facevano passare proposte fittizie, offerte provenienti da società che sono poi risultate inesistenti a seguito dei controlli della GdF.

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