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CASTEL DI SASSO – Cava Monte Maiulo, il Tar respinge il ricorso Beton Meca

cava

CASTEL DI SASSO – Cave, stop all’estrazione nel sito Beton Meca, il Tar respinge il ricorso dell’impresa e conferma le scelte della Regione  Campania che aveva deciso di bloccare l’attività estrattiva. La sentenza del Tar nasce dal ricorso  138 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da Beton Meca Srl, contro la  Regione Campania,  per l’annullamento  del verbale n. 45 del 20/10/2010 di sospensione ad horas dei lavori estrattivi della cava ubicata in loc. Monte Maiulo nel comune di Castel di Sasso;  della nota prot. 2010 0897827 del 10.11.2010, successivamente comunicata, con la quale si è ingiunta la sanzione ai sensi dell’art. 28, comma 1, della L.R.C. 54/85 per aver effettuato attività abusiva di coltivazione di cava; di ogni altro atto comunque presupposto, connesso consequenziale comunque lesivo per gli interessi del ricorrente;   della nota n. 017915 del 4 febbraio 2011 a firma del dirigente del Genio Civile di Caserta, depositata presso la segreteria del TAR il 18 febbraio 2011 in allegato alla memoria dell’avvocatura regionale;  della direttiva n. 405263 del 10 maggio 2010.
La Beton Meca è società che coltiva una cava di inerti ubicata su terreni di proprietà, in virtù di un decreto autorizzativo della Regione Campania n° 1070 del 7 aprile 2003 che ha autorizzato la prosecuzione dell’attività, già in essere, fino al 7 luglio 2006, e contemporaneamente ha assentito la escavazione di 2,5 mln di metri cubi di calcari.

Successivamente sono seguite ulteriori vicende:

– è stato approvato il PRAE (giugno 2006) che ha classificato la cava in questione come “attiva” censendola con il codice n. 61024-02 e l’ha campita nell’unica area suscettibile di nuove estrazioni -la CO6CE- individuata all’interno del territorio della provincia di Caserta.

– in data 19 settembre 2006 la Beton Meca ha inoltrato un progetto per l’ampliamento della cava,

nella misura del 20% del perimetro;

– nelle more ha continuato l’attività estrattiva nel rispetto del progetto autorizzato con il decreto n. 1070/2003, non essendo ancora esaurita la capacità estrattiva della cava;

– dopo il giugno del 2006 l’attività è proseguita in considerazione della direttiva del Settore regionale Cave e Torbiere n. 0631058 del 12.7.2007;

– nonostante l’annullamento del PRAE nel 2008 da parte del TAR Campania (sentenza poi sospesa dal Consiglio di Stato), l’estrazione è proseguita (nota della Regione n. 03005164 dell’8 aprile 2008 e decreto n. 12/2008 del genio Civile);

– tale estrazione è stata sospesa a seguito di un sopralluogo effettuato il 20 ottobre 2010 da personale del Genio Civile di Caserta.

1.1. Avverso la suddetta sospensione, motivata in ragione della scadenza dell’autorizzazione, la Beton Meca ha notificato un ricorso in data 15 dicembre 2010, chiedendo l’annullamento dei provvedimenti in questione e lamentando:

I) “ violazione delle direttive del regionale cave e torbiere n. 0516733 del 7 n. 0631058 del 12.07.2007; violazione del comma 16 delle NTA del PRAE; carenza di interesse pubblico; contraddittorietà; arbitraria violazione dei principi di buon andamento e imparzialita’ dell’agire amministrativo; difetto di istruttoria e di motivazione; violazione del comma 4, della legge regionale 54/1985.”

La società ricorrente lamenta che la sospensione sia stata ordinata solo in ragione della scadenza, nel 2006, della autorizzazione n. 1070/2003, ma senza alcun altro tipo di indagine sull’attività concretamente posta in essere dalla Beton.

In sostanza, sulla scorta delle direttive regionali del 2007, la ricorrente sostiene di non avere avuto la possibilità di continuare l’attività estrattiva fino al completamento del progetto.

Il provvedimento di sospensione, inoltre, non avrebbe tenuto conto né della corrispondenza dei lavori effettuati a quelli autorizzati a suo tempo, nè dell’interesse pubblico alla prosecuzione di detta attività, né dell’affidamento ingenerato nella ricorrente.

II) “ eccesso di potere per carenza di istruttoria, arbitrarietà, contraddittorietà”.

I lavori di estrazione sono proseguiti in forza di provvedimenti regionali (decreto n. 12 del 17.4.2008) rispetto ai quali le decisioni del Genio Civile di Caserta si pongono in aperta contraddizione.

III) “ eccesso di potere per disparita’ di trattamento; violazione degli artt. 3 e 97 Cost.; arbitrarietà; violazione dei principi di ragionevolezza ed imparzialita’ dell’agire amministrativo.”

La ricorrente lamenta una disparità di trattamento rispetto ad altre imprese, le cui attività estrattive non sono state sospese nonostante avessero identica scadenza.

2. In data 18 febbraio 2011 la Regione si è costituita con memoria, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo rispetto alla domanda di irrogazione della sanzione ex art. 28 l. 54/85 e chiedendo comunque il rigetto del ricorso.

3. La Sezione si è pronunciata in sede cautelare a mezzo dell’ordinanza 22 febbraio 2011 n. 333, respingendo l’istanza.

4. Con successivo ricorso per motivi aggiunti, corredato anch’esso di istanza cautelare, notificato il 16 marzo 2011, la Beton Meca ha impugnato la nota (conosciuta solo a seguito del deposito da parte della difesa regionale) con la quale il Genio Civile ha sostenuto che il divieto di svolgimento di attività fosse già stato comunicato con varie note del 2009 e che comunque lo svolgimento di qualsiasi attività estrattiva fosse subordinato al rilascio di un provvedimento di autorizzazione.

A parere della ricorrente, le note in questione hanno ad oggetto l’istanza presentata ai sensi dell’art.1 della L.R. 14/2008 (legge successivamente dichiarata incostituzionale) e una di esse è stata inviata senza tener conto della vigenza del PRAE nonché del fatto che la continuazione dell’autorizzazione in essere era stata rilasciata ai sensi dell’art. 36 della L.R. 54/85.

5. Con memoria del 15 aprile 2011, la Regione ha ulteriormente precisato le proprie ragioni avverso le richieste avversarie e sottolineato l’assenza di lesività dei provvedimenti impugnati.

6. Il ricorso, rinviato per la decisione sul merito, alla udienza pubblica del 25 giugno 2014 è stato trattenuto in decisione.

7. Preliminarmente si rileva che l’impugnazione della sanzione ai sensi dell’art. 28, comma 1, della L.R.C. 54/85 è domanda meramente accessoria rispetto alla domanda principale di annullamento del provvedimento impugnato col ricorso principale e non è oggetto di alcuna autonoma censura, posto che i motivi di ricorso riguardano esclusivamente il provvedimento di sospensione dei lavori estrattivi della cava ed altri provvedimenti emessi dall’Amministrazione.

Pertanto, al di là della nominale impugnazione, va ritenuto che l’oggetto del presente contenzioso riguardi esclusivamente il sindacato di legittimità sull’attività autoritativa e non vi sia spazio per la sollevata questione di giurisdizione, in quanto la sorte della sanzione segue quella del ricorso non essendovi profili di censura autonomi.

8. Quanto al ricorso principale, il primo motivo è infondato.

Dall’esame del contenuto dei provvedimenti impugnati, emerge chiaramente che l’unico motivo che ha portato all’emissione dei provvedimenti impugnati è la mancanza di una vigente autorizzazione alla prosecuzione dell’attività nel sito di cava oggetto di causa in quanto quella rilasciata dal settore amministrativo regionale competente, con il DD 1070/2003, emesso ai sensi dell’art. 36 della l.r. 54/85, era scaduta il 7 luglio 2006.

Inoltre, in base al comma 16 dell’art. 89 delle NTA del PRAE, tutte le autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’art. 36 della L.R. 54/1985 e s.m.i., comprese quelle già prorogate al 30 giugno 2006 ai sensi dell’art. 16 della L.R. 11 agosto 2005, n. 15, perdono efficacia alla data del 31 marzo 2007.

Della questione, e quindi del fatto che lo svolgimento di qualsiasi attività estrattiva fosse subordinato al rilascio di un provvedimento di autorizzazione, che quindi sicuramente dal 2007 non era più in essere, la Beton Meca era già stata resa edotta con varie note del 2009.

Tali atti si basano sull’art. 4 della l.r. 54/85, che al comma 2 stabilisce che “ la coltivazione dei giacimenti in disponibilità dei privati o di enti pubblici è subordinata ad autorizzazione” e al comma 3 che “ l’autorizzazione e la concessione costituiscono gli unici titoli per la coltivazione del giacimento e tengono luogo di ogni altro atto, nulla osta o autorizzazione di competenza regionale per l’attività di cava e previsti da specifiche normative”.

Sta di fatto che, al di là della proroga ex art. 36, scaduta nel 2006, la Beton Meca non è stata destinataria di altri provvedimenti autorizzatori.

Va inoltre ribadito che non vi è altro supporto normativo alla base della richiesta della ricorrente, nonostante quanto asserito nel ricorso.

Infatti, come evidenziato nella ordinanza cautelare emessa da questa Sezione il 23 febbraio 2011 n. 333, il decreto dirigenziale n.12\2008, recante la proroga in via eccezionale e temporanea dell’autorizzazione scaduta nell’anno 2006, al momento dell’adozione del provvedimento impugnato ha esaurito i propri effetti, in quanto legato, sotto il profilo temporale, alla definizione della fase cautelare d’appello relativa all’impugnazione del PRAE.

Quanto alla direttiva del Settore regionale Cave e Torbiere n. 0631058 del 12.7.2007, relativa ad alcuni aspetti applicativi delle N.d.A del PRAE, essa è superata dalla Direttiva n. 405263 del 10.05.2010 (All. 9 prod. Regione) emanata dal Settore Cave della Giunta Regionale della Campania, la quale ha stabilito che “nessuna disposizione del P.R.A.E. può essere interpretata nel senso di consentire l’esercizio o la prosecuzione di attività estrattive in mancanza di .specifica autorizzazione (o concessione) in corso di validità, dal momento che tale interpretazione risulterebbe in contrasto con l’articolo 4 della L.R. 54/1985 ” e precisa “… ogni precedente direttiva che risulti in contrasto con quanto sopra rappresentato deve intendersi conseguentemente rettificata; ciò vale, in particolare, per le direttive emanate da questo Settore con prot. 516733/2007 e con prot. 631058/2007, in part. per il punto 4)”.

Il punto 4), sopra citato, è quello sul quale la Beton Meca ha incentrato l’intera sua prospettazione difensiva nel primo motivo del ricorso principale.

D’altra parte, a ragionare diversamente, tutte le autorizzazioni concesse godrebbero di una proroga sine die del tutto contraria al disposto di legge.

La inaccettabile soluzione diversa, prospettata dal ricorrente, cozza con l’obbligo – rimasto inadempiuto- di ricomposizione ambientale entro la data di scadenza dell’autorizzazione ex art. 36 LRC 54/85 e postula in ogni caso una inaccettabile proroga sine die delle suddette autorizzazioni provvisorie.

8.1. Il primo motivo è infondato anche sotto il diverso profilo relativo alla mancata verifica della conformità dei lavori al progetto autorizzato e alla considerazione dell’interesse pubblico.

Infatti, l’eventuale accertamento di una corretta esecuzione dei lavori comunque non avrebbe legittimato la ditta a svolgere alcuna attività in presenza di un’autorizzazione scaduta.

Stesso discorso in ordine alla pretesa mancata valutazione dell’interesse privato della stessa ricorrente e degli oneri finanziari assunti, posto che in nessun caso questi possono giustificare la continuazione dell’attività in assenza di valido ed efficace titolo autorizzatorio.

9. Quanto sopra consente il rigetto anche del secondo motivo, relativo alla contrarietà del provvedimento impugnato con il decreto 12/08.

10. Neppure può essere accolto il terzo motivo di ricorso, relativo alla presunta disparità di trattamento rispetto ad altre ditte (Moccia, Cementir e Franca), che nel presente ricorso non sono neppure evocate come controinteressate.

Al di là del rilievo di difetto di contraddittorio, va evidenziato che il settore del Genio civile, che ha emesso i gravati provvedimenti, ha rappresentato che le imprese citate nel ricorso di cui sopra (rientranti nella competenza del Genio Civile di Caserta, ove è altresì ubicata la ditta ricorrente) sono state autorizzate alla prosecuzione dell’attività solo a conclusione delle conferenze di servizi chiuse con formali provvedimenti positivi, mentre per quanto concerne la Beton Meca s.r.l. è ancora in corso la conferenza di servizi che potrebbe concludersi, sempre che sussistano i requisiti prescritti dalla disciplina di settore, con il rilascio di una eventuale nuova autorizzazione.

In generale, la ricorrente ha argomentato in modo generico di presunti favoritismi in favore di altre imprese, senza tuttavia documentare in concreto gli elementi a sostegno della propria argomentazione.

Resta il fatto che a fronte di un provvedimento di natura palesemente vincolata, quale quello della Regione, anche a tutela degli interessi pubblici presidiati dall’amministrazione resistente, la ricorrente avrebbe dovuto fornire argomentazioni supportate da prove concrete e documentate circa l’illegittimità di cui sarebbe stata vittima; il che, come rilevato anche in sede cautelare, non è avvenuto.

11. Quanto ai motivi aggiunti, sono inammissibili anco prima che infondati per avere ad oggetto provvedimenti di contenuto non direttamente lesivo.

Infatti, la nota n. 017915 del 4 febbraio 2011 a firma del dirigente del Genio Civile di Caserta altro non è che la relazione inviata dall’Amministrazione all’Avvocatura regionale e integralmente trasposta nelle memorie difensive depositate prima della camera di consiglio per la discussione del ricorso.  Si tratta, dunque, di un provvedimento di per sé affatto lesivo.

Quanto alla direttiva n. 405263 del 10 maggio 2010, che era pubblica e poteva essere impugnata in uno con il provvedimento lesivo, va rilevato che la ricorrente, nei motivi aggiunti, non ha evidenziato specifici profili di illegittimità se non riproponendo quanto già affermato nel gravame principale: trattasi di argomentazioni da ritenersi confutate in ragione di quanto sopra esposto.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta.  Condanna la Beton Meca s.r.l. al pagamento delle spese processuali in favore della Regione Campania, che liquida in complessivi euro 1500,0o.

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