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ROMA – I numeri sbugiardano gli “illusionisti”. I governi del rigore (per il popolo) ci spingono sempre più sull’orlo del disastro

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ROMA –  Italia di nuovo in recessione. Il Pil nel secondo trimestre è sceso dello 0,2%.  I numeri sono impietosi e confermano ancora una volta che i governi del rigore, guidati da perfetti illusionisti, non servono a rilanciare l’economia. Anche il governo del sempre sorridente Renzi sta  percorrendo la stessa strada dei suoi predecessori incapaci di far rifiore l’economia. Così’ mentre sul volto dei parlamentari il sorriso non si spegne mai, sul volto della gente comune si nota sempre più l’amarezza e la paura per un futuro incerto.

Il dato dell’Istat è peggiore di quanto si aspettava il governo e di quanto fino a un mese fa lo stesso istituto di statistica aveva stimato. Saltano definitivamente le stime inserite nel Documento di economia e finanza: a questo punto l’andamento del prodotto interno nel 2014 sarà nella migliore delle ipotesi piatto. Aumenta lo spread e Piazza Affari va in rosso. E la Commissione Ee avverte: “Impatto sulla finanza pubblica”. Si complica la preparazione della legge di Stabilità per il 2015.

Il verdetto temuto è arrivato: nel secondo trimestre il prodotto interno lordo italiano è calato dello 0,2%. L’Italia, uscita dalla recessione solo a fine 2013, in termini tecnici ci è già ripiombata. Non solo: il dato ha addirittura superato in negativo la parte più bassa della “forchetta” indicata dall’Istituto nazionale di statistica a giugno, che era del -0,1%. La “variazione acquisita” per il 2014, cioè quella che si otterrebbe se di qui a fine anno non ci fossero variazioni, è pari al -0,3%. Non si è salvato nessun settore: è peggiorato l’andamento dell’industria, ma anche quello dei servizi e dell’agricoltura. E nemmeno la domanda estera ha dato un contributo positivo. Come dire che sono calate anche le vendite di prodotti made in Italy fuori dai confini nazionali. Il livello del Pil è il più basso registrato negli ultimi 14 anni. questo punto il tasso di crescita del Paese nel 2014 sarà nella migliore delle ipotesi piatto. Stagnazione, insomma. Il bonus di 80 euro, di cui solo martedì Matteo Renzi ha rivendicato la bontà rispondendo alle critiche di Confcommercio, non ha in effetti avuto alcun impatto positivo sui consumi e sulla crescita. Lo spread tra i titoli di Stato italiani a dieci anni e quelli tedeschi è subito schizzato a 167 punti base, contro i 160 dell’apertura, anche se il rendimento dei Btp rimane sotto la soglia del 3%. La Borsa ha subito virato verso il rosso: il Ftse Mib, l’indice principale di Piazza Affari, pochi minuti dopo la notizia lasciava sul terreno il 2,3%. E alle 12:30 la perdita aveva raggiunto il 3,16%.

Dato peggiore delle attese del governo. Si complica la preparazione della legge di Stabilità – Palazzo Chigi e via XX Settembre si aspettavano un dato negativo, come fa intendere il ministro Pier Carlo Padoan nell’intervista al Sole 24 Ore pubblicata proprio nel giorno della diffusione dei dati Istat, ma non più basso del -0,1%. “C’è una fase di uscita dalla recessione che è molto faticosa perché la recessione è davvero profonda”, ammette il ministro nel colloquio con il direttore del quotidiano. Che si apre con l’irrituale richiesta di “scrivere a caratteri cubitali” che in Italia “assolutamente” non arriva la troika, spauracchio di queste settimane di pessimi dati macroeconomici. Padoan martedì era atteso in aula alla Camera per l’informativa sulla spending review messa a punto dal commissario Carlo Cottarelli, che dopo la querelle con Renzi potrebbe lasciare l’incarico per tornare al Fondo monetario internazionale. Ma l’appuntamento è slittato a causa dell’ingorgo dei lavori parlamentari e deve ora essere ricalendarizzato. Potrebbe anche slittare a settembre, in modo da concedere a Padoan e al nuovo gruppo di consiglieri economici di Matteo Renzi (dall’ex rettore della Bocconi Guido Tabellini a Tommaso Nannicini, anche lui bocconiano e tra gli ispiratori di lavoce.info) più tempo per mettere a punto i tagli che andranno dettagliati nella legge di Stabilità per il 2015. Documento che entro novembre dovrà poi essere inviato a Bruxelles per il via libera della Commissione.

Bruxelles avverte: “Impatto negativo sulle finanze pubbliche” – Il passaggio, a questo punto, si preannuncia molto complesso. La Ue non ha accettato la richiesta di Roma di rimandare di un anno, dal 2015 al 2016, il pareggio strutturale di bilancio. E, con la crescita che non riparte, quest’anno il rapporto deficit/Pil si attesterà per forza su un livello più alto rispetto a quel 2,6% che il governo ha inserito, ormai cinque mesi fa, nel Documento di economia e finanza (Def). Anche perché quando l’attività economica perde tono a ridursi sono anche le entrate fiscali: i dati diffusi martedì dal ministero dell’Economia mostrano che nei primi sei mesi dell’anno il gettito delle imposte sul patrimonio e sul reddito è calato del 4,7% e gli incassi complessivi dell’Erario sono stati più bassi dello 0,8% rispetto allo stesso periodo del 2013. Il portavoce del commissario europeo agli Affari economici, Jyrki Katainen, ha subito fatto sapere che ”è troppo presto ancora per aggiornare le previsioni sul deficit di quest’anno” ma dai nuovi dati ”si attende un impatto negativo sulle finanze pubbliche”. Per questo l’Italia deve “urgentemente” fare i compiti a casa, cioè adeguarsi alle raccomandazioni inviate da Bruxelles il 2 giugno.

Più stretta la strada verso la flessibilità – Padoan e Renzi continuano a ribadire che resteremo comunque sotto la soglia del 3% e “non ci sarà bisogno di una manovra aggiuntiva”. Ma, se può essere vero che non sarà necessario correggere in corsa i conti pubblici per quest’anno, nel 2015 una combinazione di tagli e tasse per un ammontare complessivo vicino ai 20 miliardi di euro non potrà essere evitata. Per di più con questi risultati per il premier diventa più difficile rivendicare dalle istituzioni europee maggiore flessibilità nel rispetto del Patto di stabilità. Quella che, fino a qualche settimana fa, poteva essere presentata come una proposta super partes per rilanciare la crescita dell’Unione, diventa ora pericolosamente simile alla richiesta di uno “sconto” sugli impegni presi.

Lo spettro del fiscal compact – E il quadro è aggravato dalla portata del debito italiano, lievitato oltre i 2.120 miliardi di euro. L’anno prossimo entra in vigore il fiscal compact, cioè la regola che impone di tagliare di un ventesimo all’anno la parte di “zavorra” che eccede il 60% del prodotto. Roma è al 135,6%, ben oltre il 132,8 del Def. E, con il Pil nominale che cala, il valore è destinato a salire. In teoria, se i nuovi paletti verranno rispettati in modo puntuale l’Italia dovrà garantire l’anno prossimo un abbattimento del debito di oltre 10 miliardi.

Giù anche la produzione industriale. Ma migliora a giugno – Anche la produzione industriale, ha comunicato l’Istat, nel secondo trimestre è calata dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti. Ancora peggio è andata a maggio, quando la caduta è stata dell’1,2%. Giugno ha portato un’inversione di rotta facendo segnare un incremento dello 0,9%, il maggiore da gennaio, ma non è bastato per far tornare in positivo l’indice. Particolarmente bene sono andate comunqeu l’industria alimentare, quella delle bevande e i tabacchi (+4%), seguiti dal comparto dell’informatica e dell’elettronica. (ilfattoquotidiano)

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un commento

  1. Viviamo una situazione davvero difficile negli ultimi tempi questo è ormai sotto gli occhi di tutti… però non bisogna mai arrendersi e cercare idee innovative per crescere ed emergere. Non molliamo il futuro lo decidiamo NOI adesso!!!
    Un saluto a tutti
    CdL Antonio Caduto