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PIEDIMONTE MATESE – I Comuni del “Matese Casertano” esclusi dalla Strategia Regionale per le “aree interne”

Campania: Speciale Agricolturastefano-caldoro

PIEDIMONTE MATESE (di Beniamo Rega) –   La Regione Campania dimentica di inserire nella Strategia regionale per le aree interne dieci comuni del Matese Campano.  La Regione Campania con D.G.R. n. 282 del 18.07.2014, pubblicata sul B.U.R.C. n. 51 del 21.07.2014 ha approvato i documenti di sintesi del P.O.R. Campania F.E.S.R. 2014 – 2020 e del P.O.R. Campania F.S.E. 2014 – 2020 e contestualmente ha dato mandato alle rispettive Autorità di Gestione di procedere alla notifica dei documenti ai servizi della Commissione Europea (Regolamento (UE) n. 1303 del 17 dicembre 2013; Regolamento (UE) n. 1301 del 17 dicembre 2013; Regolamento (UE) n. 1304 del 17 dicembre 2013).

La Regione Campania nel definire la Strategia regionale per le Aree Internecontenute nel Documento di Sintesi (DGR. N. 282/14) ha identificato ed inserito nel P.O.R. Campania FESR 2014 – 2020 quattro aree progetto: 1) Alta Irpinia, 2) Tammaro-Titerno, 3) Cilento Interno, 4) Vallo di Diano (1 afferente alla Provincia di Benevento, 1 a quella di Avellino, 2 a quella di Salerno)[7] escludendo così in via definitiva dalla strategia i 40 Comuni della Provincia di Caserta identificati dal D.P.S. come aree interne ed in modo particolare i comuni di: 1) Castello del Matese, 2) Gallo Matese, 3) Gioia Sannitica, 4) Letino, 5) Piedimonte Matese, 6) Raviscanina, 7) San Gregorio Matese, 8) San Potito Sannitico, 9) Sant’Angelo d’Alife, 10) Valle Agricola classificati come “aree interne” e “periferici”.

Nel Documento di sintesi del P.O.R. Campania F.E.S.R. 2014 – 2020, così come previsto dalla Strategia nazionale per le Aree interneallegata all’Accordo di Partenariato, la Regione Campania nel paragrafo 4.5. – Strategie territoriali trasversali – , al punto 4.5.2. affronta la Strategia regionale Aree Interne ed esclude i dieci comuni del Matese Casertano identificati dal D.P.S. (Dipartimenti politiche di coesione) nella macro classe “Aree interne” e nella Classe comune “periferico”.

Il Dipartimento politiche di coesione ha definito interne “quelle aree significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), ricche di importanti risorse ambientali e culturali e fortemente diversificate per natura e a seguito di secolari processi di antropizzazione”[1].

Le aree interne sono state definite dal DPS per il loro carattere di perifericità e di distanza non tanto e non solo geografica dai poli urbani, quanto dalla loro distanza dai centri di offerta dei servizi di base, individuando tra tali servizi i seguenti:

  • istruzione (scuola secondaria superiore);
  • sanitario (ospedale sede di un DEA – Dipartimento d’emergenza e accettazione);
  • trasporti(distanza da una stazione ferroviaria di tipo Silver).

In questo modo le scelte operate dal DPS sono andate ad esaltare la dimensione sociale prima ancora che economica dei territori “interni” e li hanno definiti sulla base di una prevalenza di fattori di contesto connessi all’offerta di servizi essenziali che consentono alle popolazioni di risiedere, in modo qualitativamente soddisfacente, in determinati luoghi.

Altro aspetto da tenere in considerazione è che la Strategia nazionale per le Aree interneutilizzerà come occasione e leva finanziaria e di metodo, la programmazione dei fondi comunitari disponibili per tutte le regioni del paese per il settennio 2014-2020, combinati con la previsione di risorse dedicate in legge di stabilità.

Infatti, la Legge di stabilità 2014 art. 1, commi 13 – 17 (Legge 27 dicembre 2013, n. 147) [2], prevede una stanziamento di bilancio (Fondo aree interne), finalizzato a finanziare interventi nei settori dei trasporti, della sanità e dell’istruzione che integrano – costituendone l’addizionalità – gli interventi regionali che faranno leva sui fondi strutturali[3].

Una volta definite le “aree interne” e definiti i meccanismi finanziari su cui far leva, la Strategia nazionale per le Aree interne ha demandato alle Regioni di individuare un’area interna, dove poter sviluppare e accompagnare una progettazione territoriale sui temi dello sviluppo tenendo conto della necessità di affrontare i fattori di criticità (perifericità) che determinano le condizioni di spopolamento dei Comuni interni: trasporti, istruzione, sanità (condizioni di cittadinanza). Tale progettualità potrà essere accompagnata da ipotesi di intervento per lo sviluppo economico del territorio (condizioni di mercato)[4].

“Per perseguire gli obiettivi della strategia, l’intervento conterrà tre forti innovazioni. Riguarderà all’inizio un numero limitato di aree. Avrà carattere nazionale e vedrà dunque convergere l’azione di tutti i livelli di governo, dei diversi fondi europei disponibili e dell’intervento ordinario di Comuni, Regioni e Stato centrale. Prevedrà tempi certi, uno stretto e aperto monitoraggio degli esiti e il confronto delle esperienze realizzate. La selezione iniziale di poche aree-progetto – una per ogni Regione dove le condizioni siano mature – comprendenti molteplici Comuni (anche a cavallo di più Province o Regioni) avrà luogo da parte delle Regioni secondo i criteri generali condivisi e utilizzando la mappatura costruita (come un quadro di riferimento, non come una “zonizzazione”). Combinando analisi di indicatori e indagini sul campo, si valuteranno le tendenze in atto, demografiche, produttive e nell’uso del suolo, le potenzialità e le capacità progettuali e attuative negli ambiti di intervento individuati: tutela del territorio; valorizzazione delle risorse naturali e culturali e turismo; sistemi agro-alimentari; saper fare e artigianato; risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile. Vengono infine valutate la qualità dei servizi dell’istruzione, della salute, della connettività e della mobilità e l’effettiva possibilità di raggiungere per essi standard adeguati di offerta.

D’intesa fra Regioni e governo centrale si partirà nel 2014 con un numero limitato di prototipi (uno per Regione, se possibile), assicurandosi che la fase iniziale della strategia sia “giocata” con le aree-progetto a un tempo più bisognose e più in grado di riuscire. Questo approccio selettivo, decisamente diverso dal passato, sarà nell’interesse di tutte le Aree interne perché l’estensione della strategia sarà legata agli esiti di questa prima fase, opportunamente valutati[5].

Risulta chiaro che tra le aree interne, così come indicate dal DPS, va individuata in via prioritaria (Fase 1) da parte delle Regioni un’area (massimo due), scelta tra le aree progetto identificate secondo criteri oggettivi, dove avviare quello che viene definito un “prototipo di progetto”, un progetto pilota nella definizione dalla legge di stabilità 2014, cioè una sorta di sperimentazione che successivamente (Fase 2) andrà replicata nelle restanti aree progetto. Infatti, nel documento della Strategia nazionale per le aree interne è riportato testualmente “le Regioni potranno inserire nei loro Programmi più di un’area (un numero limitato) – sulla quale interverranno nella seconda e nella terza fase di attuazione della Strategia. Sarà ovviamente sempre possibile per ogni Regione finanziare attraverso i loro programmi progetti – di diversa natura – in aree definite “interne” ma tale atto non li qualificherà come progetti della “Strategia nazionale per le Aree interne”[6].

La Regione Campania nel definire la Strategia regionale per le Aree Internecontenute nel Documento di Sintesi (DGR. N. 282/14) ha identificato ed inserito nel P.O.R. Campania FESR 2014 – 2020 quattro aree progetto: 1) Alta Irpinia, 2) Tammaro-Titerno, 3) Cilento Interno, 4) Vallo di Diano (1 afferente alla Provincia di Benevento, 1 a quella di Avellino, 2 a quella di Salerno)[7] escludendo così in via definitiva dalla strategia i 40 Comuni della Provincia di Caserta identificati dal D.P.S. come aree interne ed in modo particolare i comuni di: 1) Castello del Matese, 2) Gallo Matese, 3) Gioia Sannitica, 4) Letino, 5) Piedimonte Matese, 6) Raviscanina, 7) San Gregorio Matese, 8) San Potito Sannitico, 9) Sant’Angelo d’Alife, 10) Valle Agricola classificati come “aree interne” e “periferici”.

Questi 10 comunipresentano gli stessi caratteri di criticità e di perifericità di quelli identificati dalla Regione Campania e per di più sono nel Sistema territoriale di sviluppo a dominante naturalistica A 10 del P.T.R. (L.R. 13/2008), nel perimetro territoriale del Parco Regionale del Matese, nella Rete Natura 2000 e tutti nella Comunità Montana del Matese.

Fatte queste considerazioni, mi pongo e pongo una serie di domande:

Perché la Regione Campania ha escluso i comuni del Matese Casertano? Quali sono stati i criteri oggettivi utilizzati dalla Regione Campania per escludere il Matese casertano dalla strategia regionale e nazionale per le aree interne? Chi sono stati i referenti del territorio a rappresentare l’area al tavolo di programmazione regionale? Se ci sono stati, come sono stati scelti? Chi li ha scelti?

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