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ESCLUSIVA / TEANO – Tangenti sui lavori pubblici, la “pressione” di Schiavone sui cantieri del paese

TEANO – Gli atti  dell’operazione “Rischiatutto” mettono in evidenza l’attenzione della malavita organizzata sui lavori pubblici nel comune di Teano.  Una articolata indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, sviluppatasi su tutto il territorio nazionale ed in particolare nelle province di Caserta, Napoli, Frosinone, Modena, Reggio Emilia, Catania, ha condotto all’esecuzione di un’Ordinanza di Custodia Cautelare emessa dall’Ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Napoli, nei confronti di 57 persone (per 56 delle quali con custodia cautelare in carcere e per 1 con arresti domiciliari), gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di partecipazione e concorso esterno in associazione a delinquere di stampo camorristico, associazione per delinquere finalizzata all’esercizio abusivo dell’attività di gioco e scommesse, illecita concorrenza con violenza e minacce, truffa aggravata ai danni dello Stato, frode informatica, riciclaggio e reimpiego, intestazione fittizia di beni, estorsione, ed altri delitti aggravati dalle finalità mafiose. Un ulteriore episodio sintomatico del potere di incidere sulle dinamiche, anche criminali, del territorio di immanenza e dei contesti confinanti, è quello che vede protagonisti i fratelli Griffo. Cipriano, nel quale ci siamo già imbattuti e sulla cui figura si tornerà, e suo fratello Salvatore, il quale all’epoca dei fatti stava seguendo, a Teano, lavori appaltati dal Comune all’Impresa  Edile Stradale Griffo Cipriano per l’esecuzione della ristrutturazione dei piani viabili di Via Asilo Infantile e Casamarra – Frazione San Marco e Vicolo Loffredo e Ranucci – Frazione Furnolo, per un importo di euro 51876,61 (allegato 735). Ebbene, le conversazioni registrate nell’ottobre del 2005 e che di seguito si riporteranno documentano una richiesta di protezione in purissimo stile camorristico. L’imprenditore colluso, forte dei crediti maturati nei confronti dell’organizzazione cui elargisce i suoi servigi (vedi sopra e oltre i legami torbidi che legavano l’architetto Griffo al boss di Casale) chiede e ottiene di essere tenuto indenne da inopinate pretese estorsive, provenienti da individui che evidentemente non erano al corrente del “padrinaggio eccellente”. E’ una delle più classiche e sconfortanti manifestazioni degli insani legami tra operatori economici e strutture malavitose. Con i primi che strizzano l’occhio alle seconde, rifugiandosi sotto il loro comodo ombrello e rifuggendo da ogni interlocuzione con gli organi dello Stato. E con le seconde che lucrano una rendita di posizione vicariante, garantendosi appoggi e comodi fiancheggiamenti. Basterebbe poco, a uomini di buona volontà, per spezzare questa spirale mortifera, che avvelena l’ambiente più delle mefitiche esalazioni dell’immondizia malamente sversata e seppellita in terra di lavoro.  Ma tant’é.  E così, sentiamo Griffo Cipriano, da Modena, dove ha stabilito il centro dei suoi interessi e dove si prodiga in tutti i modi in favore dello Schiavone, chiedere, prima tramite Di Puorto Francesco, a sua volta intestatario dei contratti di fornitura dell’abitazione al civico 89 di Via Nazionale Sorbara, Bomporto, utilizzata dal figlio di Sandokan durante le sue trasferte emiliane, quindi personalmente, rivolgendosi a Bartolomeo Cacciapuoti, un autorevole intervento dissuasivo. La questione è chiara, a prescindere dalla circospezione degli interlocutori, di per sé oltremodo sospetta, che ne conferma la già intuibile delicatezza. Era accaduto che alcune persone si erano portate sul cantiere di Teano a formulare o, quantomeno, anticipare, una richiesta estorsiva. Salvatore Griffo ne aveva informato suo fratello, che a sua volta, aveva chiesto al Cacciapuoti di attivarsi per far giungere agli sgraditi visitatori un messaggio forte e chiaro, onde paralizzarne ulteriori iniziative. Il risultato, sia pure dopo una serie di equivoci e di ritardi, sembrava essere stato positivo, a riprova della già sperimentata autorevolezza del giovane capoclan e degli argomenti di cui disponeva (“…li attacca dietro la macchina un paio di quelli…”). La lettura dei dialoghi attesta che le cose erano andate proprio così. Non v’è dubbio, tenuto conto del contesto del discorso, che allo Schiavone riconducano i criptici riferimenti, ora all’architetto, ora al geometra, ora a quello che si sta laureando, ora al capocantiere, con il soggetto attivo che muta in maniera illogica, mentre non muta il tipo di condotta che ci si aspetta da lui. Allo Schiavone riconduce, soprattutto, a fugare eventuali, residue perplessità, la mediazione del suo uomo di fiducia Bartolomeo Cacciapuoti, che si muove alla stregua di una mera appendice del suo capo. Allo Schiavone riconduce l’esito dell’intervento e quella sconfinata fiducia del Griffo, certo che anche la sola evocazione del suo nome avrebbe portato gli estorsori a più miti consigli (“ma quello quando ha saputo il nome si è messo a squadra…?”). Non v’è dubbio, poi, che si stia parlando di un tentativo di estorsione, vuoi per il tipo di aiuto richiesto, vuoi per l’incongruità della metafora dei “carpentieri di Sparanise” (laddove l’indicazione territoriale fa pensare, piuttosto, alla collocazione geografica del gruppo da cui proveniva la richiesta di tangente), vuoi per quell’insistita preoccupazione in merito a ciò che di spiacevole sarebbe potuto accadere. Siamo, in conclusione, ancora una volta, di fronte a un episodio che non ha rilievo penale autonomo, ma che vale a descrivere e connotare di allarmante negatività il modus operandi dell’organizzazione de qua. Questo quanto scritto dalla dottoressa Terzi nell’ambito dell’inchiesta, nelle pagine 667 e 668 dell’ordinanza che ha condotto all’arresto delle persone coinvolte nei fatti.

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