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TEANO – Delitto Mollicone, trovato il Dna dell’assassino sui vestiti della ragazza. Tre indagati sono di Teano

TEANO – Delitto Mollicone, svolta nelle indagini. Trovate tracce di Dna sui vestiti di Serena. la 18enne di Arce. A dieci anni dal delitto rinvenute tracce biologiche sulla felpa della ragazza: adesso sarà possibile il confronto con il Dna dei sei indagati. Dopo oltre 10 anni dalla morte di Serena Mollicone, trovata morta in un bosco ad Arce il primo giugno 2001, due giorni dopo la sua scomparsa, le indagini sul suo omicidio giungono a una svolta: gli inquirenti hanno infatti trovato 15 tracce biologiche, probabilmente dell’assassino (o degli assassini) sugli abiti della 18enne.

La scoperta è emersa durante le analisi che i periti stanno svolgendo nel corso dell’incidente probatorio davanti al gip. Per la morte di Serena Mollicone sono al momento sospettate sei persone: l’ex fidanzato Michele Fioretti, la madre del ragazzo Rosina Partigianoni, l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola e sua moglie, il figlio Marco e un altro carabiniere Francesco Suprano. Il ritrovamento di tracce biologiche sui vestiti di Serena permetterebbe quindi ora il confronto con il Dna dei sei indagati. Per gli inquirenti alla base dell’omicidio potrebbe esserci un traffico di stupefacenti e la gelosia.

Tre possibili scenari per la morte di Serena
Nelle prima ricostruzione degli inquirenti, Serena sarebbe stata uccisa per aver scoperto un traffico di stupefacenti in cui era coinvolto Marco Mottola. Il ragazzo la avrebbe uccisa al culmine di una lite: accortosi della tragedia avrebbe quindi chiesto aiuto al padre e alla madre, i quali per sbarazzarsi del cadavere, avrebbe a loro volta chiesto aiuto all’ex maresciallo Francesco Suprano.

Un’altra ricostruzione vede coinvolto invece anche l’ex fidanzato Michele Fioretti di Serena: in questo caso a scatenare l’assassino sarebbe stata l’amicizia fra la ragazza e Marco Mottola.

Nel terzo scenario tracciato dagli inquirenti, Serena sarebbe stata uccisa da Michele Fioretti e da sua madre, i quali si sarebbero fatti aiutare da una terza persona rimasta finora nell’ombra.
In questo scenario si potrebbe inserire il suicidio del brigadiere Santino Tuzzi, uccisosi nel 2008, perché, secondo l’accusa, sapeva la verità sul giallo di Arce.

Serena Mollicone venne trovata morta dieci anni fa in un bosco a pochi chilometri da casa, in Ciociaria, con le mani e i piedi legati con un filo di ferro e con un sacchetto di plastica sul volto. Dalle prima ore del ritrovamento del corpo, molte ombre si erano addensate sul maresciallo dei carabinieri, adesso indagato e allora comandante della Stazione di Arce, Franco Mottola, che insieme al figlio e a altre tre persone da stamattina sono nel mirino dei magistrati. Nonostante i sospetti, per il delitto della 18enne venne inizialmente però accusato il carrozziere, Carmine Belli, che poi fu assolto dalla Corte d’Assise nel 2004 e dalla Corte d’Appello nel 2005.

Nel 2008 il suicidio di uno dei brigadieri della caserma che era stato ascoltato come persona informata sui fatti getta nuove ombre sul caso. E’ Santino Tuzi che si sarebbe ucciso sparandosi un colpo di pistola al cuore.
Secondo gli inquirenti si era trattato un suicidio per motivi sentimentali, per gli amici e per la famiglia del militare invece il gesto estremo sarebbe stato compiuto a causa delle sue indagini sul caso di Serena Mollicone. A rafforzare questa ipotesi le parole della figlia del brigadiere: “Penso che mio padre durante le indagini ha assistito a qualcosa, ha saputo qualcosa, e gli è stato detto di non rivelare niente.
Mio padre non è riuscito a tenersi tutto dentro e ha deciso forse di chiudere la sua vita in questo modo. Forse era stato minacciato, forse dalla stessa persona che gli aveva chiesto di non dire niente. Forse le minacce erano anche nei nostri confronti, poteva succederci qualcosa. Forse per proteggerci ha deciso di suicidarsi”.
Due giorni prima aveva dichiarato ai magistrati che, il giorno della scomparsa, Serena Mollicone era andata nella caserma dei carabinieri. Tuzi era di piantone. Sono le 11,30; risponde al citofono della caserma. Dopo aver ricevuto l’autorizzazione tramite un interfono la fa entrare. A dare l’autorizzazione qualcuno che si trova nell’appartamento privato del comandante della stazione dei carabinieri di Arce, il maresciallo Franco Mottola. Tuzi a questo punto non sa chiarire se la voce era del comandante o del figlio. Di certo, Serena, prima di sparire, è entrata in quella caserma e si è avviata nell’appartamento del comandante.
Serena, oltre a essere una studentessa modello, era anche impegnata sul fronte sociale. Nel 2001 ad Arce era cominciata a circolare la droga, mai vista prima in paese; o quantomeno non così apertamente: si era creato un giro di spaccio davanti alle scuole, e la ragazza era impegnata in prima persona per combattere questo giro.
E minacciava denunce. “Non mi ero reso conto – ha raccontato il padre, Guglielmo Mollicone, al quotidiano – che Serena fosse entrata in contatto con un ambiente pericoloso, che si fosse esposta troppo. Ce l’aveva con un ragazzo che spacciava vicino al centro antidroga. Le indagini devono ripartire da qui”.
Serena aveva forse scoperto qualche giro pericoloso? In che modo i cinque indagati accusati del suo omicidio sono collegati alla vita della giovane vittima e alla sua uccisione? E’ quello che in queste ore gli inquirenti dovranno scoprire, per restituire luce a un caso per fin troppo tempo è stato sepolto dalle ombre.

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