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foto di repertorio

Pietramelara – Spaccio di droga, 3 clienti smentiscono loro stessi e “aiutano” gli imputati

Pietramelara – Si è svolta qualche giorno fa l’udienza del processo a carico di quattro persone di Pietramelara coinvolte in una operazione tesa alla repressione del fenomeno dello spaccio e del consumo di droga. Sul banco dei testimoni sono saliti tre testimoni, tre assuntori, provenienti da alcuni comuni limitrofi. Sono assuntori ascoltati dai carabinieri durante le indagini dalle quali è nato l’attuale processo.  In quella fase dell’indagini riferirono agli investigatori di aver acquistato droga dagli attuali imputati. Davanti al giudice, invece, hanno ritrattato tutto affermando di non aver mai comprato droga gali imputati. Un atteggiamento che ha irritato il giudice. Si tornerà in aula nel prossimo autunno per ascoltare altri testimoni. Davanti al giudice ci sono Armando De Rosa (detto Ciccillo), i coniugi Bruno Muoio e Veronica Quadara, Marco Ricci, tutti difesi dall’avvocato Michele Mozzi.

L’indagine: L’operazione, oltre ai quattro indagati di Pietramelara ha coinvolto anche Enzo Rinaldi e Giuseppe Testa di Napoli, ritenuti i fornitori del gruppo di Pietramelara. L’operazione nasce da indagini partite qulche anno  fa e condotte in sinergia dai carabinieri della stazione di Vairano Scalo (guidata dal maresciallo Palazzo) e da quella di Pietramelara (allora guidata dal maresciallo Silvestri).  Secondo l’accusa gestivano nel piccolo comune dell’Alto Casertano, collocato ai piedi del Montemaggiore, linea di confine fra l’Agro Caleno il Caiatino e l’Alto Casertano, due piazze di spaccio diventate in breve tempo punti di riferimento per i consumatori provenienti da tutto l’Alto-Casertano ed anche dal vicino basso Molise. Le due piazze sono state smantellate dai carabinieri che hanno arrestato e posto ai domiciliari sei persone su ordine del Gip di Santa Maria Capua Vetere; tre degli indagati – è emerso – percepivano il reddito di cittadinanza. La loro “piazza”, hanno accertato i carabinieri della Compagnia di Capua, era piuttosto florida e serviva consumatori residenti nei vicini comuni di Presenzano, Pietravairano, Vairano Patenora e la frazione Scalo. Un ruolo di primo piano lo svolgeva la donna, che si occupava oltre che di vendere, anche dell’approvvigionamento della droga; era lei a recarsi a Napoli per rifornirsi o a incontrare i due fornitori, entrambi arrestati, in posti ritenuti sicuri per evitare controlli, in particolare nei pressi del casello dell’A1 di Caianello o lungo la statale Appia nel comune di Pastorano. I due “grossisti” risiedevano nel quartiere napoletano di Secondigliano, e uno percepiva il reddito. L’altra piazza era gestita da due uomini, entrambi arrestati, tra cui un appartenente ad una famiglia di nomadi stanziali da anni residente a Pietramelara, che percepiva il sussidio al reddito.

 

 

 

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