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PIEDIMONTE MATESE – La banca tesoriere “imbrogliava” l’Asl, la dura condanna della Corte dei Conti: restituire all’Asl 1.328.232 euro

PIEDIMONTE MATESE – La Corte dei Conti, con la sentenza relativa al giudizio  59591, instaurato a istanza di parte dall’Usl 12 di Piedimonte Matese in liquidazione, nella persona del Commissario Liquidatore pro tempore Francesco Alfonso Bottino, ha condannato la Banca Intesa Sanpaolo S.p.A alla restituzione a favore della USL n. 12 di Piedimonte Matese in liquidazione della complessiva somma di euro 1.328.232,46, oltre a interessi legali e rivalutazione monetaria. Con il ricorso, apprende paesenews.it, l’Asl ha contestato alla banca: applicazione di un tasso attivo per l’U.S.L. minore rispetto a quello stabilito nel contratto; applicazione di un tasso passivo per l’U.S.L. superiore a quello pattizio; c) applicazione della commissione di massimo scoperto, non prevista dalla legge e dal contratto;  arbitraria ed illegittima applicazione della ulteriore provvigione per il servizio di tesoreria pari allo 0.50/1000;  irregolarità nella gestione delle anticipazioni di cassa per gli esercizi 1990, 1991, 1992, per negata anticipazione straordinaria e abnorme dilazione di quella ordinaria;  irregolarità nella gestione delle anticipazioni di cassa ex legge regionale 63/1980, per sistematico superamento del limite di legge delle anticipazioni di cassa, pari a 1/12 delle entrate correnti;  ritardo di valuta nell’annotazione dei conti correnti di tesoreria in relazione agli accrediti per il periodo 1990-1995.

La vicenda penale si è chiusa in primo grado con una condanna dei vertici della Banca Massicana e dei funzionari delle ex UU.SS.LL. e in secondo grado per alcuni reati con l’assoluzione perché il fatto non era più previsto dalla legge come reato e per altri per intervenuta prescrizione. Con nota del 7/01/2000 il Commissario liquidatore contestava gli addebiti al Banco Ambrosiano Veneto, incorporante della Banca Massicana, che rispondeva con nota del 23/02/2000.  L’U.S.L. n. 12 attivava, quindi, un contenzioso davanti al giudice ordinario, il quale, con la sentenza del Tribunale di S. Maria C.V. n. 453/04 dichiarava il difetto di giurisdizione a favore della Corte dei conti, tranne che per la contestazione relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi.  Con il ricorso ad istanza di parte, l’U.S.L. n. 12 ha convenuto in giudizio la Banca Intesa San Paolo S.p.A. formulando le  doglianze.  Alla luce della relazione ispettiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze depositata agli atti del giudizio penale, l’Amministrazione ha chiesto di condannare il Tesoriere alla restituzione della complessiva somma di euro 1.412429,67, con oneri accessori, nonché della somma da determinarsi tramite consulenza tecnica d’ufficio in relazione alle operazioni di anticipazione condotte in violazione al limite legale,  anch’essa comprensiva di oneri accessori.

Con memoria di costituzione depositata il 29 dicembre 2010 Banca Intesa Sanpaolo S.p.A. ha chiesto in via preliminare di dichiarare: 1) il difetto di legittimazione attiva dell’USL, in quanto nel giudizio contabile la titolarità dell’azione spetta al Procuratore regionale, essendo i giudizi ad istanza di parte previsti solo in casi tassativi ed eccezionali; 2) la nullità del ricorso per genericità della causa petendi e del petitum; 3) la prescrizione.

Nel merito ha contestato le censure mosse all’operato del tesoriere e ha concluso chiedendo di dichiarare in via preliminare inammissibile e/o nullo il ricorso e nel merito infondato.  Con controdeduzioni depositate il 12.01.2011 l’Amministrazione ha replicato alla memoria del Tesoriere ribadendo le contestazioni e le conclusioni del ricorso. All’udienza del 18.01.2011 le parti hanno ribadito le reciproche posizioni; il rappresentante della Procura ha formulato le sue osservazioni ritenendo ammissibile il ricorso ad istanza di parte.

La questione all’esame del Collegio concerne la domanda giudiziale promossa dalla USL n. 12 di Piedimonte Matese in liquidazione contro la Banca Intesa SanPaolo S.p.A., per la restituzione della complessiva somma di euro 1.412429,67, con oneri accessori, nonché della somma da determinarsi tramite consulenza tecnica d’ufficio in relazione alle operazioni di anticipazione, anch’essa comprensiva di oneri accessori.

1. Preliminarmente va scrutinata l’eccezione di inammissibilità della domanda per difetto di legittimazione attiva, formulata dalla difesa del Tesoriere sulla base dell’assunto che i giudizi ad istanza di parte sarebbero consentiti solo in alcune ipotesi tassative rappresentando un’eccezione ai principi generali del giudizio contabile.

1.1. L’eccezione è infondata e va respinta.  Si premette che la possibilità di attivare altri giudizi ad istanza di parte è prevista dall’art. 58 del R.D. 13 agosto 1933, n. 1038 e con riferimento a tale disposizione la giurisprudenza contabile ha precisato che “Trattasi, in definitiva, di una norma di chiusura che, dopo aver legittimato esattori (art. 52, del reg. citato), funzionari ed agenti assoggettati a ritenuta (art. 57) ad adire la Corte a tutela delle proprie ragioni, legittima altri soggetti (tra cui non possono non rientrare gli Enti interessati alla gestione esattoria o di tesoreria) a proporre azioni restitutorie nel limite ovviamente della sfera di competenze attribuite al Giudice contabile (Corte conti, I Appello, n. 201/2007).

La giurisprudenza di questa sezione ha, inoltre, già ritenuto ammissibili i giudizi ad istanza di parte promossi dall’Amministrazione ai soli fini restitutori nei confronti del Tesoriere (sentenza n. 3208/2007).

Ciò posto, nella fattispecie in esame non si ravvisano elementi di particolarità per discostarsi dall’esposto orientamento giurisprudenziale, sicché l’eccezione va respinta.

2. Altra eccezione sollevata dal patrono del Tesoriere è la nullità del ricorso per la ritenuta carente esposizione delle circostanze di diritto e di fatto. Si lamenta, inoltre, la mancata chiamata in causa dei funzionari della Banca Massicana e dell’Amministrazione coinvolti nella vicenda penale.

2.1. L’eccezione è infondata e come tale va respinta.

Giova precisare che, in termini generali, la disciplina della nullità dell’atto di citazione posta dall’art.164 c.p.c. è nel senso di limitare le conseguenze distruttive dei vizi, ai casi in cui ciò sia imposto da reali esigenze di rispetto del contraddittorio; la linea seguita dal legislatore è quella per cui il processo deve mirare alla decisione di merito sulla domanda, e l’absolutio ab instantia deve costituire un evento eccezionale, legittimo solo quando inevitabile.  Orbene, non si ravvisano nell’atto introduttivo del presente giudizio nullità relative alla vocatio in ius né nullità relative alla edictio actionis.

Con riferimento, poi, alla richiesta di integrazione del contraddittorio si osserva che l’amministrazione ha attivato un giudizio restitutorio nei confronti del Tesoriere nel quale non assume rilevanza il comportamento dei soggetti non evocati in giudizio.

3. E’ stata, infine, eccepita la decadenza e/o prescrizione del diritto e dell’azione ritenendo maturato il termine prescrizionale sia con riferimento alla normativa in materia di responsabilità e di giudizio di conto, che alla luce delle norme del codice civile.

3.1. L’eccezione è infondata e va respinta.

Occorre, infatti, considerare che la giurisprudenza di legittimità maturata sul contratto di conto corrente bancario ritiene applicabile la prescrizione decennale, trattandosi di una fattispecie restitutoria che trae origine dal rapporto contrattuale.

La prescrizione, peraltro, decorre –secondo consolidato orientamento giurisprudenziale- dalla chiusura del rapporto giacché prima di tale momento le annotazioni sul conto hanno valore di mere registrazioni contabili; i versamenti effettuati, in caso di apertura di credito, non si configurano quali pagamenti bensì misure ripristinatorie della provvista, non avendo valore solutorio (Cass., Sez. Un., n. 24418/2010).

Questo orientamento giurisprudenziale è applicabile anche al contratto di tesoreria, nel quale le operazioni in conto corrente non esauriscono il complesso delle prestazioni dedotte in contratto ma hanno una funzione strumentale per l’adempimento del complessivo assetto degli obblighi derivanti dal contratto di tesoreria stesso, che è e rimane un contratto diverso rispetto a quello di conto corrente bancario (in termini, Sezione Campania 1043/2011).

Non è, invece, applicabile al contratto di tesoreria la disposizione contenuta dall’art. 2, comma 61, bis, del D.L. n. 225/2010, introdotto dalla legge di conversione n. 10 del 26 febbraio 2011, che recita: “In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Tale norma non si presta, infatti, per la sua natura interpretativa, a poter essere estesa a contratti diversi da quelli bancari, come il contratto di tesoreria, nel quale, come detto, il rapporto di conto corrente ha una funzione strumentale e non esaurisce il programma negoziale.

Nel caso di specie il contratto di tesoreria è cessato il 31/12/1994 e la prescrizione è stata interrotta dalla nota del 7/01/2000 e dalla successiva attivazione del processo civile, all’esito del quale, con la sentenza n. 453/2004, il Tribunale di S. Maria C.V.-sez. distaccata di Carinola- ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore del giudice contabile, tranne che per la doglianza relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi.

Alla luce dei principi esposti e della documentazione in atti, in considerazione degli atti interruttivi posti in essere, l’eccezione di prescrizione va respinta.

4. Nell’esame di merito occorre scrutinare partitamente le doglianze dell’istante alla luce della documentazione prodotta dalle parti ed in particolare della relazione ispettiva, redatta da un soggetto terzo, acquisita nel procedimento penale, ed autonomamente valutabile dal giudice contabile.

4.1 Violazione degli artt. 14 e 15 del contratto per avere il Tesoriere applicato un tasso attivo (per l’USL) minore rispetto a quello stabilito.

L’Amministrazione ha chiesto la restituzione di euro 343,594,46 sostenendo che il Tesoriere ha applicato a favore della stessa un tasso attivo diverso da quello contrattualmente pattuito, conseguendo un indebito vantaggio economico.

Il Tesoriere ha contestato la posizione dell’Amministrazione, limitandosi a supporre l’esistenza di patti modificativi dell’originario contratto.

L’art. 14 del contratto prevede l’aggangiamento del tasso di interesse attivo al tasso ufficiale di sconto con uno scarto dello 0.40.

Nella relazione ispettiva si dà atto – sulla scorta della documentazione acquisita e allegata – che il Tesoriere ha applicato invece un tasso creditore decisamente inferiore rispetto a quello previsto dal contratto, e si quantifica il minor importo percepito dall’Amministrazione in lire 665.291.645 corrispondenti ad euro 343,594,46.

Alla luce di quanto sopra, tenuto conto della mancata produzione da parte del Tesoriere di idonea documentazione a supporto della tesi esposta solo in via ipotetica, il Collegio condivide quanto dedotto dall’ispettore nella relazione e, pertanto, accoglie la richiesta restitutoria formulata dall’Amministrazione per euro 343,594,46, oltre oneri accessori.

4.2 Applicazione da parte del Tesoriere di un tasso passivo superiore a quello pattizio.

L’Amministrazione ha chiesto la restituzione di euro 255.840,99, sostenendo che il Tesoriere ha applicato alle anticipazioni di cassa un tasso debitore diverso rispetto a quello contrattuale, conseguendo un’indebita maggiore entrata.

Il Tesoriere ha contestato detta richiesta per le stesse argomentazioni esposte con riferimento al tasso creditore.

L’art. 14 del contratto prevede l’applicazione dell’interesse passivo nella misura costituita dal tasso ufficiale di sconto aumentato del 2%.

Alla luce della relazione ispettiva e per le medesime ragioni esposte al punto 4.1, il Collegio accoglie la domanda restitutoria per euro 255.840,99, oltre oneri accessori.

4.3 Commissione di massimo scoperto.

L’Amministrazione ha contestato la corresponsione a favore del Tesoriere della commissione di massimo scoperto ritenendola integralmente indebita  ed ha chiesto la restituzione di euro 644.800,70.

Il Tesoriere ha, invece, sostenuto la legittimità della commissione di massimo scoperto prevista nella misura di 1/8.

L’art. 14 del contratto di tesoreria espressamente prevede la corresponsione della commissione di massimo scoperto ma dalla relazione ispettiva si evince come la stessa -che avrebbe dovuto essere pari allo 0,125% (1/8 di punto)- sia stata illegittimamente computata nella misura dello 0,750% o dell’1% determinando un indebito guadagno del tesoriere di lire 1.085.479.728, pari a euro 560.603,49.

Va, pertanto, accolta la domanda di restituzione dell’Amministrazione ma nella minore misura indicata dalla relazione ministeriale e, segnatamente, per euro 560.603,49, oltre oneri accessori.

4.4. Provvigione per il servizio di Tesoreria pari allo 0.50/1000.

L’Amministrazione ha rappresentato che l’art. 26 del contratto prevedeva una provvigione pari allo 0.48/1000 regolarmente addebitato all’USL 12, ma, il tesoriere –oltre al predetto compenso- addebitava anche una ulteriore e diversa provvigione riferita al medesimo servizio, pari allo 050/1000, per complessive lire 324.397.867, equivalenti a euro 167.537,52, di cui ha chiesto la restituzione.

La difesa del Tesoriere ha, invece, sostenuto la legittimità della commissione in questione, affermando che entrambe le commissioni risultano previste sia dal D.M. 21.09.1981 (artt. 7 e 9) che dalla convenzione di tesoreria (artt. 22 e 26). Ha precisato, inoltre, che la somma dei compensi previsti nella convenzione pari a 0,98/1000 (0,5/1000 +0,48/1000) è, comunque, inferiore a quella massima (2,50/1000) prevista dall’art. 9 del D.M. 21.09.1981.

L’art. 22 prevede una provvigione dell’ 0.50/1000 per la compilazione della documentazione contabile ivi specificata. L’art. 26 dispone la corresponsione di un compenso annuo pari allo 0.48/1000 per l’espletamento del servizio di tesoreria.

Dalle clausole contrattuali richiamate, appare evidente che il compenso pattuito per il servizio fosse quello previsto dall’art. 26 del contratto mentre quello indicato dall’art. 22 riguardasse solo ulteriori operazioni il cui espletamento non è stato dimostrato dalla parte convenuta.

Va, pertanto, accolta la domanda restitutoria, come quantificata nella relazione ministeriale, pari a euro 167.537,52, oltre oneri accessori.

4.5 Irregolarità nella gestione delle anticipazioni per gli esercizi 1990,1991,1992.

L’Amministrazione ha chiesto di disporre una consulenza tecnica d’ufficio per accertare le irregolarità nella gestione delle anticipazioni per gli esercizi 1990,1991 e 1992, sulla scorta dei rilievi già formulati nella relazione ispettiva, reclamando al riguardo il risarcimento del danno.

Il Tesoriere ha contestato detta richiesta ritenendo inammissibile la C.T.U.

Sul punto il Collegio osserva che nel giudizio ad istanza di parte è onere del ricorrente supportare l’istanza con la relativa documentazione probatoria. Il ricorso alla C.T.U. non può, infatti, costituire uno strumento di ricerca della prova (in termini analoghi, Corte conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania, n. 155/2010).

La richiesta di nomina del C.T.U non è, quindi, meritevole di accoglimento e il punto di domanda va respinto.

4.6 Irregolarità nella concessione delle anticipazioni di cassa per superamento del limite consentito pari a 1/12.

Si rappresenta che, nonostante l’art. 59 della legge regionale 63/1980, recepito dall’art. 15 del contratto di tesoreria ha fissato il tetto delle anticipazioni di cassa ordinarie ottenibili a 1/12 delle entrate correnti, il Tesoriere ha consentito il sistematico superamento di tale limite, applicando poi sulle somme illegittimamente anticipate interessi passivi. Si chiede, pertanto, la restituzione degli interessi passivi pagati sulle somme anticipate oltre il limite di legge e di contratto o, in subordine, la restituzione della somma risultante dalla differenza tra il tasso di interesse passivo applicato e quello contrattuale, importi da determinarsi, stante le oggettive difficoltà di calcolo, mediante CTU.

La difesa del Tesoriere ha, invece, sostenuto che l’art. 59 della legge regionale 63/1980, non porrebbe un divieto a concedere le anticipazioni di cassa in misura superiore a 1/12 delle entrate correnti, rimettendo tale  eventualità alla discrezionalità del Tesoriere. Analogamente si assume che la convenzione in essere tra le parti non contemplerebbe un divieto assoluto a ricorrere ad anticipazioni superiori al citato limite. In caso di accoglimento della domanda si è opposto in compensazione il credito spettante alla Banca Massicana per l’arricchimento senza causa di cui la USL, in tale evenienza, avrebbe beneficiato in dipendenza dei finanziamenti contestati.

Il Collegio ritiene non meritevole di accoglimento la richiesta di nomina del C.T.U, richiamando al riguardo le motivazioni illustrate al precedente punto, e respinge la domanda.

4.7 Irregolarità nella annotazione dei conti correnti di tesoreria.

L’Amministrazione lamenta:

  • sia l’accreditamento sui conti di anticipazione di somme per importi inferiori a quelli contabilizzati dalla Tesoreria Provinciale in conseguenza di illegittime compensazioni, con conseguente maggiore esborso a titolo di commissione di massimo scoperto;
  • il ritardo di valuta nell’annotazione dei conti correnti di tesoreria rispetto agli accrediti per il periodo 1990-1995.

Per entrambe le denunciate irregolari annotazioni, in ragione della complessità dei calcoli che comportano, l’Amministrazione ha chiesto di disporre una consulenza tecnica d’ufficio per la quantificazione delle somme non percepite.

Il patrono del Tesoriere si è opposto alle pretese di Parte attrice chiedendone il rigetto.

Il Collegio ritiene non meritevole di accoglimento la richiesta di nomina del C.T.U, per le motivazioni già espresse in precedenza e respinge il punto di domanda.

4.8 Altre spese.

L’Amministrazione ha chiesto la restituzione delle spese di chiusura del conto pari ad euro 656,00, rappresentando che l’art. 25 della convenzione prevedeva l’addebito periodico delle spese per stampati, spese postali e di bollo effettivamente sostenute e qualsiasi spesa viva erogata durante la gestione per l’espletamento del servizio.

Il Tesoriere ha contestato questa richiesta.

Alla luce delle risultanze della relazione ministeriale e in considerazione che l’art. 25 di contratto prevede il rimborso delle sole spese vive, il Collegio ritiene che detta somma, pari ad euro 656,00 oltre oneri accessori, debba essere restituita all’amministrazione sanitaria.

5. Esecuzione in mala fede del contratto.

L’Amministrazione ha chiesto di quantificare in via equitativa il danno sofferto per avere il Tesoriere ubicato la sede di svolgimento del servizio di tesoreria presso locali messi a disposizione dalla USL 12  anziché in locali nella disponibilità del Tesoriere medesimo come previsto dall’art. 28 della convenzione.

Il Tesoriere ha contestato la pretesa di parte attrice, rilevando, tra l’altro, un difetto di prova.

Non si ritiene meritevole di accoglimento la domanda dell’Amministrazione in quanto da un lato essa non è supportata da adeguata documentazione probatoria e dall’altro investe profili relativi a presunte responsabilità che esulano dall’ambito del presente giudizio restitutorio.

6. Conclusioni

Alla luce di quanto precede, il Collegio, respinte le eccezioni del Tesoriere, condanna la Banca Intesa Sanpaolo S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, alla restituzione a favore dell’USL n. 12 di Piedimonte Matese in liquidazione della complessiva somma di euro 1.328.232,46, oltre a interessi legali dalla messa in mora e sino al soddisfo o la sola rivalutazione monetaria relativamente agli anni in cui essa sia superiore agli interessi. La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Campania:

–       respinge le eccezioni di inammissibilità e di nullità della domanda;

–       respinge l’eccezione di prescrizione;

–       respinge la richiesta istruttoria di CTU;

–       condanna la Banca Intesa Sanpaolo S.p.A., in persona del rappresentante legale p.t., alla restituzione a favore della USL n. 12 di Piedimonte Matese in liquidazione della complessiva somma di                  euro 1.328.232,46, oltre a interessi legali e rivalutazione monetaria come in motivazione.

Le spese legali seguono alla soccombenza e sono forfettariamente quantificate in € 6.000,00 oltre Iva e Cassa avvocati di legge.  Nulla per le spese di giudizio.

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