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Vairano Patenora – Estorsione ad un caseificio, arrestati nove casalesi

vairano patenora. Un caseificio del paese, situato nel centro della città, era diventato l’obiettivo estorsiovo delle nuove leve della camorra. L’imprenditore si ribella e dopo la  denuncia finoscono in carcere nove persone – ritenute dagli investigatori “le riserve”  del clan dei Casalesi.
nvestigativo di Caserta.  Soggetti storicamente legati al clan ma da tempo strategicamente collocati in posizioni defilate che, negli ultimi periodi, si erano reinseriti a pieno titolo nel circuito criminale. Otto destinatari del decreto di fermo emesso dalla DDA di Napoli erano liberi mentre uno era stato già arrestato alla fine dello scorso mese di luglio. Si tratta di esponenti di rilievo del clan, tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, di estorsione, tentata estorsione e associazione per delinquere di tipo mafioso.
Elio Diana, 52enne di Casal di Principe, detenuto e cognato di Francesco Schiavone, soprannominato “Cicciariello”; Sergio Caterino, 49enne di Casal di Principe; Carmine Caterino, di 51 anni, di San Cipriano d’Aversa; Pasquale Caterino, di 40 anni, di Casal di Principe; Alfonso Cantelli, di 51 anni, di Casal di Principe; Luigi Coppola, di 28 anni, di Casal di Principe; Romolo Del Villano, 50enne di San Cipriano d’Aversa; Carlo Bianco, di 44 anni, di Casal di Principe ma residente a Vairano Patenora (Caserta) e Gennaro Pezone, di 46 anni, di Trentola Ducenta. Il gruppo stava ponendo in atto condotte estorsive nei confronti di un imprenditore caseario di Vairano Patenora.
Probabilmente nell’operazione estorsiva posta in essere contro l’imprenditore vairanese potrebbe essere stata decisiva la presenza sul territorio di uno dei nove uomini arrestati. Carlo Bianco, infatti,  da qualche tempo era residente proprio a Vairano Patenora. Potrebbe essere stato proprio lui l’incaricato di “identificare” le attività imprenditoriali “più adatte” da contattare.
Le indagini sono iniziate due mesi fa e la scelta di procedere con un provvedimento d’urgenza è stata dettata dall’impellente necessità di interrompere le azioni delittuose oltre che per evitare ripercussioni ai danni della vittima. I provvedimenti della DDA,hanno portato oggi a sgominare il gruppo costituito da nove elementi appartenenti alla fazione “Schiavone” del clan “dei casalesi” – sono frutto di un’indagine avviata all’inizio dello scorso mese di luglio in  seguito alle dichiarazioni rese dopo una forte reticenza iniziale da un imprenditore vairanese del settore caseario  L’uomo, di fronte all’evidenza delle prove acquisite dai carabinieri ed esasperato dalle continue vessazioni a cui era sottoposto, non ha potuto far altro che confermare la propria condizione di vittima del racket per non incorrere nell’accusa di favoreggiamento.

Come la camorra investe nell’Alto Casetano
Vairano Patenora. L’alto Casertano appare sempre più come la Terra scelta dai boss per investire i guadagni e per rifugiarsi. L’arresto, avvenuto qualche anno fa  a Mingano Montelungo, relativo della ex primula rossa dei Casalesi Giuseppe Setola, fu la conferma che la camorra e la malavita organizzata guardano con occhio particolare al territorio dell’Alto Casertano.
Una zona che per la sua economia poco brillante non attira certamente gli appetiti criminali del racket. Invece, i boss sono attratti dalla tranquillità e dalle sterminate campagne che offrono loro buone possibilità di nascondersi. Una terra in cui la camorra, spesso, preferisce nascondere i propri affiliati. Quello di Setola è stato solo l’ultimo e il più rumoroso di una serie di arresti di persone, ritenute dagli inquirenti, affiliate alla camorra. Già all’inizio del 2000, gli investigatori della Procura di Santa Maria Capua Vetere tacciavano una mappa precisa delle organizzazioni criminali e delle ramificazioni delle stesse nelle campagne dell’Alto Casertano.
In sostanza, una specie di “Svizzera” in cui la camorra  e la malavita in genere comprano terreni, aziende agricole, piccole industrie, attività commerciali e artigianali, case e qualsiasi altra cosa degna della minima attenzione commerciale.  E’ questo il metodo “pulito” con cui la camorra preferisce riciclare denaro sporco, investire guadagni illeciti, facendo proliferare attività, apparentemente, pulite. Un metodo che sottrae linfa vitale ai concorrenti e a coloro che operano nel rispetto della legge rischiando capitali propri.
Si realizza così un complicato intreccio fra legalità e malaffare. In pochi anni, in gran parte del territorio dell’Alto Casertano il settore dell’attività agricola, in particolare quello relativo alle grandi aziende zootecniche, è divenuto di esclusiva proprietà di camorristi o dei loro prestanome.  Un potere che si allarga sempre più e che “garantisce” una grossa fetta di occupazione nel settore. Estorsioni, traffico di droga, usura, arresti di referenti della camorra, traffico illecito di rifiuti, sono  alcune delle azioni condotte negli ultimi anni degli inquirenti che confermano il ruolo strategico che la zona sta assumendo nel quadro generale della malavita organizzata.
Finora, il fenomeno sembrava del tutto sommerso e non preoccupava la gente che ora, invece, incomincia ad aver paura e teme che la situazione possa peggiorare pregiudicando così, gravemente, la tranquillità e l’economia di un’area ritenuta, finora, “normale”.

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