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ALIFE – Gadget e camorra, Tavoletta condannato: 2 anni e otto mesi

ALIFE – Il gruppo, secondo gli inquirenti, non si sarebbe limitato ad imporre le tangenti con il metodo “classico”, ma avrebbero anche costretto i titolari di attività commerciali ad acquistare gadget pubblicitari come calendari, agende, penne e accendini a un prezzo superiore a quello di mercato. Penne, calendari, agende e portachiavi imposti ai commercianti con una maggiorazione del 150% sul prezzo di mercato. Ma anche cantanti neomelodici ‘sponsorizzati’ per feste di paese e cerimonie. Cinquantacinque anni di carcere per undici persone accusate, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata, droga e armi. Ieri, in sede di giudizio abbreviato, è stato emesso il verdetto per Silvana Limaldi, di Trentola Ducenta, Giovanni Menale, di Aversa, Pietro Falcone, figlio di Limaldi, anche lui residente a Trentola Ducenta, Ivo Capone di Casaluce, Gaetano De Biase di Teverola, Giuseppe Esposito (classe 1968) di Casaluce, Giuseppe Esposito (classe 1986) di San Marcellino, Alfonso Iacolare di San Cipriano, Carlo Tavoletta di Alife, Roberto Mallardo di Giugliano, Carmen Marino di Trentola, il pentito Salvatore Laiso e Giovanni Vassallo di Lusciano. Queste le pene inflitte dal gip di Napoli: 6 anni e 4 mesi per Limaldi, 5 anni per Menale, 6 anni per Falcone, 8 anni per Capone, 5 per De Biase, 3 anni per Esposito classe 1968, 4 anni e 8 mesi per Esposito classe 1986, 8 anni per Iacolare, 2 anni e otto mesi per Tavoletta, 4 anni per Mallardo, 2 anni e quattro mesi per Laiso. Assolti Marino e Vassallo. Il pm della Dda chiese una condanna complessiva a 96 anni. Il gruppo, secondo gli inquirenti, non si sarebbe limitato ad imporre le tangenti con il metodo “classico”, ma avrebbero anche costretto i titolari di attività commerciali ad acquistare gadget pubblicitari come calendari, agende, penne e accendini a un prezzo superiore a quello di mercato. Il rincaro, rispetto all’ordinaria fornitura, era di circa il 150%, consentendo al clan, nel solo periodo natalizio, di rimpinguare le casse dell’organizzazione criminale con cifre dai 150mila ai 200mila euro. Lo hanno raccontato i collaboratori di giustizia agli inquirenti. Laiso ha spiegato il funzionamento di questo sistema di racket: “Se una penna costava cinquanta centesimi dal fornitore, il clan piazzava la stessa penna a due euro. Ovviamente i negozianti erano costretti ad acquistare i gadget, pur sapendo che venivano venduti prodotti ad un prezzo sensibilmente più alto. Per fare tale pubblicità Capone e Iacolare si avvalevano di tre tipografie: una a Casal di Principe, una a Casaluce ed una a Frignano”.

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