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09 giugno 2010 Arrestati questa mattina da poliziotti della Questura di Caserta, su ordinanza del GIP di Napoli e coordinate dal Dott. Cafiero De Raho della D.D.A di Napoli, 11 esponenti del clan dei «Casalesi - Gruppo Schiavone». Tra gli 11 arrestati, i 3 usciti dalla Questura di Caserta: Tessitore Vincenzo, Mirra Guglielmo Antonio Luigi e Monaco Antonio. Foto: Agenzia Frattari - Casertapress.it

CASERTA – Omicidio Motti, arrestato 46enne: deve scontare altri diciassette anni

CASERTA – Nelle prime ore di oggi, la Squadra Mobile di Caserta ha tratto in arresto Coscione Luigi, di anni 46, destinatario di un ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica la Corte d’Appello di Napoli – Ufficio Esecuzioni Penali, dovendo scontare una pena residua di anni 17, mesi 3, giorni 29 di reclusione. Il provvedimento restrittivo rappresenta l’epilogo giudiziario di una attività investigativa condotta dalla Polizia di Stato di Caserta e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che ha permesso di far luce sull’omicidio di Motti Domenico, avvenuto in data 31.8.1993. In particolare, il corpo della vittima era rivenuto in una strada interpoderale di Carinaro, di fronte allo svincolo della SS Nola-Villa Literno attinto con numerosi colpi di pistola (calibro 9×21 del tipo Beretta in uso alle Forze dell’Ordine e calibro 7,65). Successivamente, nel 2010, su impulso del personale della Squadra Mobile di Caserta, due collaboratori di Giustizia, Della Corte Francesco e Cantone Francesco, rendevano dichiarazioni relativamente a tale omicidio autoaccusandosi e poi indicandogli altri partecipi, tra cui proprio il Coscione Luigi, quale autore materiale. Entrambi i collaboratori fornivano un quadro preciso del contesto criminale di appartenenza, contesto a loro comune, e confessavano una serie di delitti. Le dichiarazioni erano connotate dal carattere della spontaneità; dai verbali di interrogatorio risultavano le ragioni della collaborazione di ciascuno ed emergeva come entrambi avevano iniziato a collaborare mentre si trovavano in stato di detenzione, autoaccusandosi di gravi reati, anche di omicidi, per i quali non erano ancora indagati o imputati. Il racconto, poi, era preciso e circostanziato, ricco di particolari con riferimento alla descrizione sia degli scenari in cui si inquadrava la vicenda delittuosa, sia del movente, che dei partecipi. Entrambi riferivano di fatti vissuti direttamente, per avervi preso parte, e fornivano la ricostruzione del delitto dalla visuale del partecipe. La causale dell’omicidio Motti era da ricercarsi nella circostanza che lo stesso aveva mostrato più volte il desiderio di allontanarsi dal gruppo BIDOGNETTI, cambiando vita o al massimo continuando a commettere reati in proprio.

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