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Nigeria e l’infanzia rubata

(di Sandrino Luigi Marra)
Il Nordest della Nigeria è teatro di un conflitto decennale tra gruppi armati jihadisti e militari fuori controllo. Lo stato di Borno e il Nord della Nigeria  sono coinvolti nell’insurrezione del gruppo jihadista Boko Haram, associato da anni all’Isis o IS come si preferisce. Tale gruppo mira a creare uno stato islamico adottando come base legislativa la Shari’ha, è inoltre fortemente contrario a qualunque tipo di occidentalizzazione nella società Nigeriana. Nato nel 2002 ha portato avanti tale idee con una strategia stragista e dal 2009 ad oggi ha causato 50.000 morti e più di 2 milioni di sfollati. Nel 2013 si è ufficialmente dichiarata organizzazione terroristica compiendo attacchi contro chiese, moschee ed interi villaggi, perseguitando politici, sacerdoti e leader musulmani e propagando le violenze ben oltre i confini della grande nazione africana. Ma ha anche ben diversificato la sua azione puntando al rapimento ed all’uccisione di giovani e studenti, in particolar modo ragazze, ma anche bambini non solo per farli divenire soldati, ma incutendo terrore impedire che frequentino la scuola e si istruiscano. E’ questo ultimo elemento a far maggiore impressione, ovvero impedire che i giovani istruendosi pensino e soprattutto comprendano il mondo e la vita. In tal modo e con una ferocia senza limiti tentano di formare una generazione di veri e propri schiavi al servizio di una ideologia che di fatto cancellando ogni comprensione e personalità, riesca ad avere a disposizione oggetti. Secondo i dati dell’UNICEF migliaia di bambini tra i 13 ed i 17 anni (si parla di 10.000 tra il 2013 ed il 2018) sono stati rapiti per combattere  nel conflitto in corso nel Nord-est. Altre migliaia di bambine sono state rapite per essere costrette poi a sposare combattenti jihadisti o per essere usate come oggetti sessuali a premiare i combattenti non sposati. Il sistema prevede che i bambini vengano schierati ai posti di blocco nei territori controllati, mentre i più grandicelli, gli adolescenti vadano a scontrarsi con i militari o assaltare i villaggi. Nelle operazioni condotte da parte dell’esercito camerunense qualche anno fa, contro forze di Boko Haram che si erano insediate oltre confine, i militari scoprirono di aver fatto fuoco contro bambini ed adolescenti in più occasioni, situazione che creò così tra i soldati non pochi problemi morali.  A tutto ciò si è anche aggiunto che spesso quando i bambini scappano dai territori controllati da  Boko Haram, quando si consegnano alle autorità finiscono agli arresti quali sospetti terroristi. E qui la situazione si complica ancor più; venendo arrestati quali terroristi sono soggetti ad un processo, che purtroppo può prolungarsi nel tempo. Così la detenzione si protrae per tempi lunghissimi ancor prima di una udienza, che nel caso della Nigeria, con 204 milioni di abitanti e le problematiche legate al numero dei tribunali e dei giudici completamente insufficienti per la realtà del paese può non meravigliare. Anche se non accusati direttamente di terrorismo, il sospetto implica che non possono avere un avvocato, non possono vedere i familiari e oltretutto non esistendo un servizio dedicato ai minori (tribunale) e servizi sociali che possano occuparsi e seguire i casi la situazione diviene per tanti bambini drammatica. La detenzione preventiva poi avviene in luoghi di spaventosi, in condizioni disumane ove mancano anche i più semplici servizi igienici, ritrovandosi spesso in cella con adulti e da ciò non è difficile immaginare gli abusi. Amnesty international ha più volte portato alla cronaca internazionale la situazione anche paradossale che le vittime di Boko Haram vivono, ma con risultati quasi insignificanti. L’unico passo che sembra  sia in  atto è stata la richiesta dell’UNICEF attraverso il proprio rappresentante in Nigeria di adempiere agli obblighi del diritto umanitario internazionale per porre fine alle violazioni contro i bambini. Il governo della Nigeria prova da anni a proteggere i bambini ma fa molta fatica per vari motivi. Innanzitutto si ritrova a fronteggiare una esponenziale crescita del banditismo nel paese  dovuta alla disoccupazione ed alla facilità di accesso alle armi. A questo si aggiunge che le grandi imprese internazionali che lavorano (sfruttano) nel paese quasi sempre non adempiono agli accordi di aiuto alle popolazioni, alla costruzione di scuole, infrastrutture, ospedali; quando lo fanno ciò che si realizza è di fatto ridicolo. E così il banditismo rappresenta in Nigeria una delle peggiori minacce alla sicurezza e molti giovani senza speranza e futuro (neanche quella di lasciare il paese) si impegnano nel rapimento di civili a scopo di riscatto. Nel mirino ci finiscono spesso gli studenti e così senza neanche volerlo, i disperati fanno il gioco di Boko Haram, terrorizzare le famiglie impedendo così che i figli frequentino la scuola, facilitando gli obiettivi del gruppo. E mentre nel paese si fatica a mangiare e vivere dignitosamente, si fatica ad istruire i bambini, l’occidente resta in buona parte a guardare, come in tante altre occasioni, convinti spesso che ciò che accade in Nigeria o altrove, lontano dai confini non ci riguarda. Le situazioni sono, quando sopravvengono problemi a carico del paese mentre divengono di interesse internazionale quando c’è da sfruttare: basti pensare al petrolio nigeriano ed alle tante azioni anche illegali per giungere a sfruttare i giacimenti nel paese (basta ricordare lo scandalo mazzette Eni e Shell di qualche anno fa) a discapito ovviamente delle popolazioni. Come è quel detto latino il “denaro non puzza” ed in queto caso nessuno sente l’odore della sofferenza, del disagio e della morte. Ma soprattutto dovremmo riflettere quando puntiamo il dito allo “sporco nigeriano delinquente e spacciatore”.