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SUDAN: la guerra civile dimenticata dai Media e dalla diplomazia internazionale

(di Sandrino Luigi Marra) – Sono trascorsi diversi mesi dall’inizio della guerra civile in Sudan e di questo la stampa internazionale non ne parla più da tempo, da quando evacuati gli ultimi occidentali si è di fatto perso l’interesse per la questione. Ma non sono solo i media a distrarsi, ma la stessa diplomazia internazionale la quale è in fase di stallo rispetto ai negoziati, inizialmente avviati con apparente decisione. Come avevamo già accennato ad inizio conflitto in uno specifico articolo, lo scontro tra l’RSF o Janjaweed (le milizie addestrate dall’Italia e in passato responsabili di genocidio, stupri di massa e violenze di ogni genere) e l’SFA le forze armate del Sudan, che sembrava essersi limitato ad uno scontro armato tra truppe e milizie è degenerato. Inizialmente valutato, erroneamente, come un conflitto locale che ad un mese dall’inizio (Maggio 2023) aveva provocato “solo” 550 vittime tra i civili nella capitale Khartoum”, oggi vede la perdita del numero delle vittime, si parla di circa 10.000 morti in meno di quattro mesi tra la capitale e le regioni del Darfur e del Kordofan, e di 700.000 rifugiati. Oltretutto gli aiuti militari che giungono all’RSF dimostrano che non è affatto un conflitto locale e gli interessi internazionali vanno ben oltre l’apparente indifferenza, infatti armi e munizioni giungono a questi dagli EAU ovvero gli Emirati Arabi Uniti. Di contro da segnalazioni non confermate sembra che aerei militari egiziani abbiano attaccato convogli delle RSF, confermando anche se non di fatto un aiuto dell’Egitto alle SAF ovvero le forze armate del Sudan. A queste ultime vi è anche un appoggio, senza un grosso capitale politico negli sforzi diplomatici da parte degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita, poiché il Presidente del Consiglio sovrano di transizione del Sudan  il Generale Burhan, aveva già da tempo allineato la politica estera del suo paese agli USA, mentre il suo vice Hemedti meglio conosciuto come Generale Dagalo, si era allineato verso gli interessi di Russia e Cina, attraverso contatti e alleanze  con la Wagner. Di fatto il conflitto attuale in Sudan potrebbe essere letto come un raccordo (non certo voluto ed organizzato ma indiretto e naturale) del colpo di stato in Niger e la situazione geopolitica nel Mali, nel Chad dove sempre più le forze politiche di tali paesi cercano di orientare gli interessi economici e le collaborazioni con Russia e Cina. Il pensiero di molti è che tali paesi a differenza delle potenze occidentali non si comportano da colonizzatori (o neo colonizzatori) ma da investitori che ragionano con i governi alla pari. Di certo il pensiero comune da circa un decennio di diversi paesi dell’Africa sub-sahariana e centrale è una valutazione positiva degli investitori e della politica estera (economica) di Russia e Cina, che sembra essere molto più attenta ai diritti umani e allo sviluppo stesso delle aree. Non possiamo dire con certezza se è esattamente così, ma l’esperienza diretta in Rwanda ci dice che gli investimenti Cinesi hanno portato lavoro ed impiegano non solo manovalanza in loco, ma anche personale altamente qualificato e precisi accordi strutturali in fatto di architettura scolastica, sanitaria, di servizi e infrastrutture. La realtà futura potrà darla solo il tempo, ma le ingerenze internazionali dimostrano, come nel Sudan, che altro non sembra farsi che gettare benzina sul fuoco a discapito come sempre delle popolazioni civili che pagano il prezzo più alto, di interessi economici e sfruttamento che sembrano proprio potersi definire come un “…è sempre la stessa storia” con una piccola differenza, che questa volta ci siamo anche noi.