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Il “lutto” una delle perdite più devastanti

Nella commemorazione dei defunti affiorano alla mente tanti ricordi, pensieri ed emozioni che riaccendono nuovamente il dolore legato alla perdita. Nessuno di noi è pronto al dolore della perdita, è ciò che ci fa soffrire di più, è una condizione esistenziale in cui si prova un sentimento di intenso dolore, è una frattura nella vita di una persona, la cui intensità è direttamente proporzionale al tipo di relazione affettiva che si intratteneva con il defunto. Cosa accade dentro di noi quando qualcuno a cui vogliamo bene o che amiamo ci lascia? Cosa ci aiuta a sopportare il dolore e a superarlo? I sentimenti connessi alla perdita sono un miscuglio di emozioni, di pena, rabbia, colpa, rimpianto, vuoto ed abbandono. Il dolore delle volte è così violento e devastante da procurare gravi ripercussioni sul benessere psicofisico dell’individuo come umore depresso, incapacità di sentire piacere, perdita di appetito, incapacità di concentrarsi, senso di disperazione e di inutilità, insonnia, ecc. La grande maggioranza delle persone che si confronta con la perdita di una persona significativa, entro circa 18 mesi “accetta” la perdita, ovvero presenta un ritorno a livelli di funzionamento psicologico paragonabile a quelli del prelutto o, comunque, mostra una significativa riduzione della sofferenza e un miglioramento nel funzionamento psicosociale (Bonanno et al., 2002) per poi poco a poco ritrovare un nuovo equilibrio, anche grazie alla vicinanza di persone che le fanno sentire amate.

Ma cos’è veramente la perdita?
Quando muore una persona cara è come vivere anticipatamente la nostra morte, in una  certa misura moriamo anche noi con lei. In quel momento ci rendiamo conto di quanto la nostra comprensione di noi stessi dipenda dal  rapporto con la persona che non c’è più e con tutte le cose che ci circondano, ci sentiamo completamente soli e vuoti, dove nulla a più senso, dove tutto ciò che è routine viene percepito come inutile, senza uno scopo, senza un futuro, dove aprire gli occhi al mattino non ha più senso. Il lutto non è un processo unico e non esiste una reazione normale al lutto, secondo alcuni autori il 15 e il 50% dei soggetti non mostra reazioni al lutto (Bonnanno, 2001): il lutto non è in se e per tutti i soggetti un evento scompensante o stressante, dipende dal significato personale della perdita. Sono, infatti, osservabili diversi pattern di reazioni al lutto. I fattori che influenzano le reazioni individuali riguardano anche il contesto culturale, ossia il modo in cui è regolata l’espressione del cordoglio, le circostanze della morte, improvvisa o imprevedibile, il temperamento individuale. La qualità, l’intimità e la durata della relazione che si intratteneva con la persona che non c’è più.
Altri importanti fattori che influiscono sulla risposta emotiva riguardano il carico di assistenza prima della morte e il perdurare delle circostanze che la seguono. Nel primo caso, le persone, che hanno dovuto affrontare casi di lunga e debilitante malattia del partner, riportano livelli minori di sofferenza. Infatti, in queste circostanze, la morte può arrecare sollievo e liberazione da una situazione stressante in cui ci si sentiva intrappolati. Mentre, nel secondo, la permanenza della sofferenza dipende dalle ripercussioni a livello sociale ed economico prodotte dalla scomparsa della persona e dalle risorse disponibili per affrontare la perdita. Questi elementi sono di cruciale importanza nella valutazione delle condizioni individuali in seguito a un lutto, in quanto, una risposta più duratura di dolore potrebbe dipendere dal perdurare della situazione di stress e dal conseguente maggiore impatto negativo di questa (Horwitz e Wakefield, 2007).
In sintesi, le risposte di tristezza che scaturiscono da un lutto sembrano destinate a risolversi con il passare del tempo. Infatti, solo una piccola percentuale, delle persone manifesta sintomi gravi, che soddisfano i criteri per un lutto complicato, gli altri recuperano il proprio equilibrio adattandosi alla perdita. Quando il proprio stato di sofferenza può essere considerato un vero disturbo e non più una risposta naturale? Vi è una modesta percentuale, circa il 10%, di persone che, in seguito a un lutto, sviluppano vere e proprie forme depressive croniche. Il lutto complicato è una forma di dolore che si “impadronisce” della mente di una persona, tanto che gli individui con lutto complicato spesso dicono di sentirsi “bloccati”. Per chi vive un lutto complicato il dolore domina la vita, hanno cognizione che il loro amato se ne è andato, ma ancora non riescono a crederci. Spesso hanno forti sentimenti di nostalgia che non sembrano diminuire col passare del tempo; pensieri, ricordi o immagini del defunto spesso riempiono la loro mente, catturando la loro attenzione; possono avere forti sentimenti di amarezza o rabbia legati alla morte, trovare difficile immaginare che la vita senza la persona deceduta abbia scopo o significato e può sembrare che la gioia e la soddisfazione se ne siano andate per sempre. In conclusione, si può confermare che il lutto è una condizione comune dell’esperienza umana e che la conseguente risposta di tristezza, che si innesca al fine di farvi fronte, si risolve con il passare del tempo: non va considerata un disturbo tranne che in situazioni particolari.

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