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CASERTA – Più tasse e sacrifici per cittadini e imprese nel 2014, incognita Tasi a Caserta

CASERTA (Nando Silvestri) – Dopo la girandola sull’Imu e le barzellette che i nostri pessimi amministratori nazionali ci hanno raccontato sulla presunta fine del tracollo economico, il 2014 si profila denso di lacrime e sangue per i contribuenti italiani. Senza entrare nel merito della politica, la nuova legge di stabilità si riassume con poche battute: più tasse per il ceto medio, zero incentivi significativi alle imprese, favori alle banche, povertà e manovre di facciata. Si rassegnino i casertani e gli italiani tutti: la nuova Imposta Unica Comunale contiene ben 4 tasse nel suo ventre rigonfio e minaccioso, alcune delle quali manipolabili maldestramente dai sindaci dei comuni. C’è la famigerata Imu che graverà sulla seconda casa (ma anche sulla prima se risulta accatastata come abitazione di lusso), sui negozi e sugli immobili ad uso strumentale con la magrissima consolazione della deducibilità al 30% dal versamento di Irpef e Ires. Il predetto sgravio però non giova alle piccole e medie imprese locali neppure minimamente se si considera il bluff dei tagli al cuneo fiscale concepito dalla legge di stabilità attraverso lo stanziamento di pochissimi spiccioli destinati all’aumento delle buste paga e degli incentivi alle imprese con i fondi dirottati al contenimento delle finanze pubbliche. Avremo la Tari, che è la tassa sui rifiuti di cui i casertani hanno appena versato una maggiorazione sgradita e inattesa prima di Natale e che evolverà, disservizi a parte, in base all’immondizia presunta prodotta dall’utenza. Ma il pezzo forte della legge di stabilità è la Tasi, ovvero la tassa sui servizi indivisibili offerti dal comune, pressoché inesistenti a Caserta. La Tasi si annuncia una insidiosa innovazione fiscale dal momento che è stata fissata ad una percentuale dell’uno per mille, ma è suscettiva di essere innalzata dai sindaci fino al 3,5 per mille. E qui sta il problema perché ci vuole davvero poca immaginazione ad attendersi un aumento cospicuo del nuovo succitato tributo sino al massimo consentito, dal momento che il nostro comune è sorretto da menti “illuminate” che ascrivono fioriere e corna al novero delle infrastrutture cittadine votate al tornaconto particolare più che a quello collettivo. In una città dirupata come la nostra in cui occorre attendere 4 mesi per ripristinare un lampione spento e tre anni per ripulire, grazie all’intervento di polizia e carabinieri, tratturi adibiti a discariche a cielo aperto, si rischia in pratica di pagare la Tassa sui Serizi Indivisibili solo per fesserie, capricci e scongiuri demenziali. Del resto i cittadini casertani si aspettano poco o niente dalle infrastrutture comunali pur ostinandosi a votarne gli artefici. Basta tenere presente ad esempio il carattere farsesco e ridicolo che alcuni mezzi di trasporto pubblico come il bus elettrico circolante a Caserta denotano apertamente. E già, perché chi vi sale, denunce e documentazioni probatorie alla mano, non sa mai quanto pagare perché la tariffa richiesta è sottesa all’esclusiva discrezionalità del conducente e alle sue eventuali e variabili simpatie maturate nei confronti dei viaggiatori accolti. Ad ogni modo i casertani  risultanti possessori di un’abitazione sfitta, già proprietari di una dimora principale in città, dovranno versare anche il 50% dell’Irpef sulla rendita catastale dell’immobile. Ecco che i tributi salgono addirittura a quattro, diversamente da quanto propagandato dai media che si limitano a raffigurare soltanto tre balzelli costituenti la nuova Iuc. D’altronde la predetta legge di stabilità non lesina beffe a tutto tondo per quanto concerne i regali concessi alle banche e l’obbligo imperativo di corrispondere il canone di locazione a mezzo assegno, bandito il pagamento cash. Difatti non c’era per niente bisogno di ricorrere all’assegno bancario per ricomporre la tracciabilità di denaro e contratti di locazione, essendo questi ultimi già sufficientemente identificabili con i mezzi messi a disposizione dall’ amministrazione. Inoltre, il suddetto obbligo legato all’uso vincolato dell’assegno per il versamento dell’affitto non servirà certo a far uscire allo scoperto contratti e contraenti irregolari che, in vista del nuovo dettame, seguiteranno a maggior ragione a restare nascosti. Un pesante sacco di doni natalizi giganteggia invece nei bilanci delle banche condotto dalla Befana sulla scopa della legge di stabilità: una serie  di dorati sconti fiscali sulla svalutazione delle perdite su crediti che vale oltre 20 miliardi di euro spalmati in otto anni. In questa “Italia del Piffero” come l’ha definita simpaticamente l’amico Oscar Giannino in una recente conversazione augurale privata con lo scrivente non si fortifica per l’ennesima volta la nazione, ma solo il siderale potere di banche ed elite di intrallazzatori. Come si irrobustisce del resto l’esigenza ineluttabile dell’indebitamento invocato sempre più spesso da cittadini ed imprese nei confronti delle privilegiate banche per far fronte all’enormità della pressione fiscale e dei tributi di nuova forgia. Il tutto viene condito con l’abolizione di occasioni utili agli investimenti, misure deviate a sfavore dei consumi e la truce permanenza dell’Irap. Essa grava sulle imprese locali, il 50 % delle quali prevede serrate nell’arco di un biennio e si caratterizza per essere la più iniqua delle gabelle dal momento che tassa il reddito d’impresa al lordo dei costi del personale, compensi, salari e stipendi. L’Irap, che ha lo scopo di finanziare la gamma dei virtuali servizi regionali offerti e le prebende del personale eccedente la media nazionale degli occupati negli enti pubblici, pesa difatti sul reddito fittizio aziendale di quelle attività produttive che a malapena riescono a coprire i costi con i ricavi conseguiti ed è conseguentemente tanto più malvagia quanto maggiori sono i lavoratori in esse occupati. Indebitamento, disoccupazione e miseria sono dunque semplici espedienti messi volutamente a punto da un branco di sciacalli per potenziare il proprio potere in nome dell’UE e per spingere l’economia dal tracollo al baratro.  Sulla scorta di quanto tratteggiato è difficile negare all’evasione fiscale di massa il crisma della dignità, anni luce distante dalle fumose parafrasi del presidente della repubblica bofonchiate sordidamente nei discorsi di fine anno.

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