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VAIRANO PATENORA – Morto per malasanità (al Nord), giustizia fatta per Carmine, Coinvolto l’ospedale San Bartolo di Vicenza

 

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VAIRANO PATENORA –  Ecco una commovente storia natalizia, che giunge dal territorio casertano e precisamente da Vairano Scalo, una storia di giustizia e di tenacia da parte di una intera famiglia vairanese.  Carmine P. class e 1945 e residente in Vairano Scalo ora non c’è più; egli ha pagato personalmente e con la propria vita una disfunzione medico-ospedaliera nella tanto decantata sanità del Settentrione avvenuta nel 2007.  Il sig. Carmine veniva ricoverato presso l’Ospedale San Bortolo di Vicenza per effettuare un trapianto di rene e preventivamente, gli esami clinici non riscontravano alcuna presenza del virus dell’HCV (epatite C). A seguito dell’intervento si rendeva necessario, quale terapia di rito, eseguire allo stesso delle trasfusioni di sangue eseguite sempre presso il nosocomio vicentino. Dopo pochi mesi, si evinceva una preoccupante alterazione delle transaminasi e gli stessi sanitari dell’Ospedale di Vicenza, a seguito di ulteriori esami, diagnosticavano la presenza virologica dell’HCV, in forma altamente aggressiva. In poche parole, il sig. Carmine P. era entrato sieronegativo ed era uscito affetto da questa grave patologia. Da quel momento, Carmine ha iniziato la sua dura battaglia contro questo male, ma anche per avere giustizia rispetto ad una disfunzione medica che nel 2008 appariva, ormai, inconcepibile.
Carmine scelse l’Avv. Alberto Verrengia di Sessa Aurunca, esperto in responsabilità professionale medica, che ha preso a cuore la vicenda. L’Azienda ULSS 6 di Vicenza competente per territorio, come spesso accade, in una Italia dove nessuno vuol assumersi le responsabilità, negava ogni colpa di tale infezione e si è aperta una procedura giudiziaria al Tribunale di Roma estremamente complessa.  Le controparti sanitarie (ULSS in testa) ebbero a presentare in giudizio le analisi delle sacche di sangue, tutte risultate negative e non infette, su cui sorgevano molti dubbi.  Carmine, purtroppo, nelle more, a causa del peggiorare della sua malattia, non è riuscito a sopravvivere, lasciando la sua famiglia nell’aprile del 2010.  Tutto sembrava perso, ma la tenacia dei suoi figli Pacifico, Daniela e Fabrizio e dell’Avv. Verrengia hanno avuto la meglio; essi hanno cercato di dimostrare che l’infezione, anche se non tramite le sacche di sangue, era comunque avvenuta durante la degenza dell’Ospedale. Alla fine, la giustizia ha trionfato e la II Sezione Civile del Tribunale di Roma, poche settimane fa, ha dato ragione agli eredi del compianto Carmine, innovando anche in materia la disciplina giuridica a favore dei pazienti e degli infetti.
Una sentenza di grande profilo giuridico ed umano che ha reso giustizia alla tenacia di Carmine e dei suoi figli” – come ha dichiarato l’Avv. Alberto Verrengia Il Giudice Dell’Orfano di Roma ha evidenziato che: “ Nel processo civile vige quella della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”; ne consegue che – sussistendo a carico del Ministero, anche prima dell’entrata in vigore della L. 4.5.1990 n. 107, un obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico – il Giudice, accertata l’omissione di tali attività con riferimento alle cognizioni scientifiche esistenti all’epoca di produzione del preparato, ed accertata l’esistenza di una patologia da virus HIV, HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’insorgenza della malattia e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento”La memoria di Carmine è stata onorata: Giustizia è stata fatta.

 

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