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PIGNATARO MAGGIORE – CASO MAGLIOCCA, ECCO LE RAGIONI DELL’ASSOLUZIONE

pignataro maggiore. Il Gup del Tribunale di Napoli, dottor Eduardo De Gregorio, ha ritenuto non sussistenti i fatti di cui all’ipotesi accusatoria. Le emergenze processuali, scrive il Tribunale di Napoli, “frantumano” l’impianto della Dda di Napoli. In particolare, si legge nella sentenza n. 1069/12, per il 2006, anno in cui secondo la Procura di Napoli l’ex sindaco Magliocca avrebbe stretto uno scellerato patto elettorale con il boss Pietro Ligato in cambio del rilascio di una concessione edilizia, “le condotte non risultano provate nel loro accadimento storico. Le dichiarazioni del pentito Pettrone – continua infatti il Gup – non solo sono state smentite dal teste di riferimento Anziano ma sono negate anche da quanto emerge in atti circa i periodi di detenzione di Ligato Pietro; costui, secondo quanto certificato dal Dap, fu detenuto dal 6 ottobre 2004 al 20 luglio 2006, ben oltre la chiusura del periodo elettorale, pertanto impossibilitato a tenere i comportamenti riferiti dal Pettrone che lo aveva immaginato personalmente e direttamente impegnato per il Magliocca in campagna elettorale”.
Per quanto riguarda i fatti del 2002, anno in cui Magliocca avrebbe stipulato uno scellerato accordo politico-mafioso con il locale clan in cambio di una allegra gestione dei beni confiscati, scrive invece il De Gregorio che “i tempestivi adempimenti riguardanti la concessione dell’appartamento in Pignataro, dalla rapida acquisizione di tutti i beni al patrimonio comunale, da una discreta generale attività di controllo sulla loro sorte, da gravi errori e consistenti inadempienze di altri soggetti tenuti ad intervenire nelle procedure, da una chiara presa di distanza ed iniziativa nei confronti della ritardataria associazione Icaro, dalla costituzione di un ufficio beni confiscati nel 2000 e dalle altre evidenze probatorie di cui si è dato ampiamente conto anche tramite l’esame degli atti prodotti nella qualità di sindaco” sono la prova che in dal braccio quella tornata elettorale, premesse le cene raccontate dal braccio destro del capo clan Lubrano Raffaele, sul quale il Gup sottolinea la poco “cristallina” personalità e getta un’ombra sulle sue reali “intenzioni” circa il riferimento dei momenti conviviali, Magliocca “nulla promise e di conseguenza alcun contributo concreto, specifico e consapevole dette o ha dato ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione criminale”.  La Procura avrà ora 45 giorni per presentare ricorso in appello. Il giornalista Enzo Palmesano  costituitosi parte civile per conto della provincia di Caserta, ha già annunciato che presenterà istanza di appello al Pm, dott. Conzo, titolare dell’inchiesta.
Le cene
Secondo quanto scritto dal giudice De Gregorio, le cene al ristorante Ebla ci sarebbero state – una certezza processuale, precis ail Gup – ma esse non rappresenterebbero alcuna prova dell’accordo fra la camorra e l’ex sindaco Magliocca

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