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LA FALSA TESTIMONIANZA NEI BAMBINI E NEGLI ADULTI

-PSICOLOGIA GIURIDICA-

L’elemento centrale della procedura giudiziaria riguarda la narrazione dell’evento oggetto del procedimento, con tutti i fattori di rischio che potrebbero compromettere la fase di rievocazione e il racconto dell’accaduto. Questi ultimi meccanismi psicologici e relazionali rientrano nella categoria del falso ricordo, in cui l’eventuale visione errata e distorta dei fatti non è generata da un’intenzionalità del soggetto, ma da fenomeni di suggestione, o da una sbagliata raccolta di informazioni. Mentre, la comunicazione consapevole ed intenzionale di un evento non aderente alla realtà, cioè una bugia volontaria, viene definita falsa testimonianza. Magistrati, Forze dell’ordine, criminologi ed esperti in psicologia giuridica sono attratti da questo modo di mentire, poiché smascherare una bugia è un aspetto essenziale nei casi giudiziari caratterizzati dalla presenza di prove incerte. Nella pratica testimoniale l’attenzione dei ricercatori si è concentrata principalmente sul fenomeno della suggestionabilità del minore, sulla memoria, sulle abilità linguistiche e sull’abilità interpretativa.

I minori vittime-testimoni di reati, in particolare sessuali, possono effettuare false denunce per i seguenti motivi:

 

  • Desiderio di vendetta o di controllo di certe situazioni: si verifica maggiormente da parte di alcuni adolescenti che nutrono sentimenti ostili nei confronti del presunto abusante o di un altro adulto coinvolto nella vicenda.
  • Si denuncia l’abuso ma non l’abusante: il bambino riesce a riferire l’evento ma non chi lo ha compiuto.
  • Sostituzione del responsabile: il minore può non indicare il vero abusante, ma questo non significa che il fatto non sia accaduto.
  • Un genitore porta il figlio a credere di aver subito un abuso: la denuncia può nascere nell’ambito di una relazione genitoriale disfunzionale in cui, dal punto di vista simbolico, un genitore potrebbe considerare il figlio come una propria appendice. Quest’ultimo, quindi, tenderebbe ad assumere come proprie delle credenze che in realtà sono dell’adulto.
  • Fraintendimenti comunicativi tra genitori e figli: vi possono essere delle situazioni in cui un episodio di natura innocente venga frainteso ed interpretato in senso negativo dai bambini che hanno un cattivo rapporto con il presunto colpevole.
  • Inadeguate procedure di colloquio o di intervista.

 

Per quanto riguarda la falsa testimonianza negli adulti, Anolli ritiene che le caratteristiche indispensabili per formulare un messaggio ingannevole sono tre: la falsità del contenuto; la consapevolezza che si sta ingannando; e l’intenzione di ingannare il destinatario. Il proposito di mentire trapela anche dal comportamento non verbale, come la distanza tra gli interlocutori, il tono di voce, la gestualità.

Gli studi svolti nell’ambito della psicologia sociale evidenziano tre processi del comportamento mendace:

  • L’approccio emozionale ritiene che ci sia un nesso tra menzogna e attivazione fisiologica come conseguenza di uno stato di stress che accompagna l’individuo. Il soggetto manifesta un comportamento di nervosismo evidente tramite l’utilizzo di un tono di voce altro, disturbi dell’eloquio e vivacità.
  • L’approccio del tentato controllo prevede un controllo del comportamento teso a dare un’impressione di credibilità in colui che riceve il messaggio. I movimenti del soggetto sono quelli essenziali, con un atteggiamento di inibizione e rigidità del corpo.
  • L’approccio del carico cognitivo sostiene che la menzogna è un compito cognitivamente complesso e che costruire una bugia è molto più impegnativo se l’interlocutore sostiene che non si stia dicendo la verità.

Le grandi bugie richiedono una buona pianificazione e un comportamento spontaneo in grado di convincere colui che ascolta che si sta dicendo la verità. Il mentitore poco esperto o ingenuo può spesso esagerare nelle forme di controllo producendo numerosi indizi di smascheramento. Quindi possiamo dire che non esiste il “naso di Pinocchio”, ossia uno stile tipico del mentitore, ma sono stati individuati tre stili linguistici del bugiardo, modulati dall’interlocutore in base al contesto e alle aspettative del destinatari:

  • Stile ambiguo e prolisso diretto ad un soggetto scarsamente inquisitorio. Il mentitore utilizza delle frasi lunghe e complesse composte da un numero elevato di modificazioni con valenza dubitativa (forse, circa), da livellatori (tutti, nessuno), e da predicati epistemici (credo, penso).
  • Il secondo stile è diretto ad un destinatario sospettoso, caratterizzato dalla brevità delle frasi, con lunghi tempi di latenza ed incompletezza sintattica in cui spesso il soggetto ed il predicato sono impliciti.
  • Il terzo stile ricorre all’uso di terze persone e a forme impersonali (ad esempio “si dice”). Alcuni studi hanno individuato le differenze tra il modo di mentire delle donne e quello degli uomini, evidenziando che le prime dicono più bugie orientate verso gli altri, in particolare donne, inoltre fanno un uso più numeroso di esagerazioni e di sentimenti positivi, ma provano maggior disagio, sviluppando ansia e senso di colpa. Mentre gli uomini dirigono le menzogne verso se stessi ed utilizzano sentimenti meno positivi rispetto all’altro sesso.

La rubrica di approfondimento su tematiche psicologiche, a cura della Dott.ssa Angela Pagliaro Psicologa, ha l’obiettivo di affrontare argomenti che ci incuriosiscono e su cui vogliamo saperne di più, fornendo spunti di riflessione e quesiti sulla nostra vita. Le informazioni fornite hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale.

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