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FORMIA / CELLOLE – Omicidio Piccolino, fermato l’assassino: è un imprenditore di Cellole. Ucciso per una grotta di tufo adibita ad abitazione

CELLOLE / FORMIA – L’omicidio di Mario Piccolino non fu opera della Camorra. Il professionista fu uccisio, invece, per una banale lite relativa ad una grotta di tufo adibita ad abitazione sull’isola di Ventotene.  Il killer, presunto, bloccato su ordine della procura di Roma, è Michele Rossi, 59 anni, un imprenditore ortofrutticolo di Cellole, nel casertano. Il presunto assassino è stato trasferito nel carcere di Cassino, dove mercoledì mattina si terrà l’udienza di convalida del fermo. All’origine del delitto ci sarebbe una causa civile per una grotta di tufo adibita ad abitazione a Ventotene: Piccolino assisteva gli avversari del fermato.  Il killer, bloccato su ordine della procura di Roma, è Michele Rossi, 59 anni, un imprenditore ortofrutticolo di Cellole, nel casertano. Il presunto assassino è stato trasferito nel carcere di Cassino, dove mercoledì mattina si terrà l’udienza di convalida del fermo. All’origine del delitto ci sarebbe una causa civile per una grotta di tufo adibita ad abitazione a Ventotene: Piccolino assisteva gli avversari del fermato. La controversia, secondo quanto hanno ricostruito gli investigatori delle Squadre mobile di Roma e Latina in collaborazione con il commissariato di Formia, avrebbe avuto un andamento tutt’altro che «normale», al punto che era sfociata in una denuncia penale di Piccolino nei confronti di Rossi. Dell’ attrito che c’era fra i due la polizia ha trovato traccia anche in un articolo scritto dall’avvocato sul suo blog freevillage il 22 settembre 2014. Infatti Piccolino aveva vinto in Cassazione la causa tanto tormentata, durante la quale Rossi aveva pure tentato un colpo di mano: l’imprenditore infatti aveva collegato la grotta dei clienti di Piccolino a un appartamento già di sua proprietà e l’aveva perfino ristrutturata: sembra che fosse sicuro di vincere, cosa che invece non era accaduta. Ma Piccolino nel sud pontino era noto soprattutto per le sua battaglie contro l’illegalità. Per questo le indagini affidate alla Direzione distrettuale antimafia (i pm Carlo Lasperanza di Roma e Alfredo Mattei di Cassino) avevano imboccato subito la pista della camorra. Anche per lo «stile» dell’omicidio: quel venerdì pomeriggio il killer aveva ucciso Piccolino nel suo studio con un solo colpo di pistola alla fronte. Era sembrata un’esecuzione in puro stile mafioso e non una vendetta privata, come invece le indagini hanno ricostruito.  Gli accertamenti hanno preso spunto dalla descrizione sommaria del killer fatta dal collega che condivideva lo studio con Piccolino in via della Conca e che era presente al momento dell’omicidio. Sulla base dell’identikit e delle immagini estrapolate dai sistemi di videosorveglianza installati nelle vicinanze, la polizia ha individuato un uomo compatibile con le caratteristiche fisiche segnalate. Poi ha «intercettato» un pick up che è risultato intestato a Rossi. In un successivo riscontro fotografico il testimone ha riconosciuto nell’imprenditore proprio il killer che aveva descritto. E il controllo dei fascicoli nell’archivio di Piccolino ha permesso di scoprire il movente del delitto.

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