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LA STORIA DIMENTICATA – Pietrarsa, la strage dimenticata: quando i bersaglieri spararono e uccisero gli operai indifesi

Il vero “Primo Maggio” è quello di Pietrarsa, ma noi – cittadini dell’Italia Unita – non lo ricordiamo e preferiamo festeggiare, in onore dei lavoratori, fatti avvenuti 25 anni dopo negli Stati Uniti.  Le tragedie avvenute sotto casa nostra, invece, meglio dimenticarle !!!  Soprattutto se perpetrate dai bersaglieri dei Savoia mandati, con la scusa di “liberarci”, per depredarci di ogni ricchezza. La storia, quella trasmessa attraverso i libri sui banchi di scuola non racconterà mai questi fatti, semplicemente perchè scomodi ai vincitori. Capire la storia, invece, quella vera, aiuta a comprendere meglio il presente, evitando, per il futuro, di continuare a ripetere gli errori.  Tutto avvenne nella prima fabbrica metalmeccanica, per produttività ed estensione, voluta da Ferdinando II, tra Portici e San Giovanni a Teduccio.
A Pietrarsa, il 6 Agosto 1863, si verificò la prima strage di lavoratori dell’Italia unita, con i bersaglieri che ammazzarono 4 operai, Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso, Aniello Olivieri, e ne ferirono gravemente altri, i quali manifestavano per la riduzione dell’orario di lavoro e perché non stavano più ricevendo lo stipendio. L’Italia non ha mai ricordato quell’episodio e, al contrario, ha adottato la festività del Primo Maggio che commemora dei fatti avvenuti 25 anni dopo negli Stati Uniti.  Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha intitolato una piazza nel quartiere di San Giovanni a Teduccio a quei Martiri del 1863.

La storia:
Era il sei agosto del 1863. Da un lato, un gruppo di operai in sciopero, i primi dell’ Italia appena unita. Dall’ altro un battaglione di bersaglieri del Regio esercito. Alle 14 il capitano Martinelli ordinò di aprire il fuoco sui manifestanti, e quattro lavoratori delle officine di Pietrarsa, ex stabilimento borbonico di locomotive e materiale ferroviario, caddero sotto il fuoco delle baionette. Fu la prima strage operaia in Italia, avvenuta 23 anni prima dei fatti di Chicago, molto simili, poi ricordati nella festa del Primo maggio.
Cosa accadde di preciso in quel tragico pomeriggio del 1863 è testimoniato dai rapporti della Questura conservati nell’ Archivio di Stato di Napoli. In quel periodo a Pietrarsa (la cui area si trova tutt’ oggi tra i comuni di Portici, San Giorgio a Cremano e San Giovanni a Teduccio) lavoravano più di 1000 persone. In passato era stato uno stabilimento all’ avanguardia. Persino lo zar Nicola I di Russia, in visita a Napoli nel 1845, ne chiese una pianta per realizzarne uno simile a Kronstadt. Le cose cambiarono con l’ Unità d’ Italia, durante le prime politiche industriali del Governo di Umberto Rattizzi. Nel Paese c’ erano due grandi poli industriali: Pietrarsa e l’ Ansaldo a Genova. Quale salvare? La scelta cadde su quest’ ultima, ritenuta più flessibile per futuri ampliamenti e meglio collegata ai principali snodi europei. Una decisione che sancì il definitivo crollo delle officine campane. Furono così affittate da un privato, Jacopo Bozza, per 46 mila lire l’ anno. Il neoproprietario aumentò le ore dei turni e iniziò con i licenziamenti in tronco: gli operai scesero a 800. La situazione divenne per loro sempre più insostenibile, e precipitò il 6 agosto 1863 quando, oberati di lavoro e senza stipendio da mesi, decisero di incrociare le braccia. Fu allertata la polizia, per “minacce” e “atteggiamenti ostili” dei manifestanti, ma su sollecitazione dell’ allora contabile dell’ azienda, tale Zimmermann fu inviato un gruppo di bersaglieri. La repressione fu violenta, e si fece fuoco sulla folla. Morirono gli operai Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso e Aniello Olivieri. E ciò che era nato come legittima protesta di lavoratori non pagati, fu poi dipinto come una sommossa pro borbonica contro il neonato Regno d’ Italia.
Vergogna senza fine per i Savoia e il loro esercito – autentici colonizzatori predoni senza scrupoli – che ancora oggi vivono sui furti perpetrati nella nostra terra. Un episodio che conferma la ferocia e il disprezzo che le truppe di bersaglieri nutrivano verso il meridione e i meridionali.

 

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