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foto di repertorio

TEANO / VIAREGGIO – Strage ferroviaria, sentenza storica scritta da un giudice di Teano: si poteva evitare. Condannato l’amministrato delegato

TEANO / VIAREGGIO – Un cittadino illustre di Teano, nella vita giudice, ha scritto l’importante sentenza sulla strage di Viareggio. Un disastro ferroviario da 32 morti, tre anni di dibattimento, una sentenza con molte condanne datata 31 gennaio 2017, sei mesi di attesa e 1.021 pagine di motivazioni che nel tardo pomeriggio di ieri hanno fatto il giro d’Italia come un uragano. Per raccontare le ragioni del Tribunale di Lucca nel condannare i vertici di Rete ferroviaria italiana e di Trenitalia, primo fra tutti quel Mauro Moretti condannato a 7 anni. Il 29 giugno 2009, nella notte di fuoco che ha attraversato binari e case a Viareggio, Moretti era amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. La condanna che lo riguarda, però, è relativa al suo ruolo di ad in Rete ferroviaria italiana, cui gli è succeduto Michele Mario Elia, anche lui condannato. Al vertice di Rfi, Moretti arriva nel 2001, direttamente dal ruolo di responsabile della Divisione infrastruttura di Fs Spa: «Divisione che dal primo luglio “si immedesima” – sottolinea la sentenza- sostanzialmente con Rfi, “venendo a coincidere i rispettivi perimetri di attività”». Che è un modo per mettere in evidenza quel sistema di “scatole” societarie del quale nel dibattimento si è a lungo argomentato.  A Moretti prima e ad Elia dopo – scrivono il presidente del Collegio, Gerardo Boragine ed i colleghi Nidia Genovese e Valeria Marino – si devono riferire in primo luogo «il compito di gestire e controllare tutte le fonti di rischio connesse alle attività di impresa». Compresi, viene da dire, quei binari d’Italia che «non sono una tavola da biliardo», per dirla con le parole dell’avvocato difensore dello stesso Moretti, Armando D’Apote, Visto che almeno una certezza inossidabile, nel disastro di Viareggio, c’è: la cisterna dalla quale il Gpl è uscito, andando ad incendiarsi fin dentro l’intimità delle case di via Ponchielli e via Porta Pietrasanta, non viaggiava già squarciata.

La figura del giudice:
Correttezza, equilibrio e competenza. Il tutto sapientemente miscelato dal buon senso, dal rispetto di ogni parte in causa e da quel pizzico di arguzia tutta napoletana con la quale riesce a sdrammatizzare anche le situazioni più scottanti. Sono queste le doti umane e caratteriali che hanno forgiato la carriera professionale del giudice Gerardo Boragine, indiscutibilmente un grande uomo di legge al servizio dello Stato. Una carriera brillante, una lunga serie di soddisfazioni nell’ambito del lavoro che lo hanno portato ieri al raggiungimento di un ennesimo, importante traguardo. E’ stato infatti nominato presidente della sezione penale del Tribunale di Lucca. Un risultato di grande prestigio e allo stesso tempo di enorme responsabilità vista l’ingente mole di lavoro svolta. Basti pensare che ogni anno vengono istruite alla sezione penale del Tribunale di Lucca oltre 5.000 cause, la maggioranza delle quali provengono da Viareggio e dalla Versilia. Vale a dire dalla terra dove è professionalmente maturato e cresciuto e con cui continua a mantenere forti e solidissimi legami. La sua seconda patria, potremmo dire, dopo Teano, sua città natale. A Viareggio, dove continua a vivere, ebbe il suo primo incarico in qualità di pretore nel 1993, quando aveva 28 anni. Poi fu giudice monocratico quando venne istituita la sezione distaccata di Viareggio del Tribunale di Lucca. Fino a diventare all’epoca coordinatore dei giudici. Quindi il trasferimento poco meno di due anni fa a Lucca, dove è stato subito chiamato a presiedere il Collegio giudicante del processo più delicato degli ultimi anni, vale a dire quello della strage di Viareggio. A 50 anni ha assunto il pieno esercizio delle sue funzioni in qualità di presidente della sezione penale del Tribunale di Lucca.

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