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PIEDIMONTE MATESE – Processo Pepe, la sentenza a maggio. Ma la prescrizione potrebbe salvare tutti

Piedimonte Matese – Il prossimo maggio il giudice emetterà la sentenza in merito al processo a carico dell’ex presidente della comunità montante del Matese, Fabrizio Pepe. Pochi giorni fa è stato ascoltato l’ultimo testimone, l’imprenditore di Gioia Sannitica, Luigi Imperadore. Nella prossima udienza solo le discussioni degli avvocati e poi la sentenza del processo di primo grado che vede coinvolto Fabrizio Pepe, presidente della Comunità Montana del Matese, Piero Cappello – ex presidente Asi di Caserta – e  l’ex assessore Antonio Ferrante. Secondo l’accusa, Fabrizio Pepe, avrebbe abusato dei suoi poteri di presidente della Comunità Monta­na. Con l’accusa di concussione sarebbero finiti sotto processo anche Antonio Ferrante – ex assessore del Comune di Piedimonte di Matese –  e Piero Cappello, all’epoca dei fatti assesso­re dell’Ente matesino e fratello dell’ex primo cittadino di Piedimonte Matese, Vincenzo Cappello. Secondo la Procura, Pepe, quale presidente della Comunità Montana del Matese, avreb­be indotto un imprenditore aggiudicatario del­l’appalto relativo ai lavo­ri di ripristino e adegua­mento della strada  Zappinelli-Cisterna ad acquistare mobili per l’arredamento della casa di un’altra persona.  Pepe, per il magistrato, avrebbe approfittato della debolezza dell’im­prenditore che ancora non aveva sottoscritto il contratto con l’Ente per le opere a lui aggiudica­te, ingenerando con un ingiustificato temporeg­giamento il timore che potessero insorgere pro­blemi in relazione alla conclusione dell’iter procedimentale per il defini­tivo affidamento dei lavori. La richiesta sarebbe stata formulata come prestito, ma in realtà, secondo il magi­strato, sarebbe stata fina­lizzata ad ottenere il mobilio poiché, dopo la dazione, non venne restituito l’importo speso. Agli atti della Procura, tutta­via, ci sarebbero anche altri due episodi. Sempre in virtù del suo ruolo amministrati­vo, Pepe avrebbe anche indotto un operaio, incaricato dal Comune di eseguire alcuni lavori presso l’area di stoccaggio rifiuti, ad effettuare opere all’interno di una sua abita­zione nel centro storico della città senza, poi, pagare per le prestazioni ricevute. Anzi, secondo la Procura, Pepe avrebbe affermato che il dovuto gli sarebbe stato fatto recupera­re addebitando la spesa al Comune. Ferrante e Cappello, invece, sono accusati di aver costretto, nell’estate del 2006, lo stesso ope­raio, titolare dei lavori presso l’area di stoc­caggio, a promettere loro che avrebbe man­dato via una ditta per assumerne un’altra. Fra qualche mese il giudice di primo grado potrebbe scrivere una primo importate sentenza sulla vicenda che vede come parte lesa l’imprenditore Pasquale Florio. Un processo difficile e probabilmente inutile. Infatti, anche in caso di condanna in primo grado, i reati potrebbero prescriversi nell’attesa di un eventuale appello.

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