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DRAGONI – Biodigestore, i giudici del TAR bocciano il ricorso di D’Aloia: l’impianto si farà

Dragoni – Il primo cittadino ha speso soldi pubblici per ottenere una bocciatura che appariva già chiara fin dall’inizio. L’azione messa in campo dalla macchina amministrativa dragonese sembra aver scatenato solo una guerra fra cittadini con denunce incrociate su presunti abusi edilizi. Il municipio sembra usare due pesi e due misure nella repressione degli stessi abusi edilizi.
Ora arriva una sonora sconfitta per il sindaco Antonella D’Aloia e del Comitato No Biogas davanti ai giudici del Tar Campania ai quali, D’Aloia si era rivolta per impedire la realizzazione del progetto proposto dalla Cannavina Biometano. Certamente il Municipio e il Comitato No Biogas potranno proporre ricorso al Consiglio di Stato contro l’attuale sentenza.  Intanto non vi è più alcun ostacolo alla realizzazione dell’impianto. I giudici del Tar hanno posto fino a quella che era sembrata da subito una farsa. L’amministrazione D’Aloia chiedeva l’annullamento della nota della Regione Campania prot. PG/2022/0632109 del 21.12.22022 ad oggetto “Autorizzazione Unica, ai sensi dell’art. 12 del D.lgs. 387/2003, alla costruzione e all’esercizio di un impianto per la produzione di Biometano (LNG) della potenza di 500 smc/h alimentato da biomassa e relative opere connesse, da realizzarsi nel comune di Dragoni (CE), in località Case Sparse.
Le motivazioni con cui i giudici bocciano il ricorso e danno via libera all’impianto sono severe e dovrebbero far riflettere gli amministratori. Tutta la questione ruota intorno ad alcuni abusi edilizi presenti sull’area del progetto; abusi contro i quali il municipio ha emesso ordine di abbattimento che è stato eseguito dai proprietari.  L’amministrazione D’Aloia è stata bastonata anche in merito alla zona agricola nella quale, secondo i ricorrenti, non si poteva realizzare quell’impianto. “… la destinazione agricola dell’area, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente Comune, non preclude affatto la localizzazione del contestato impianto” scrivono i giudici in sentenza (che pubblichiamo in fondo).

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ECCO LA SENTENZA:

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 917 del 2023, proposto da
Comune di Dragoni, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sabatino Rainone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Maria Vittoria De Gennaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Società Cannavina Biometano S.a.r.l.s, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Oronzo Caputo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Comitato No Biogas A Dragoni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maurizio Ricciardi Federico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
Comitato Civico No Biogas A Dragoni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maurizio Ricciardi Federico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento:

della nota della Regione Campania prot. PG/2022/0632109 del 21.12.22022 ad oggetto “Autorizzazione Unica, ai sensi dell’art. 12 del D.lgs. 387/2003, alla costruzione e all’esercizio di un impianto per la produzione di Biometano (LNG) della potenza di 500 smc/h alimentato da biomassa e relative opere connesse, da realizzarsi nel comune di Dragoni (CE), in località Case Sparse. Codice progetto: EO 2020-10. Società proponente: CANNAVINA BIOMETANO S.A.R.L.S. Riscontro nota prot. n. 7375 del 12/12/2022 proveniente dal protocollo del Comune di Dragoni (CE) ed acquisita al protocollo regionale al n. PG/2022/0619168 del 14/12/2022” e di ogni altro atto preordinato, collegato, connesso e/o consequenziale comunque lesivo delle posizioni giuridiche soggettive del ricorrente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, della Società Cannavina Biometano A R.L.S. e del Comitato No Biogas A Dragoni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2023 il dott. Fabio Maffei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con il gravame in oggetto, il ricorrente Comune ha dedotto in fatto le seguenti circostanze:

con nota prot. n° 318907 del 07.07.2020, la Società Cannavina Biometano S.a.r.l. aveva presentato alla Regione Campania l’istanza per il rilascio dell’Autorizzazione Unica prevista dall’art. 12 del D.lgs. n° 387/2003, avente ad oggetto la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di biometano (LNG) della potenza di 500 smc/h alimentato da biomassa, da localizzarsi nel Comune di Dragoni (CE), in zona “Case Sparse”;

a seguito della presentazione di tale istanza, la Regione Campania, quale amministrazione procedente, aveva indetto la Conferenza di Servizi in modalità sincrona, ai sensi del combinato disposto degli artt. 12, commi 3 e 4, del D.lgs. n° 387/2003 e 14 ter L. n° 241/1990 e ss.mm.ii., nonché del punto 14 delle linee Guida Nazionali approvate con DM 10.09.2010, al fine di acquisire i pareri e gli atti di assenso, comunque denominati, da parte delle diverse amministrazioni interessate al procedimento in oggetto, necessari per il rilascio della richiesta Autorizzazione Unica;

nel dettaglio, l’impianto in questione sarebbe dovuto sorgere sui terreni contrassegnati in CT al Foglio 13, p.lle nn° 5043 e 5045, in zona E-1 Agricola secondo il vigente PRG del Comune di Dragoni, essendo stata prevista l’edificazione di due fabbricati “oggetto di recupero di strutture già esistenti” da adibire ad ufficio per il personale di presidio ed a magazzino per il materiale di consumo, manutenzioni e ricovero delle attrezzature tecniche;

il Comune di Dragoni non aveva partecipato alla conferenza, cosicché, acquisito ai sensi dell’art. 14 ter, comma 7, L. n° 241/1990, il parere favorevole comunale per silentium, con la D.D. n° 14 del 15.02.2022, la Giunta Regionale della Campania aveva rilasciato l’Autorizzazione Unica subordinandola al rispetto delle prescrizioni ivi contenute nonché riconoscendo all’autorizzazione, ai sensi dell’art. 12, comma 4, del D.lgs. n° 387/2003, la valenza di titolo a costruire ed esercitare l’impianto in conformità al progetto approvato;

tuttavia, su sollecitazione del “comitato civico no biogas a Dragoni”, costituitosi per contrastare la realizzazione dell’impianto sul territorio comunale, la civica amministrazione aveva iniziato un’attività di verifica per appurare la legittimità, urbanistica ed edilizia, degli immobili insistenti sul fondo prescelto per la localizzazione dell’impianto;

all’esito del sopralluogo svoltosi in data 24.10.2022, avendo il tecnico comunale riscontrato la parziale abusività degli immobili ivi realizzati, il Comune di Dragoni aveva ritenuto doveroso adottare l’ordinanza di demolizione delle opere esistenti sulla p.lla n° 5045 adducendo la seguente motivazione: “i fabbricati indicati sub C, D ed E sono stati realizzati in epoca successiva al 01/09/1967 e in assenza di titoli abilitativi necessari. Per l’effetto di quanto innanzi, la DIA in sanatoria del 2009 risulta gravata da una dichiarazione non corrispondente alla realtà essendo stati i fabbricati realizzati in epoche diverse e la cui legittimazione richiedeva il rilascio di idoneo titolo urbanistico; il fabbricato individuato come “fabbricato A” doveva essere demolito in esecuzione all’istanza di cui alla L. n° 219/1981, allorquando si è deciso di interrompere i lavori di risanamento di detto fabbricato ed edificare ex novo un ulteriore fabbricato, recuperando la volumetria dell’edificio “A”; il fabbricato, individuato dalla lett. “B”, si presenta totalmente diverso per dimensioni e forma a quello esistente ante 01.09.1967; al riguardo non sono stati rinvenuti titoli autorizzativi rilasciati dall’ente tali da legittimarne l’esistenza. La Dia a Sanatoria rilasciata nell’anno 2009 è corredata da una falsa dichiarazione oltre che titolo non idoneo a legittimarne l’esistenza trattandosi di difformità sostanziale rispetto all’opera realizzata in epoca antecedente il 01.09.1967 per il quale necessitava di Concessione edilizia e/o Permesso di Costruire previo accertamento della doppia conformità”;

in forza dell’adottata ordinanza di demolizione, il Comune di Dragoni, con PEC del 12.12.2022, aveva inoltrato alla Regione Campania l’“istanza di annullamento in sede di autotutela del parere favorevole espresso per silentium nella seduta nella conferenza di servizi del 23.12.2021” nonché la deliberazione di Consiglio Comunale n. 33 del 14.10.2022;

con tale istanza aveva evidenziato che, intendendo la Cannavina Biometano utilizzare la cubatura di cui agli edifici ritenuti abusivi, esistenti sulla p.lla n° 5045, al fine di realizzare ex novo edifici da adibire ad uffici, la determinazione data per silentium nell’ambito della conferenza di servizi avrebbe dovuto ritenersi formata su una situazione di oggettiva illeceità, tale da condurre all’annullamento in autotutela del suo precedente atto di assenso con la conseguente richiesta alla Regione Campania di agire in autotutela relativamente al provvedimento emanato in data 15.02.2022, ai sensi dell’art. 21 nonies L. n° 241/1990;

tuttavia, con la nota regionale prot. PG/2022/0632109 del 21.12.2022, la Regione Campania, non condividendo la gravità delle false dichiarazioni rese dalla proprietaria dell’area, in risposta all’istanza comunale, si era limitata ad invitare la Cannavina Biometano S.A.R.L.S. a dare esecuzione all’ordinanza di demolizione, essendosi peraltro la proprietaria dei suoli impegnata ad ottemperare alla predetta ordinanza al solo fine di evitare il prodursi degli effetti di cui all’art. 31 del D.P.R. n° 380/2001, riservandosi comunque di impugnare l’ingiunzione nelle opportune sedi.

Avverso la nota regionale da ultimo indicata è insorto il ricorrente Comune articolando un’unica censura così rubricata “violazione e falsa applicazione degli artt. 71 e 75 D.P.R. n. 445/2000 – violazione dell’art. 21 nonies della l. n. 241/1990 – violazione art. 1 l. n. 241/1990 – violazione art. 12, comma 7, D.lgs. N° 387/2003 – eccesso di potere – difetto di istruttoria – difetto di motivazione – violazione dei principi di trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa – sviamento – irragionevolezza manifesta – travisamento dei fatti – carenza di motivazione – errata valutazione dei presupposti – illogicità manifesta”.

Nel dettaglio, l’impugnata nota, a suo avviso, si presentava viziata da eccesso di potere sotto il duplice profilo del difetto di motivazione e del travisamento dei fatti, poiché la Regione Campania si era limitata esclusivamente ad invitare la Società Cannavina a dare esecuzione all’ordinanza di demolizione per evitare l’acquisizione degli edifici e dell’area di sedime al patrimonio comunale per l’effetto dell’art. 31 D.P.R. n° 380/2001, omettendo di considerare che gli edifici da realizzare sul fondo in questione, secondo l’approvato progetto, avrebbero dovuto sfruttare la cubatura dei preesistenti edifici completamente abusivi. Viceversa, la presenza dei rilevati abusi edilizi commessi sull’area da impiegare per la costruzione dell’impianto aveva inficiato la legittimità dell’autorizzazione unica e dei sottostanti pareri favorevoli. Inoltre, la nota in questione aveva omesso di considerare le ulteriori ragioni, prospettate dall’ente comunale, che, ad avviso del Consiglio Comunale, avrebbero dovuto indurre ad attivare il richiesto procedimento di autotutela, atteso che la localizzazione dell’impianto non solo contrastava con le tradizioni agroalimentari locali e con la necessaria tutela della biodiversità e del patrimonio culturale/paesaggistico ma anche con le Norme di Attuazione del PRG comunale. In definitiva, omettendo di attivare il richiesto procedimento di autotutela, la Regione Campania non aveva dato adeguato risalto alla circostanza che la determinazione espressa per silentium dall’ente comunale nell’ambito della Conferenza di Servizi si fosse basata sull’errato presupposto della ritenuta legittimità edilizia dei manufatti interessati, successivamente smentita dagli accertamenti svolti che avevano rivelato l’abusività degli edifici, peraltro occultata anche dalle false dichiarazioni rese dai proprietari del suolo in sede di presentazione della DIA edilizia.

Si è costituita la Regione Campania, contestando l’avversa prospettazione in quanto del tutto infondata. Nel dettaglio, ha osservato come le articolate censure dovessero ritenersi ampiamente superate, atteso che la rilasciata autorizzazione alla realizzazione dell’impianto, a seguito della Conferenza di servizi, aveva determinato la variazione della destinazione urbanistica di zona, così da rendere conforme alle disposizioni urbanistiche la localizzazione dell’impianto senza la necessità di alcun ulteriore provvedimento di assenso all’attività edilizia privata trattandosi di opere “di pubblica utilità, indifferibili e urgenti”.

Si è costituita anche la società controinteressata, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del gravame, poiché la nota impugnata, non essendo stata adottata all’esito di una rinnovata istruttoria, avrebbe dovuto essere qualificata come espressiva di un atto meramente confermativo, come tale non autonomamente impugnabile. Nel merito, ha insistito per il rigetto del proposto gravame.

È intervenuto ad adiuvandum anche il Comitato Civico “no biogas a Dragoni” condividendo l’impostazione censoria declinata dal ricorrente Comune.

Respinta la domanda cautelare con l’ordinanza cautelare n. 546/2023, previo scambio di memorie conclusionali, la causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza del 4 luglio 2023.

2.- Il ricorso è infondato e, come tale, dev’essere respinto.

3.- Preliminarmente, reputa il Collegio di dover rammentare che, in base al principio del contrarius actus, qualora un provvedimento sia stato emanato da una Conferenza di Servizi, il suo annullamento dev’essere adottato dalla stessa Conferenza, previa convocazione di tutte le Amministrazioni, che sono state invitate e che hanno partecipato in quanto intervenute nel precedente procedimento (cfr. le Sentenze TAR Umbria n. 106 del 14.2.2018, TAR Abruzzo – L’Aquila n. 388 del 14.5.2015 e TAR Campania – Napoli, Sez. VII, n. 2518 del 15.5.2013).

Dette conclusioni risultano tanto più valide nell’ipotesi di specie in cui la conferenza di servizi si è tenuta in modalità sincrona, con conseguente applicabilità del disposto dell’art. 14-ter comma 7 della Legge n. 241/1990, secondo cui “All’esito dell’ultima riunione, e comunque non oltre il termine di cui al comma 2, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all’articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Si considera acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza”.

L’art. 14 – quater, poi, prevede che ” 1. La determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall’amministrazione procedente all’esito della stessa, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati. 2. Le amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza possono sollecitare con congrua motivazione l’amministrazione procedente ad assumere, previa indizione di una nuova conferenza, determinazioni in via di autotutela ai sensi dell’articolo 21-nonies. Possono altresì sollecitarla, purché abbiano partecipato, anche per il tramite del rappresentante di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 14-ter, alla conferenza di servizi o si siano espresse nei termini, ad assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi dell’articolo 21-quinquies. 3. In caso di approvazione unanime, la determinazione di cui al comma 1 è immediatamente efficace. In caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l’efficacia della determinazione è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati ai sensi dell’articolo 14-quinquies e per il periodo utile all’esperimento dei rimedi ivi previsti. 4. I termini di efficacia di tutti i pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati acquisiti nell’ambito della conferenza di servizi decorrono dalla data della comunicazione della determinazione motivata di conclusione della conferenza”.

L’art. 14 – quinquies, comma 1, stabilisce ancora che “Avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, entro 10 giorni dalla sua comunicazione, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. Per le amministrazioni statali l’opposizione è proposta dal Ministro competente.”

Applicando i menzionati principi all’odierna fattispecie, ne consegue che, non avendo il Comune espresso in sede di Conferenza di Servizi il proprio dissenso motivato, ma avendo disertato la conferenza di servizi, lo stesso, non potendo né esperire l’opposizione di cui all’art. 14 – quinquies l. 241/90, né richiedere determinazioni in via di autotutela ai sensi del successivo articolo 21 – quinquies, si è legittimamente avvalso della possibilità di richiedere una nuova conferenza di servizi, al solo fine di assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi dell’articolo 21 – nonies l. 241/90.

3.1.- Tanto premesso, non coglie nel segno la preliminare eccezione d’inammissibilità del gravame sollevata dalla società controinteressata, sull’asserito presupposto dell’affermata non impugnabilità, in ragione del suo carattere meramente confermativo, della nota n. prot. PG/2022/0632109 del 21.12.22022, con cui la Regione Campania, in qualità di amministrazione procedente, aveva sostanzialmente rifiutato di riscontrare positivamente l’istanza presentata dal ricorrente Comune allo scopo di ottenere la riconvocazione della Conferenza di Servizi, onde procedere all’annullamento in autotutela della rilasciata autorizzazione unica.

Giova rimarcare che, per costante orientamento giurisprudenziale, quando l’Amministrazione adotta una determinazione volta a confermare un proprio precedente provvedimento, occorre stabilire se il secondo atto abbia natura di provvedimento di conferma in senso proprio oppure di atto meramente confermativo del provvedimento originario. Al riguardo, è stato evidenziato che “Mentre l’atto di conferma è autonomamente impugnabile, in quanto da un lato presuppone un completo riesame della fattispecie e dall’altro si sostituisce, pur avendo identico dispositivo, all’atto confermato, l’atto meramente confermativo si limita a richiamare il precedente provvedimento e non ha perciò alcuna valenza costitutiva, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse del ricorso proposto avverso di esso e non avverso il provvedimento originario (Consiglio Stato, sez. IV, 10 dicembre 2009, n. 7732; Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8025).

Con specifico riferimento agli atti con cui l’Amministrazione nega l’esercizio dell’autotutela, la giurisprudenza ha, poi, evidenziato come quest’ultimi siano, di regola, privi di autonoma portata lesiva, in quanto “la lesione discende già dal provvedimento originario, in relazione al quale viene invocata l’autotutela, ed è tale atto che deve (avrebbe dovuto) essere tempestivamente impugnato. Ordinariamente, il diniego espresso di autotutela è un atto meramente confermativo dell’originario provvedimento, che non compie una nuova valutazione degli interessi in gioco, e che pertanto non può essere un mezzo per una sostanziale rimessione in termini quanto alla contestazione dell’originario provvedimento” (Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2549).

Tale regola, tuttavia, subisce un’eccezione nel caso “in cui l’amministrazione, sollecitata ad esercitare l’autotutela, riesamini l’originario provvedimento e, a seguito di appropriato procedimento amministrativo, confermi – con una nuova valutazione degli interessi in gioco e con una motivazione nuova – l’originario provvedimento”, atteso che unicamente in tale ipotesi “si ha un atto di conferma in senso proprio, autonomamente lesivo e pertanto impugnabile” (così ancora Cons. Stato, n. 2549 del 2012, cit.).

3.2.- Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, dalla lettura della nota impugnata emerge come l’Amministrazione Regionale, abbia svolto, alla luce sia delle risultanze istruttorie acquisite dal ricorrente Comune in ordine all’irregolarità urbanistica ed edilizia dei fabbricati posti sull’area oggetto dell’avvenuta localizzazione dell’impianto, sia della successiva ordinanza di demolizione emessa dalla civica amministrazione, una nuova valutazione della fattispecie sottoposta al suo esame, ritenendo che i condotti approfondimenti istruttori non fossero idonei ad integrare i presupposti per dare avvio a un procedimento di autotutela, sempreché la predetta ordinanza fosse stata eseguita, attesa la necessità di conservare la disponibilità dell’area in capo alla società richiedente, evitandone l’acquisizione al patrimonio comunale.

Ne consegue che la suddetta nota di diniego dell’autotutela appare non solo espressiva dell’operata rivalutazione circa la persistenza dell’interesse pubblico alla realizzazione del contestato impianto, nonostante le nuove risultanze istruttorie sottoposte dal ricorrente Comune all’amministrazione regionale procedente, ma anche implementativa del contenuto precettivo dell’autorizzazione unica originariamente rilasciata, imponendo la tempestiva esecuzione dell’adottata ordinanza di demolizione. Da tanto si desume il carattere autenticamente confermativo del precedente provvedimento che deve riconoscersi all’impugnata nota, costituendo quest’ultima, in quanto tale, un atto con valenza provvedimentale e, quindi, idoneo a determinare un’autonoma lesione della sfera giuridica del ricorrente Comune.

Deve, quindi, affermarsi la sua impugnabilità alla luce anche del costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui il diniego espresso di autotutela su un precedente provvedimento dell’amministrazione costituisce un atto meramente confermativo, come tale non impugnabile in via autonoma, a condizione che non costituisca l’espressione di una nuova valutazione degli interessi in gioco, essendo viceversa impugnabile, in via autonoma, l’atto di conferma che, come nella specie avvenuto, si sostanzi per contro in una nuova valutazione degli stessi interessi, sia pure con lo stesso esito finale. Il principale criterio concreto per distinguere fra le due fattispecie è poi il fatto che nel secondo caso e non nel primo l’amministrazione compie una nuova istruttoria che, secondo logica, deve riguardare gli stessi interessi originariamente coinvolti e non, come evidente, interessi diversi (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 11/07/2022, n.5774).

4.- Affermata l’autonoma impugnabilità della contestata nota, e quindi disattesa la questione preliminare sollevata dalla controinteressata, passando alla disamina delle articolate doglianze, tutti i motivi di ricorso muovono da un comune presupposto logico-giuridico. Secondo l’assunta prospettazione censoria, infatti, avendo il ricorrente Comune accertato l’irregolarità edilizia degli immobili posti sull’area oggetto della contestata localizzazione, precedentemente non emersa in sede di istruttoria conferenziale, nonché, in ragione di ciò, revocato il parere favorevole espresso per silentium, l’amministrazione regionale avrebbe dovuto attivare il procedimento volto all’annullamento della rilasciata autorizzazione, essendo peraltro tenuta, nella rinnovata sede procedimentale, a considerare nuovamente i profili d’incompatibilità ambientale e urbanistica del progettato impianto come rilevati dal Consiglio Comunale con la delibera n. 33 del 14.10.2022.

Le censure così formulate, tuttavia, non possono essere condivise.

4.1.- In via preliminare, occorre rammentare come il riesame, da parte della procedente amministrazione regionale, del provvedimento conclusivo dell’espletata conferenza di servizi non fosse doveroso, atteso che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente Comune -, “l’esercizio del potere di autotutela, in tutte le relative forme, costituisce ambito riservato alla discrezionalità dell’amministrativa, azionabile d’ufficio, e in merito al quale conseguentemente non sussiste alcun obbligo di provvedere (cfr., ex multis, Consiglio di Stato n. 6253 del 2013; id., Sez. VI, 29 novembre 2022, n. 10485).

Più in dettaglio, si è rimarcato che ” non esiste un obbligo di provvedere a fronte di atto divenuto inoppugnabile e che l’esercizio dell’autotutela costituisce un potere coinvolgente in primo piano il merito amministrativo, che si esercita previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse, riservata alla Pubblica amministrazione e in generale insindacabile da parte del giudice; quest’ultimo non può infatti valutare se il diniego di autotutela sia stato bene o male esercitato perché, se ciò facesse, la conseguenza sarebbe un ordine, rivolto all’Amministrazione, di riesercizio del potere di autotutela secondo parametri fissati in via giudiziaria, con illegittimo sconfinamento in un potere di merito riservato all’Amministrazione. Il diniego espresso di autotutela non è, di regola, impugnabile per l’assorbente ragione che si tratta di atto espressione di un potere di apprezzamento d’interessi pubblici nel loro merito (opportunità, convenienza), su cui il giudice amministrativo non ha giurisdizione; di conseguenza solo nel caso in cui l’Amministrazione, sollecitata ad esercitare l’autotutela, adotti un provvedimento, quest’ultimo sarà impugnabile dalla parte eventualmente lesa dalla statuizione” (cfr.: Cons. Stato, n. 10485 del 2022; Consiglio di Stato, sez. IV, 11/07/2022, n.5774)

Soltanto ricorrendo tale ultima evenienza, il sindacato giurisdizionale è ammissibile, sebbene debba essere circoscritto esclusivamente alla nuova considerazione degli interessi pubblici coinvolti, operata dall’amministrazione con l’adottato atto di conferma propria, sempre nei limiti della manifesta illogicità e del palese travisamento dei fatti sottesi all’assunta determinazione di contenuto analogo a quella precedentemente adottata.

4.2.- Tali sintomatiche figure di eccesso di potere non sono rinvenibili nell’impugnata nota.

Difatti, l’amministrazione regionale ha giustificato l’opposto diniego di autotutela, da un lato, evidenziando l’irrilevanza degli abusi edilizi accertati con riguardo agli immobili insistenti sull’area oggetto dell’approvata localizzazione, atteso che, in forza del progetto approvato, gli stessi sarebbero stati abbattuti; dall’altro, rimarcando che l’unica condizione necessaria per la realizzazione dell’impianto consisteva nel mantenimento della disponibilità dell’area di sedime da parte della società istante, essendo a tal fine sufficiente l’esecuzione dell’emessa ordinanza di demolizione onde evitare l’acquisizione dell’area al patrimonio comunale. Infine, ha rimarcato come le ulteriori argomentazioni, poste dal Consiglio Comunale a fondamento della disposta revoca del parere favorevole espresso per silentium, in quanto manifestate al di fuori della Conferenza di Servizi, non potevano essere oggetto di una rinnovata valutazione.

La ragioni addotte dall’amministrazione regionale si allineano al quadro normativo di riferimento, rispondendo pienamente ai suoi principi di fondo.

Difatti, l’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 attribuisce la competenza a rilasciare l'”Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti” alla Regione all’esito di una Conferenza di servizi cui partecipano “i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l’impianto, nonché il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti”, quale modulo procedimentale di emersione e comparazione di tutti gli interessi coinvolti, anche locali, nell’ambito dell’autorizzazione stessa.

Segnatamente, alla Conferenza di servizi in questione, la legge demanda il compito di acquisire e valutare tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall’articolo 177, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, ovverosia che la gestione dei rifiuti avvenga “senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente”. La Conferenza di servizi è destinata, quindi, a concludersi con una decisione “assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza”. Tale “decisione”, tuttavia, ha valenza solo endoprocedimentale, poiché, “entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi”, spetta alla Regione valutarne le risultanze e, “in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto”. L’approvazione così adottata “sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

Il potere autorizzatorio della Regione appena esaminato costituisce, peraltro, espressione della più ampia competenza regionale di predisporre e adottare i piani (regionali) di gestione dei rifiuti, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d’ambito di cui all’articolo 201.

Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, chiaramente ispirato all’esigenza di allocare le scelte definitive in ordine alla individuazione dei siti da destinare all’insediamento degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti a un livello di governo diverso e superiore rispetto a quello dell’ente comunale nel cui territorio dovrebbe essere insediato l’impianto sottoposto ad autorizzazione, occorre ancora rimarcare, con specifico riferimenti ai profili rilevanti per dirimere l’odierna controversia, che l’autorizzazione unica regionale disciplinata dall’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006 costituisce anche titolo abilitativo edilizio alla realizzazione dell’impianto di smaltimento o recupero di rifiuti, posto che le autonome e specifiche attribuzioni in materia spettanti all’amministrazione comunale rifluiscono nella prevista Conferenza di servizi, in cui si vede coinvolta la stessa Amministrazione comunale e che rappresenta il luogo procedimentale deputato alla complessiva valutazione del progetto presentato. Nel provvedimento autorizzatorio in esame sono state, cioè, riunite e concentrate dal legislatore tutte le competenze amministrative di verifica e controllo di compatibilità con le varie prescrizioni urbanistiche, di pianificazione settoriale, nonché l’accertamento dell’osservanza di ogni possibile vincolo afferente alla realizzazione dell’impianto in armonia col territorio di riferimento, dal momento che l’art. 208, comma 6, D.Lgs. n. 152/2006, assegna al provvedimento regionale conclusivo del procedimento una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti ordinariamente di competenza di altre autorità territoriali, ivi compresa l’eventuale variante urbanistica (T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. IV, 05/08/2022, n. 1890).

In ragione di tale portata sostitutiva dei provvedimenti di competenza delle singole amministrazioni coinvolte attribuita all’autorizzazione unica, correttamente l’amministrazione regionale ha reputato come inidonea a giustificare l’avvio dell’invocato procedimento di autotutela la rilevata irregolarità edilizia degli immobili posti sul sito oggetto della contestata localizzazione, destinati secondo le approvate previsioni progettuali ad essere abbattuti e ricostruiti. L’irrilevanza delle accertate irregolarità edilizie, infatti, emerge alla luce dell’art. 208 D.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui la rilasciata autorizzazione unica, secondo un’interpretazione giurisprudenziale ampiamente consolidata, costituisce il nuovo titolo edilizio direttamente legittimante la realizzazione dell’impianto, posto che le autonome e specifiche attribuzioni in materia spettanti all’amministrazione comunale rifluiscono nella prevista conferenza di servizi che rappresenta il luogo procedimentale di complessiva valutazione del progetto presentato (C.G.A., sez. I, 21 maggio 2018, n. 295).

Pertanto, per espressa previsione legislativa ed avuto riguardo ai principi interpretativi di carattere generale ivi applicabili, deve convenirsi che l’autorizzazione in questione ha una sua specialità in ragione della quale non è equiparabile tout court ai singoli atti, riguardanti il settore di appartenenza, anch’essi intervenuti nel procedimento unico (pur essendo di ciascuno di esso espressione), dal momento che reca una disciplina degli effetti e delle modalità di attuazione suoi propri.

Ne consegue che, con riferimento agli aspetti in rilievo nell’odierna vicenda, l’autorizzazione rilasciata assorbe l’assenso di carattere edilizio, sebbene rechi un regime del tutto autonomo che non consente, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente Comune, una pedissequa equiparazione tra autorizzazione unica e permesso di costruire.

Correttamente, poi, l’amministrazione regionale ha implementato il contenuto precettivo dell’autorizzazione originariamente rilasciata, imponendo l’esecuzione dell’adottata ordinanza comunale di demolizione, attesa la necessità di preservare la disponibilità giuridica del sito oggetto della contestata localizzazione.

In tal modo disponendo, l’impugnata nota si è conformata alla più recente giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. IV, 24/01/2022, n.449; Tar Campania, Napoli, sez. V, 26.6.2023, n. 3844), secondo cui condizione imprescindibile per il rilascio, e quindi per la conservazione, dell’Autorizzazione Unica è che il titolo di disponibilità dell’area su cui deve sorgere l’impianto permetta, di per sé, l’edificazione dell’impianto che si vuole realizzare, affinché l’effetto ampliativo della sfera giuridica del destinatario, tipicamente connesso alla sua emanazione, possa effettivamente e compiutamente dispiegarsi.

Prendendo l’abbrivio da tale osservazione, ha proseguito il giudice di appello precisando come l’autorizzazione unica presuppone esclusivamente che l’impresa autorizzata ad edificare abbia e mantenga la disponibilità giuridica e materiale del sito.

In definitiva, l’amministrazione regionale ha legittimamente denegato la proposta istanza di autotutela, poiché, da un lato, ha ritenuto irrilevante la sopravvenuta accertata abusività edilizia degli immobili preesistenti sul sito della progettata localizzazione, costituendo l’autorizzazione unica regionale il nuovo titolo abilitativo edilizio alla realizzazione dell’impianto di smaltimento o recupero di rifiuti; dall’altro, ha imposto la su descritta prescrizione volta ad assicurare la conservazione della disponibilità dell’area in capo alla controinteressata, come condizione imprescindibile ai fini della realizzazione dell’impianto.

4.3.- In modo altrettanto legittimo, l’amministrazione regionale, senza incorrere nella prospettata insufficienza motivazionale, non ha ritenuto di dover riesaminare l’approvata localizzazione, alla luce delle considerazioni svolte dal ricorrente Comune in ordine all’asserita incompatibilità ambientale del progettato impianto rispetto alla vocazione agricola dell’area destinata ad ospitarlo.

Militano, infatti, a favore della negativa valutazione manifestata nell’impugnata nota due ordini di considerazioni.

In primo luogo, occorre richiamare il costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui, nell’ambito di una conferenza di servizi per il rilascio di un’autorizzazione unica ambientale, nel caso in cui le Amministrazioni istituzionalmente preposte alla tutela della salute abbiano, come nella specie, espresso parere positivo al rilascio del suddetto titolo, per di più basato su una articolata e adeguata motivazione, non sussiste prevalenza del parere contrario del Comune, espresso al di fuori della conferenza, le cui contestazioni si fondino, peraltro, su motivazioni di carattere sostanzialmente urbanistico ed edilizio, in quanto trattasi di Amministrazione non specificamente preposta alla tutela di interessi paesistico-ambientali o della salute: la conferenza di servizi, infatti, è retta dal criterio di prevalenza delle posizioni assunte e, comunque, non conosce poteri di veto in capo alle singole Amministrazioni partecipanti (Consiglio di Stato, sez. IV, 29/04/2020, n.2733; Cons. Stato, Sez. II, 8 luglio 2019 n. 4734).

In secondo luogo, la destinazione agricola dell’area, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente Comune, non preclude affatto la localizzazione del contestato impianto.

Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale (si veda Cons. Stato, sez. V, n. 3818 del 2012), la destinazione agricola di una determinata area è volta non tanto e non solo a garantire il suo effettivo utilizzo a scopi agricoli, quanto piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione, con la conseguenza che, salvo diverse specifiche previsioni, essa non può considerarsi incompatibile con la realizzazione (venendo al caso in esame) di un impianto di recupero di rifiuti.

Tale valutazione di concreta compatibilità spetta alla Conferenza di servizi ed è stata da quest’ultima legittimamente svolta, avendo ritenuto di per sé non preclusiva dell’operata localizzazione la destinazione urbanistica del sito prescelto.

Deve, dunque, aderirsi alla prevalente opinione giurisprudenziale, cui non emergono nella specie ragioni per discostarsi anche a fini di certezza del diritto, a mente della quale la destinazione a zona agricola di un’area, salva la previsione di particolari vincoli ambientali o paesistici – nella specie assenti – non impone, in positivo, un obbligo specifico di utilizzazione effettiva in tal senso, bensì, in negativo, ha lo scopo soltanto di evitare insediamenti residenziali, e quindi non costituisce ostacolo alla installazione di opere che non riguardino l’edilizia residenziale e che, per contro, si rivelino per ovvi motivi incompatibili con zone abitate e quindi necessariamente da realizzare in aperta campagna: così, ad esempio sono stati ritenuti via via compatibili, con zone agricole, impianti di derivazione di acque pubbliche, attività di cava, depositi di esplosivi e, infine, anche discariche per rifiuti (cfr. ad es. TAR Campania, Salerno, n. 1500\2013 e C.d.S. 3818\2012, oltre a Cge 28\7\2016).

In proposito, la destinazione agricola ha lo scopo di impedire insediamenti abitativi residenziali e non di precludere, in via assoluta e radicale, qualsiasi intervento urbanisticamente rilevante. Non è, pertanto, esclusa la realizzazione, in via assoluta, in zona agricola, di un impianto destinato al recupero dei rifiuti (T.A.R. Toscana, sez. II, 10/02/2023, n. 138).

Conclusivamente, non cogliendo nel segno il nucleo delle proposte censure, il gravame dev’essere interamente respinto.

5.- Le spese di lite possono essere compensate fra le parti tenuto conto della complessità delle questioni trattate, della natura pubblica dei soggetti coinvolti e del carattere sensibile degli interessi sottesi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge;

spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2023 con l’intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente

Gianluca Di Vita, Consigliere

Fabio Maffei, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabio Maffei Maria Abbruzzese

IL SEGRETARIO

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