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RIARDO / PONTELATONE – La Baronia contro Caseificio Cirigliana, il Tar annulla la graduatoria per ampliamento produzione mozzarella Dop

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RIARDO / PONTELATONE – Ampliamento della produzione di mozzarella Campana Dop, il caseificio La Baronia (di Pontelatone) ricorre al Tar contro la Regione Campania e contro Bioitalia distribuzione srl (di Pollena Trocchia) e il caseificio Cirigliana (di Riardo). Il ricorrente chiedeva l’annullamento del decreto dirigenziale recante la graduatoria delle imprese ammesse al finanziamento. I giudici del tribunale amministrativo di Napoli hanno accolto il ricorso de La Baronia condannando anche la Regione al pagamento delle spese processuali. L’azienda di Riardo non si è costituita in giudizio.

LA SENTENZA:

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 3914 del 2014, proposto da:
La Baronia Srl, in persona del legale rappresentante p.t. sig. Luca Cutillo, rappresentata e difesa dall’avv. Umberto Gentile, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Abbamonte in Napoli, via Melisurgo, 4;

contro

Regione Campania, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Consoli, con domicilio eletto presso l’Avvocatura regionale in Napoli, via S. Lucia, 81;

nei confronti di

Bioitalia Distribuzione Srl e Caseificio Cirigliana Srl, non costituite in giudizio;

per l’annullamento

del decreto dirigenziale n. 10 del 9 maggio 2014, pubblicato sul BURC n. 32 del 12/5/2014, adottato dal Dipartimento 52 della salute e delle risorse naturali – Direzione generale 6 per le politiche agricole alimentari e forestali – U.O.D. supporto alle imprese settore agroalimentare, recante l’approvazione della graduatoria definitiva delle istanze ammissibili e non a finanziamento, non ammesse alla valutazione ed escluse a seguito a controlli, nell’ambito del PSR Campania 2007/2013 (Misura 123, sottomisura 1, settore agroalimentare e florovivaistico, periodo di attuazione 22/7/2013-18/9/2013), per la parte in cui ha disposto l’esclusione dell’istanza n. 645871 del 18/9/2013 proposta dalla ricorrente;

della nota prot. 373142 del 30 maggio 2014, con cui è stata comunicata l’esclusione;

di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, connesso o consequenziale, e segnatamente: a) del bando adottato con decreto dirigenziale n. 43 del 26/6/2013, se e in quanto lesivo degli interessi della ricorrente, e dello stesso decreto dirigenziale n. 43 del 26/6/2013; b) degli esiti delle attività di riesame e dei controlli sulle dichiarazioni sostitutive che hanno determinato l’esclusione, indicati nel provvedimento, e in particolare della nota del 27/3/2014; c) del decreto dirigenziale n. 12 del 12/4/2011 recante il manuale delle procedure del PSR Campania 2007/2013 – gestione delle domande di aiuto, nonché del decreto dirigenziale n. 3 del 18/1/2011 recante l’approvazione delle disposizioni generali delle misure del PSR Campania 2007/2013;

nonché per la declaratoria del diritto della società ricorrente alla riammissione della propria domanda di aiuto tra le istanze ammissibili a finanziamento.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore per la camera di consiglio del giorno 25 settembre 2014 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La ricorrente Società impugna il decreto dirigenziale con cui è stata approvata la graduatoria in epigrafe, nella parte in cui, a seguito dei controlli, è stata esclusa la sua domanda di aiuto per l’ampliamento e ammodernamento di un impianto per la produzione di mozzarella di bufala campana DOP, per mendacità della dichiarazione resa sull’inesistenza di condanne per i reati indicati nel bando (omessa menzione del decreto penale di condanna comminato dal GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 27/10/2004, reso esecutivo il 14/4/2005, per violazione delle norme sulla disciplina igienica della produzione e vendita delle sostanza alimentari e bevande).

È denunciata la violazione degli artt. 71 e 75 del D.P.R. n. 445/2000, dell’art. 13 del bando e degli artt. 3 e 6 della legge n. 241/90, oltre all’eccesso di potere sotto molteplici profili, sostenendo che:

– la dichiarazione non può dirsi mendace, avendo il legale rappresentante dichiarato di non avere subito condanne con sentenza passata in giudicato per i reati di cui trattasi, conformemente alla previsione del bando che viceversa, in un paragrafo distinto e per altri reati (truffa aggravata, corruzione, partecipazione a organizzazione criminale, impiego di proventi illeciti), prevedeva che dovessero dichiararsi anche le condanne riportate con sentenza c.d. di “patteggiamento” o con decreto penale di condanna;

– la distinzione ricalca le diverse previsioni della normativa speciale per l’accesso e l’esercizio delle attività commerciali (art. 71 del d.lgs. n. 59/2010), rispetto alla regola contenuta nel codice dei contratti pubblici (art. 38, primo comma, lett. c) del d.lgs. n. 163/06), che sono state riproposte dal bando;

– il reato è comunque estinto ex art. 460, quinto comma, c.p.p., decorsi cinque anni, tant’è che esso non risulta dal certificato generale del casellario giudiziale del 15/5/2014;

– l’esclusione avrebbe potuto in ogni caso fondarsi sull’esistenza di almeno due condanne, dovendosi conformare la previsione del bando alla norma di riferimento per il settore commerciale (art. 71 d.lgs. n. 59/2010, cit.).

La Regione Campania si è costituita in giudizio in data 15/9/2014, depositando il 18/9/2014 documentazione con la relazione dell’ufficio, in cui sono confutate le ragioni del ricorrente.

Non si sono costituite le Società evocate in giudizio, alle quali il ricorso è stato notificato il 14 e 15 luglio 2014 (come da avvisi di ricevimento depositati in udienza).

All’udienza in camera di consiglio del 25 settembre 2014, fissata per la discussione della domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria e avvisate sul punto le parti costituite, il Collegio ha assegnato il giudizio per la definizione con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a.

2.- Il Collegio ravvisa che ricorrono le condizioni per la definizione del giudizio con la sentenza di cui all’art. 60 c.p.a., quanto all’integrità del contraddittorio, essendo stato notificato il ricorso alle Società collocate agli ultimi posti della graduatoria delle domande ammesse (13° e 14°), le quali hanno richiesto un contributo pubblico la cui somma (€ 1.180.343,00 + € 1.591.354,34) eccede di gran lunga il contributo richiesto dalla ricorrente (€ 626.073,00), per cui non sono rinvenibili ulteriori posizioni di imprese che potrebbero essere pregiudicate dall’esito favorevole del ricorso.

Ciò posto, il ricorso è meritevole di accoglimento.

È fondata la censura con cui si sostiene che non occorreva fare menzione della condanna comminata con il decreto penale di condanna del GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, atteso che (per i reati di frode o sofisticazione di prodotti alimentari, di cui al c.p. e alla legge n. 283/1962) l’art. 13 del bando richiedeva la dichiarazione di inesistenza di “condanne con sentenza passata in giudicato” (mentre per i reati, di cui al capoverso precedente, la dichiarazione avrebbe dovuto includere le “condanne con sentenza passata in giudicato o con emissione di decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, ovvero con applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 del c.p.p.”).

In ossequio al bando, per i reati suddetti la ricorrente ha formulato la dichiarazione di inesistenza di condanne con sentenza passata in giudicato, sottoscrivendo il 18/9/2013 l’apposito modulo che riportava pedissequamente la distinzione del bando.

Conseguentemente, è illegittima l’esclusione fondata sulla mancata dichiarazione della condanna riportata, avendo la ricorrente ottemperato a quanto previsto dalla lex specialis della procedura, non prestandosi la differente formulazione del bando a diversa interpretazione, rispetto a quella che esclude l’obbligo di dichiarare l’esistenza della condanna di cui trattasi.

Nella relazione depositata la Regione richiama la recente sentenza della Sez. V del Consiglio di Stato del 24 luglio 2014 n. 3934 che, in un caso analogo e in un giudizio riguardante la procedura di finanziamento per la stessa misura (retta dalle medesime disposizioni), ha disatteso la pronuncia di questa Sezione n. 845/2013, affermando “l’equiparazione, dal punto di vista sostanziale, fra il decreto penale e la sentenza di condanna” (cfr. la relazione della Regione).

Il riferimento della Regione è erroneo, atteso che la citata sentenza attiene a ben diversa fattispecie, in cui veniva in rilievo, piuttosto, l’equiparazione alla sentenza di condanna non già del decreto penale, bensì della condanna ex art. 444 c.p.p. (c.d. “patteggiamento”).

In tal caso, è ben noto che, per consolidata giurisprudenza, l’equiparazione si basa sulla considerazione per cui “l’applicazione della pena su richiesta delle parti, di cui agli artt. 444 e 445 c.p.p., non prescinde dall’accertamento della responsabilità penale dell’imputato, in quanto il giudice, nonostante la richiesta concorde delle parti, non può emettere la pronuncia di patteggiamento se ritiene ricorrano le condizioni per il proscioglimento” (cfr., da ultimo, Cons. Stato – Sez. IV, 17 febbraio 2014 n. 733).

Tant’è che il legislatore ha infine risolto il dilemma con un’esplicita previsione nel codice di procedura penale (cfr., sul punto, Cons. Stato – Sez. III, 13 gennaio 2014, n. 91: “L’applicazione della pena, disposta dal giudice penale sull’accordo delle parti, presuppone peraltro – a norma dell’art. 444, co. 2, c.p.p. – che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. e postula pur sempre una valutazione sulla correttezza della qualificazione giuridica del fatto e sulla congruità della pena. Al punto che, superando talune originarie incertezze, da tempo lo stesso Codice di rito afferma chiaramente che “salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata ad una pronuncia di condanna” (v. art. 445, co. 1 bis, nella versione risultante dalle modifiche del 2003, in epoca quindi antecedente la sentenza pronunciata nei confronti dell’odierno appellante)”.

Con la conseguenza che, se può ritenersi un dato oramai acquisito che tra sentenza di condanna e sentenza patteggiata v’è equiparazione (a livello legislativo, con le conseguenze che ne derivano, anche a fronte di una diversa formulazione del bando), essa non può essere posta tra la sentenza di condanna e il decreto penale di condanna, nel caso in esame.

Per le suesposte considerazioni, il ricorso va dunque accolto e, per l’effetto, va annullato il decreto dirigenziale n. 10 del 9 maggio 2014, nella parte in cui è stata esclusa dal finanziamento l’istanza della Società ricorrente, con conseguente obbligo della Regione Campania di rideterminarsi sulla medesima istanza e sulla graduatoria impugnata, alla stregua delle statuizioni contenute nella presente sentenza.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e annulla l’impugnato decreto dirigenziale, in parte e per gli effetti indicati in motivazione.

Condanna la Regione Campania al pagamento in favore della Società ricorrente delle spese processuali, che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Ida Raiola, Presidente FF

Gianmario Palliggiano, Consigliere

Giuseppe Esposito, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

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