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La famiglia Mottola ascolta la sentenza del giudice

TEANO / ARCE – Omicidio Mollicone, la difesa dei Mottola demolisce l’impianto accusatorio

TEANO / ARCE – Si è tenuta oggi una nuova udienza, presso la Corte d’Appello di Roma, del processo nato dall’omicidio di Serena Mollicone. L’udienza è stata catalizzata dalle relazioni dei periti della difesa che hanno demolito le tesi della pubblica accusa. Per la difesa, l’altezza della ragazza sarebbe incompatibile con l’ipotesi del colpo alla porta; per la difesa della famiglia Mottola la porta non può essere stata l’arma del delitto. Per il criminologo Carmelo Lavorino “sbagliato il metodo con cui la controparte ha calcolato la distribuzione dei frammenti sul nastro che cingeva la testa della vittima” La porta dell’alloggio a trattativa privata non sarebbe l’arma del delitto e la dichiarazione chiave di Tuzi, quella che indica Serena all’interno della caserma, sarebbe da confutare. Ad avvalorare la tesi della difesa, sulla questione della porta, ci sarebbe l’incongruenza fra l’altezza della ragazza e l’altezza della frattura sulla porta.

La vicenda:
Per gli inquirenti la responsabilità dell’ex maresciallo Franco Mottola, del figlio Marco, della moglie Anna Maria e dei carabinieri Quatrale e Suprano è stata provata “al di là di ogni ragionevole dubbio”.  Con il ricorso presentato il procuratore capo Luciano d’Emmanuele e dal sostituto Maria Beatrice Siravo, chiedono alla Corte d’Assise del Tribunale di Roma di condannare – per l’omicidio di Serena Mollicone –  l’ex maresciallo ed ex comandante della stazione di Arce, Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco, oltre ai carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, sostenendo che la sentenza assolutoria è motivata in maniera “contraddittoria o manifestatamente illogica”. Di tutt’altro parere, chiaramente, la difesa degli imputati che ritengono la sentenza di primo grado perfettamente corrispondente alla realtà e l’assoluzione degli imputati doverosa per la totale assenza di prove a loro carico.

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