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CASERTA – La Campania beffata da Stato e BCE, quanta amarezza

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CASERTA (di Nando Silvestri) – Una viscida scarica di consigli vuoti come acqua dentro altra acqua, questo è il senso dei giudizi di Mario Draghi sulla crisi che beffano e insultano vistosamente la Campania intera. Il vertice BCE a Napoli è quasi passato inosservato ai media che non hanno saputo cogliere a sufficienza il nerbo dell’istituzione monetaria, sottacendone innegabili vergogne criminali. E già, perché anche sottomettere un popolo alla tirannia monetaria del debito è un crimine efferato, soprattutto se si inducono i lavoratori al suicidio da insolvenza (fenomeno in insidiosa crescita in Italia da oltre 10 anni) o se si distrugge per sempre la loro dignità. “Per superare la crisi occorre fiducia”, questa è l’invereconda profezia di Draghi tuonata a cuor leggero a napoletani e campani dilaniati dalla recessione; peccato che la “fiducia” non sia moneta spendibile nei mercati dei beni per sfamare le popolazioni, ma solo un atteggiamento che orienta la speculazione, specie in questi giorni che ci vedono intrappolati dal bisogno atavico di liquidità. Purtroppo l’unica moneta spendibile è quella che immette in circolo proprio la BCE. Una società per azioni priva di controllori reali, esente dall’onere di esibizione di documentazioni probatorie dettagliate e protesa all’ esclusivo obiettivo della massimizzazione del profitto, non certo del benessere economico comune.  La moneta introdotta dalla BCE attraverso l’acquisto di titoli del debito pubblico (operazioni di mercato aperto) ci viene addebitata nello stesso momento dell’immissione con l’annesso obbligo di versamento di interessi salatissimi caricati sulla popolazione attraverso l’imposizione fiscale, gabelle e balzelli vampirici. Per chi non lo sapesse è giusto rammentare che la BCE si erge a unica proprietaria della moneta che emette quando è noto che siamo noi ad attribuire effettivo valore tangibile ad amorfi pezzi di carta, le banconote, accettandoli come mezzo di pagamento per sforzi faticosi, prestazioni professionali, duro e sottopagato lavoro. Dal 15 agosto 1971, epoca in cui fu abolito l’obbligo della riserva aurea dagli USA a favore del “sistema fluttuante”, le banche non sono di fatto identificabili come proprietarie del denaro che emettono e l’assunzione di un tale diritto, sebbene convenzionalmente riconosciuto, resta un arbitrio fraudolento noto come signoraggio bancario. Un crimine che ingenera povertà per il tornaconto di pochi, assimilabile all’usura, denunciato dal compianto professore Giacinto Auriti al Procuratore della Repubblica di Roma Ettore Torri. E’ appena il caso di meditare sulle considerazioni che effettuò quest’ultimo, allorquando dovette riconoscere l’elemento materiale del reato denunziato pur non ravvisando quello del dolo. Un sofismo giuridico che suona più o meno così: “il reato esiste ma nessuno si lamenta”. Senza esserne titolare, la BCE stampa dunque cartamoneta al costo di pochi centesimi di euro, la presta al valore nominale agli stati, quello descritto sulla banconota per intenderci, quindi trasforma i paesi in debitori asserviti, costretti ad estinguere l’incombenza debitoria comprensiva di interessi a mezzo tasse da corrispondere a governi sempre più esosi e spreconi. Chi per libera scelta si rifiuta di pagare i tributi non immagina neppure che, se fosse seguito dalla totalità dei contribuenti, incepperebbe in tal guisa questo meccanismo truffaldino e perverso, ancor prima di diventare un evasore fiscale. Meccanismo che a sua volta non è esente da ulteriori contraddizioni vergognose, come l’obbligo  discusso dalle camere inerente la chiusura forzosa degli esercizi commerciali nei giorni festivi, dopo 15 anni di sforzi protesi alla liberalizzazione della scelta succitata. L’unica deroga all’obbligo suddetto proverrebbe da una decisione del sindaco secondo quanto prescrive il nostro parlamento. E’ lecito dubitare che sindaci di città come Caserta o Sapri che neppure conoscono le città che governano, siano in qualche modo capaci di compenetrarsi nelle realtà economiche dei commercianti del posto. La compressione della libertà di esercitare la propria attività lavorativa nei giorni festivi in caso di necessità, peraltro osteggiata dalla frangia politicizzata della Chiesa, si configura come una delle tante garanzie costituzionali negate nel Bel Paese. Un diritto peraltro votato non tanto all’arricchimento personale, quanto al mero pagamento delle imposte, le più alte d’Europa considerato il Pil,  scaturenti in buona parte proprio dall’indebitamento con la BCE. Questa è la conquista della modernità denominata democrazia: una “libertà” vaneggiata da stolti pezzenti e usurai che divorano bigliettoni, si ammantano di privilegi e ci fanno mangiare “fiducia” e veleno.

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