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ALVIGNANO – Processi e condanne, le precisazioni del consigliere Romano

alvignano. In relazione alle recenti notizie realtive al processo che mi vede imputatio, si impongono alcune doverose precisazioni che il consigliere Sergio Romano, attraverso il proprio legale fornisce per chiariche anzitutto  che l’accusa mossa nei confronti suoi confronti non è quella di corruzione. “Vera è solo la circostanza che il sig. Romano Sergio è stato coinvolto, suo malgrado, in una vasta inchiesta che ha inteso indagare in merito alla gestione dell’Amministrazione comunale di Alvignano fino al 2006. Nell’ambito del processo penale che ne è scaturito, tuttavia, il sig. Romano Sergio è stato assolto con formula piena “perché il fatto non sussiste” da tutte le accuse mosse nei suoi confronti. Non corrisponde al vero, pertanto, l’affermazione per cui sarebbe stato salvato dalla “sola prescrizione”, avendo il processo riconosciuto la sua estraneità ai fatti con delle pronunce di merito, e non già per meri cavilli procedurali. A fronte di una contestazione iniziale che comprendeva numerosi capi di imputazione, in definitiva, il sig. Romano è stato condannato, all’esito del processo conclusosi da poco, in relazione ad un solo capo di imputazione, nel quale tuttavia sono del tutto estranei i riferimenti alle presunte “tangenti” di cui si fa riferimento nel titolo dell’articolo, così come gli ulteriori reati menzionati nel corpo dell’articolo stesso.
Trattasi di vicenda del tutto diversa, che riguarda esclusivamente il rapporto con l’ex consigliere di minoranza Vincenzo Santagata. In ogni caso, si ribadisce come il processo è ancora in corso, essendo stata pronunciata unicamente la sentenza di primo grado, avverso la quale il sig. Romano tramite il sottoscritto difensore di fiducia ha già proposto rituale impugnazione, nella consapevolezza che la Corte di Appello di Napoli possa fare chiarezza sulla vicenda e dichiararne l’assoluta estraneità in relazione ai fatti contestati, pur nella consapevolezza dei tempi lunghi che richiede la giustizia in Italia. Per quanto concerne l’interdizione dai pubblici uffici, inoltre, trattasi di sanzione accessoria emanata dal Tribunale di primo grado in assenza dei presupposti richiesti dalla legge. Anche tale specifico punto è stato oggetto di impugnazione, per cui si confida che la Corte di Appello possa fare giustizia anche sotto questo aspetto. Alla luce di quanto esposto, quindi, si ribadisce l’assoluta infondatezza delle notizie apparse nei giorni scorsi, e si diffida dal porre in essere in futuro analoghe iniziative, dal contenuto esclusivamente diffamatorio in quanto sintomatiche di una rappresentazione distorta della realtà, avvertendo che, in mancanza, il sottoscritto si vedrà costretto ad agire nelle sedi opportune per tutelare l’immagine del proprio assistito. Avv. Renato Jappelli. (comunicato stampa)

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