PIEDIMONTE MATESE – Il maggiore della Fiamme Gialle, Tramis, ha sostanzialmente confermato il quadro accusatorio contro Pepe, Cappello e Ferrante. In un lungo interrrogatorio il finanziere – all’epoca dei fatti alla guida della tenenza di Piedimonte Matese – ha chiarito ai giudici come si era arrivati all’identificazione delle utenze telefoniche intercettate nell’indagine ed altri aspetti dell’inchiesta che ha portato al processo. Questa la sintesi dell’udienza di questa mattina (o2 dicembre 2014) presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Si tornerà in aula il prossimo marzo. Il processo è contro Fabrizio Pepe, presidente della Comunità Montana del Matese, Piero Cappello – presidente Asi di Caserta – e l’assessore Antonio Ferrante. Le accuse, a vario titolo, vanno dall’abuso di potere alla concussione.L’imprenditore Pasquale Florio si è costituito parte civile, assistito dall’avvocato Fabrizio Zarone. Una vicenda che nel Matese ma ancge a Caserta sta suscitando forte clamore anche per una serie si sfaccettature che dovranno essere spiegate. Secondo l’accusa, Fabrizio Pepe, avrebbe abusato dei suoi poteri di presidente della Comunità Montana – ora come all’epoca dei fatti – con l’accusa di concussione sotto processo anche Antonio Ferrante – assessore del Comune di Piedimonte di Matese – e Piero Cappello – ex presidente dell’Asi di Caserta – all’epoca dei fatti assessore dell’Ente matesino e fratello dell’attuale primo cittadino di Piedimonte Matese, Vincenzo Cappello. Ad accusare i tre politici, il pubblico ministero Silvio Marco Guarriello; secondo la Procura, Pepe, quale presidente della Comunità Montana del Matese, avrebbe indotto un imprenditore aggiudicatario dell’appalto relativo ai lavori di ripristino e adeguamento della strada Zappinelli-Cisterna ad acquistare mobili per l’arredamento della casa di una donna vicina allo stesso Pepe. Per il magistrato, Pepe, avrebbe approfittato della debolezza dell’imprenditore che ancora non aveva sottoscritto il contratto con l’Ente per le opere a lui aggiudicate, ingenerando con un ingiustificato temporeggiamento il timore che potessero insorgere problemi in relazione alla conclusione dell’iter procedimentale per il definitivo affidamento dei lavori. La richiesta sarebbe stata formulata come prestito, ma in realtà, secondo il magistrato, sarebbe stata finalizzata ad ottenere il mobilio poiché, dopo la dazione, non venne restituito l’importo speso. Agli atti della Procura, tuttavia, ci sarebbero anche altri due episodi. Sempre in virtù del suo ruolo amministrativo, Pepe avrebbe anche indotto un operaio, incaricato dal Comune di eseguire alcuni lavori presso l’area di stoccaggio rifiuti, ad effettuare opere all’interno di una sua abitazione nel centro storico della città senza, poi, pagare per le prestazioni ricevute. Anzi, secondo la Procura, Pepe avrebbe affermato che il dovuto gli sarebbe stato fatto recuperare addebitando la spesa al Comune. Ferrante e Cappello, invece, sono accusati di aver costretto, nell’estate del 2006, lo stesso operaio, titolare dei lavori presso l’area di stoccaggio, a promettere loro che avrebbe mandato via una ditta per assumerne un’altra. Chiaramente i tre imputati respiongono ogni accusa e assicurano che durante il processo riusciranno a dimostrare la loro innocenza. Nell’udienza di oggi, in aula, non era presente Cappello.
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Se saranno condannati e dico SE, già immagino Costarella sbraccirsi per intitolargli posti della città: VIA FABRIZIO PEPE, grande politico di lungo corso, tutto casa, chiesa e cariche ben pagate. PIAZZA ANTONIO FERRANTE, astro nascente della politica matesina martire di magistrati e finanzieri cattivoni (se al padre uno stadio, al figlio minimo bisogna intitolargli una piazza, o un aereoporto…ecchecavolo!). A PIERO CAPPELLO invece una statua a dimensione naturale in posizione seduta sul becco del cigno della fontana tonda.
Alla signora in questione invece un bacio, dolce, di quelli che si devono alle donne bellissime, che solo veri Uomini sanno dare.